mercoledì 22 settembre 2021

Spoulga d'Alliat

Nell'antico occitano la "splouga" identifica una spelonca, una caverna o una grotta; in questo caso, nel comune di Aillat si parla di una grotta fortificata. Nel dipartimento dell'Ariège, nei pressi dei Pirenei si trovano diversi siti di questo tipo, le quali, in passato, sono state studiate dallo storico Adolphe Garrigou. 

Solitamente si tratta di aperture poste in posizione elevata e protette da un muro all'ingresso.


Dans l’ancien occitan, la « splouga » identifie une grotte, une grotte ou une grotte; dans ce cas, on parle dans la commune d’Aillat d’une grotte fortifiée. Dans le département de l’Ariège, près des Pyrénées, se trouvent plusieurs sites de ce type qui, dans le passé, ont été étudiés par l’historien Adolphe Garrigou. 

Il s’agit généralement d’ouvertures placées en position élevée et protégées par un mur à l’entrée.





lunedì 13 settembre 2021

#Passeggiare tra le Opere Fortificate: il Forte di Vinadio

Il Forte di Vinadio



Il poderoso Forte di Vinadio, che sbarra la strada di accesso al paese per chi proviene da monte, sorse su progetto del 1834 conseguente alla decisione dello Stato Maggiore sabaudo di abbandonare la seicentesca area già fortificata di Demonte, per trovarne una più prossima al confine francese. Il forte originariamente in progetto era una struttura a pianta poligonale, caratterizzata da tre grandi quartieri, ognuno circoscritto attorno ad un grande cortile.
In realtà poi in itinere l’idea originale subì numerose modifiche, diventando praticamente un’unica grande batteria, con feritoie aperte a monte, eretta tra il corso dello Stura ed il costone montuoso che forma il versante sinistro orografico del corso del fiume. L’intero complesso, risultò come una grande linea di sbarramento, caratterizzata da due bastionate che lo suddividevano in tre diversi tronconi: Il Fronte Sup., verso montagna, il Fronte d’Attacco, al centro ed il Fronte Inf., verso Stura. Il Fronte d’Attacco veniva anche a sbarrare la strada di accesso all’alta valle Stura, che lo attraversava (e lo attraversa tutt’ora) sottopassando la Porta di Francia. Dal Fronte Sup., invece, una comunicazione coperta permetteva l’accesso al Fortino, opera più elevata, dotata di numerose aree attrezzate per il fuoco in tutte le direzioni.
Alle spalle della fortezza , a sud dell’abitato era poi stata prevista ed edificata, la grande Caserma Carlo Alberto, nella quale veniva alloggiata la truppa di servizio.
La piena operatività il forte la raggiunse solo nel 1890, quando ebbe in dotazione fino a 45 bocche da fuoco tutte in casamatta.
Nel 1862 il Forte ospitò alcune centinaia di garibaldini, fatti prigionieri nella Battaglia d’Aspromonte. Le uniche vicende belliche che, in qualche modo coinvolsero la struttura, furono quelle dell’ultima guerra, quando vi si svolse un violento scontro fra partigiani che ne occupavano una parte ed i tedeschi. La battaglia si concluse con lo sganciamento dei patrioti verso montagna. La costruzione di questa grande opera di difesa, ovviamente non fu indolore per l’abitato di Vinadio, che venne in parte inglobato nella grande struttura ed in parte demolito per lasciare spazio alla medesima. Nell’occasione vennero abbattute numerose abitazioni, i resti del castello medievale e l’antico cimitero.

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L’imposant fort de Vinay, qui barre la route d’accès au village pour ceux qui arrivent d’amont, surgit sur la base d’un projet de 1834 conséquent à la décision de l’État Major savoyard d’abandonner la zone du XVII siècle, déjà fortifiée, de Demonte, afin d’en trouver une plus proche à la frontière française. Le fort, selon le projet originaire, était une structure à base polygonale, caractérisée par trois grands quartiers, chacun situé autour d’une grande courte.

En réalité à la suite des événements, l’idée originale subit de nombreuses modifications, en devenant pratiquement une seule grande batterie, avec des fentes ouvertes vers amont, érigée entre le cours du fleuve et la crête montagneuse qui forme le versant orographique gauche du cours du fleuve. L’entier complexe résulta en tant qu’une grande ligne de barrage, caractérisée per deux bastions qui le subdivisaient en trois tronçons différents : Le Front Supérieur, vers la montagne, le Front d’Attaque, au centre et le Front Inférieur, vers le Stura. Le Front d’Attaque barrait aussi la route d’accès à la haute vallée Stura, qui le traversait (et qui le traverse encore) en passant au-dessous de la Porte de France. À partir du Front Supérieur, par contre, une voie couverte de communication permettait l’accès au petit Fort, œuvre plus élevée, dotée de nombreux emplacements équipés pour faire feu dans tous les sens.

