1)
La Torre dei Gossi di Bagnolo Piemonte
La torre, ben visibile e ben
conservata, ha sulla sommità lo stemma dei principi di Acaja.
2)
Il Castello Malingri di Bagnolo Piemonte
Le prime notizie storiche su Bagnolo
compaiono a partire dall’XI secolo ed è verosimile che la data di costruzione
del primo nucleo del castello, edificato sui rilievi montuosi a cavallo tra Val
Pellice e Val Po, sia da rinvenire nei decenni appena precedenti[2],
in modo analogo rispetto al già menzionato Castello di Famolasco. I primi
nobili infeudati dagli Acaja furono i Di Bagnolo, che presero il nome dal luogo
stesso e il loro ramo principale fu quello degli Albertini o Albertenghi. In
seguito il controllo venne esercitato da signorie più potenti, quali quella dei
conti di Luserna, sino a quando, nel 1351, Giacomo di Acaja e Ludovico di
Savoia concessero l’intero feudo ad Amedeo Malingri, già ambasciatore di Amedeo
VIII di Savoia[3].
“Dell’antico castello, costruito nell’XI secolo, rimangono
testimonianza scritta e pochi tratti di mura, in quanto venne parzialmente
distrutto nel 1592, quando sul luogo vi fu lo scontro tra le artiglierie
francesi guidate dal maresciallo Lesdiguieres, capo degli ugonotti e del delfinato,
e le truppe di Carlo Emanuele di Savoia.”[4]. In
seguito il castello venne ristrutturato, salvo subire nuovi gravi danni ad
opera dei francesi del Catinat nel 1691.
Da segnalare, inoltre, come durante la
guerra di liberazione dai nazifascisti, per un periodo, il castello fu sede del
comando partigiano della 105° Brigata Garibaldi.
Mentre il Castello-forte e le mura conservano ancora i
caratteri alto-medioevali, quali apparivano nell’iconografia
sette-ottocentesca, sono invece scomparse quasi del tutto le tracce dell’Antico
Borgo ed il “Castello Piano” posto ai piedi della collina e, fino al 1400
integrato nel Borgo, ha subito trasformazioni nel sei-settecento fino ad
assumere l’attuale aspetto, diventare dimora dei conti Malingri prendendo la
denominazione di “Palazzo”. I tetti a “lose” su orditura lignea, il carattere
agricolo e contemporaneamente di rappresentanza sono elementi che
contribuiscono, in vario modo ad accogliere il visitatore ed a fare, di
questo insieme, una testimonianza tuttora viva di di architettura militare,
rurale e civile dal medioevo ad oggi.”[5].
Nei decenni scorsi gli attuali
proprietari, discendenti dei Malingri hanno dato avvio ad un notevole
intervento di restauro delll’edificio. “All’interno
delle mura del castello, la torre delle scale risulta essere un’opera di grande
maestria costruttiva: le scale in pietra salgono a spirale attorno ad un
pilastro centrale di mattoni sistemati a formare una colonna dal diametro di
circa 90 centimetri. Il piccolo portale d’ingresso, in legno spesso, è
sormontato da un affresco che ingentilisce le vecchie mura di pietra.
L’affresco, recentemente restaurato, di non certa identificazione, fu
realizzato probabilmente alla fine del 1300 in occasione di qualche alleanza.
Si notano in alto, a destra e a sinistra, i due stemmi dei casati di
Savoia e Acaja che la dama tiene sollevati con le mani aperte. Alcune
decorazioni araldiche e simboliche come il nodo Savoia e i rami di alloro fanno
da cornice all’affresco. La dama seduta su un grande cuscino ha un abito
semplice con manto e un cappello con velo trattato con grande trasparenza e
delicatezza.”[6].
Oggi l’intero complesso è di proprietà
del Prof. Arch. Aimaro Oreglia d’Isola, figlio di Caterina Malingri di Bagnolo,
ultima discendente diretta dei conti Malingri di Bagnolo. Il sito è oggi aperto
a visite per gruppi su prenotazione ed è sede per ricevimenti e matrimoni.
3)
Il Palazzo Malingri di Bagnolo Piemonte
Il Palazzo
Malingri o “Castello Piano”, non venne edificato per scopi prettamente militari
e di difesa come il castello sopra descrito. Bensì venne costruito a partire
dal XV secolo per essere usato come abitazione dei Conti nei pressi del borgo
nuovo, edificato in sostituzione del vecchio borgo che si trovava nei pressi
del castello.
La struttura
è disegnata a quadrilatero intorno ad una corte centrale, tanto da denotare a
vista un utilizzo anche rurale.
“La bianca facciata è settecentesca,
affiancata da due logge a tre archi per lato. Le scalinate ed il giardino sono
gli elementi che immediatamente si impongono all’attenzione, si possono però
osservare particolari architettonici ed iconografici rilevanti che testimoniano
strutture ed interventi molto lontani nel tempo. La fronte a sud rivela gli
archi di un porticato che, un tempo (fino al Seicento), seguiva l’andamento del
terreno in declivio, porticato poi parzialmente interrato nel livellamento
eseguito per far posto al giardino pianeggiante; queste fronti sono decorate da
affreschi in “grisailles”, oggi riportati in luce: sono ancora ben visibili
sulla facciata verso il cortile i guerrieri con la corazza detti
“Lanzichenecchi” (quattro-cinquecenteschi) che un tempo incorniciavano le
finestre di cotto a crociera; due fasce orizzontali riportano fregi e
medaglioni che rappresentano ritratti di personaggi reali e simbolici.
Al centro della corte si trova quella
che un tempo era probabilmente la chiesa del borgo, di cui rimangono il
campanile con la meridiana e l’orologio a pendolo in pietra e sul portale
laterale l’affresco ben conservato che rappresenta l’Annunciazione; il pozzo,
le scuderie con le carrozze, i loggiati lignei, i fienili e le stalle sono
alcuni degli elementi architettonici che ancora oggi legano la parte agricola a
quella residenziale e le uniscono in un rapporto di dipendenza storica e
compositiva.
Sulla facciata sud si trova un affresco raffigurante una Madonna con Bambino
(1470 circa) attribuita a Jacopino Longo, di colori e di disegno delicatissimo,
incastonata in una cornice di chiaro stile gotico.”[7].
A est della
struttura, poi, si erge la cappella di San Sebastiano, di origine
quattrocentesca, che venne inglobata nella struttura settecentesca. “L’attuale proprietario ha provveduto nel
1992 sia al restauro degli affreschi, sia al ripristino dell’antico
orientamento, riaprendo l’accesso dal giardino; dando possibilità di aerazione,
ha arrestato il degrado e riportato alla luce parte degli affreschi.”[8].
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