Derrière de la forteresse, au sud de l’hameau, était puis prévue et édifiée la grande Caserne Carlo Alberto, dans laquelle l’on abritait les troupes de service.

La pleine opérativité du fort eut lieu seulement en 1890, lorsqu’il fut doté jusqu’à 45 bouches de feu, toutes en casemate.

En 1862 le Fort abrita quelques centaines de garibaldiens, pris prisonniers dans la Bataille d’Aspromonte. Les seuls événements de guerre dans lesquels la structure fut engagée, furent ceux de la dernière guerre mondiale, lors qu’il y fut un violent effrontément entre les partisans, qui en occupaient une partie, et les allemands. La bataille termina avec le décrochage des patriotes vers la montagne. Naturellement la construction de cette grande œuvre de défense ne fut pas sans douleur pour la ville de Vinay, qui fut en partie inclue dans la grande structure et en partie démolie afin de lui laisser de l’espace. À l’occasion furent abattues de nombreuses maisons, les ruines du château médiéval et l’ancien cimetière.

 




















lunedì 6 settembre 2021

#Passeggiare tra le Opere Fortificate: il Forte di Exilles

 Il Forte di Exilles

Accesso: Exilles si raggiunge, da Torino, attraverso la SS. 24 del Colle del Monginevro o lo più recente Autostrada del Frejus (uscita Salbertrand, in questo caso, però bisogna tornare indietro di qualche Km).



Chi per turismo o per necessità percorre la SS. 24 dell'alta Valle di Susa, giunto in prossimità dell'abitato di Exilles si troverà la strada quasi sbarrata da un'imponente e massiccia fortezza che, per quanto oggi totalmente disarmata ed adibita a scopi che più nulla hanno a che vedere con la guerra, può ancora generare una certa inquietudine. Considerato ciò che ai nostri giorni il forte è diventato e soprattutto come questo monumento, che si avviava a diventare un cumulo di rovine, sia stato recuperato, vale sicuramente la pena di parcheggiare l'auto sotto gli spalti, per effettuare una breve visita al bastione. Prima però è forse meglio conoscerne la storia. Con il passaggio dell'alta Valle di Susa alla Corona di Francia, avvenuto nel 1349, quando il Delfino di Vienne Umberto II cedette a Filippo VI di Valois gli alti corsi della Dora, del Chisone e del Varaita, Exilles assunse un grande interesse strategico ed i Duchi sabaudi, che discendendo dagli Arduini sempre accamparono pretese su quest'angolo di Piemonte, cercarono con ogni mezzo di riconquistarla; per questo motivo già a partire dal XII secolo l'antica torre romana esistente sul luogo venne rafforzata. Nel 1453, nel corso della guerra di Lombardia, Carlo VII di Fran¬cia, stretta alleanza con i Milanesi ed i Fiorentini, aveva mandato in loro soccorso Renato d'Angiò, sovrano di Provenza. Questi, sceso in Italia, ad Exilles fu ag-gredito e messo in fuga dalle truppe di Ludovico di Savoia, le quali si diedero anche al saccheggio del paese e delle sue chiese. In tale occasione, secondo la tradizione, accadde il noto miracolo di Torino: un'ostia consacrata, prelevata dalla parrocchiale di Exilles, s'innalzò nel cielo u-scendo da un calice che era stato rubato assieme ad altri oggetti sacri. Subito ripresa dai Transalpini, la piazza fu di nuovo oggetto di aggressione nel 1593, quando Carlo Emanuele I d'assedio per 15 giorni quello che ormai era diventato un vero e proprio castello, strappandolo dalle mani del Maresciallo ugonotto Francesco de Bonne, Duca di Lesdiguéres, mandato da Enrico IV ad invadere il Piemonte. In questo frangente il villaggio ed il suo bastione furono incendiati dalle armate ducali e così pure gli abitati di Champbons e Deveys; molti valligiani perirono tra le fiamme. Ancora due anni dopo, gli stessi contendenti tornarono a dar¬si battaglia sul posto, in quanto Lesdiguéres ne tentò la riconquista. Affidata agli or¬dini del generale Grazzino, la guarnigione, nonostante gli sforzi operati da Carlo Emanuele e dal suo esercito, cedette proprio nel momento in cui i Francesi stavano per ritirarsi e per questo motivo, il comandante suddetto venne imprigionato a Torino.
Dopo un periodo di relativa calma, nel quale la fortezza venne ulteriormente ingrandita, nel 1708, nel corso della Guerra di successione al Trono di Spagna, fu Vittorio Amedeo II a riconquistare il fortilizio, assieme agli analoghi bastioni di Perosa e Fenestrelle, possesso che fu poi sanci¬to dal successivo Trattato di Utrecht (1713) con il quale gli alti corsi del Chisone e della Dora passarono definitivamente in mano sabauda.
Il primo Re di Sardegna, constatata l'inadeguatezza dei presidi appena strappati ai Francesi, si diede a rafforzarli o addirittura ad edificarli ex novo, come accadde a Fenestrelle ove il vecchio Fort Mutin, fu sostituito dalla grandiosa struttura visibile oggi sul versante sinistro del bacino. Con i passaggio in mano sabauda, tuttavia, i momenti drammatici per il piccolo borgo di Exilles non finirono: verso la metà del XVIII secolo, durante la Guerra di successione al Trono d'Austria i Franco-Ispanici cercarono di impossessarsi ancora del luogo, in modo da aprirsi un varco verso Torino. Duramente contrastati da Carlo Emanuele III gli aggressori tolsero l'assedio, ma un contingente di lancieri del Nizza, capeggiati dal gen. De Rossi, furono accerchiati e catturati presso il nu-cleo di Jousseau. Due anni dopo (1747) la nota Battaglia dell'Assietta non coinvolse direttamente il bastione di Exilles e si può dire che fu combattuta sulle creste dei monti, a m 2500 di quota, proprio per l'esistenza di questa struttura che, assieme al recentissimo ed ancora incompleto Forte di Fenestrelle, sbarrava ormai inesorabilmente gli accessi verso la capitale subalpina. Nel 1794 erano ancora le armate rivoluzionarie transalpine ad investi¬re la Valle di Susa al comando del Maresciallo La Valletto ed a circondare Exilles concentrando sulle alture circostanti un gran numero di uomini e cannoni; anche in tale occasione la fortezza resistette ed agli assedianti non rimase altra alternativa che la fuga verso le conche di Oulx e di Bardonecchia. Fu questo l'ultimo episodio in cui l'antico baluardo di Exilles trovò un reale utilizzo, in quanto due anni dopo, con il Trattato di Cherasco la piazza venne totalmente demolita, per risorgere poi solamente dopo la fine dell'epopea na¬poleonica. Se Vittorio Amedeo II aveva affidato, nel 1727, i lavori di rifacimento al colonnello del Genio Ignazio Bertola, in seguito nominato Conte di Exilles (lo stesso che aveva messo mano agli spalti di Fenestrelle), Vittorio Emanuele I, tornato dal¬l'esilio in Sardegna dopo la Restaurazione, incaricò il colonnello Giovanni Antonio Rana prima ed in un secondo tempo il capitano Francesco Olivero, di rimpiazzare le strutture che erano state distrutte. Era questo, infatti, un tentativo di rimettere in piedi l'intero sistema difensivo piemontese, che si basava su una serie di opere fortificate in quota (Bard, Vinadio, Tenda, l'Esseillon, il Varisello oltre le due qui citate), dislocate ai piedi dei valichi che permettevano l'accesso al piccolo Regno. Olivero, dunque, recuperando ciò che era rimasto, tra il 1821 ed il 1829 costruì una poderosa struttura, poco discostantesi dalla precedente fabbrica elevata dal Berto-la; caratteristici di questo forte erano vari settori indipendenti, per quanto comunicanti, quali le Tenaglie, l'Avanforte, il Basso Forte, il Cavaliere e le Batterie di Cels, Reale, della Dora e del Diamante di S. Benedetto. A queste, poi, in un secondo tem¬po (1832) si aggiunse il cosiddetto Blockhaus, armato dapprima con un cannone da 9 AR/Ret, poi da 4 mitragliatrici Maxim. Nel 1874 grandi lavori di riammodernamento vennero ancora a mutare, almeno parzialmente l'aspetto del bastione; furono le ultime modifiche apportate alla piazza e, in conclusione, furono quelle che le conferirono l'assetto attuale. Nel corso dei lavori, infatti, si provvide ad ampliare la Batteria Reale, ed a costruire una Bar¬betta sul terrazzo del Cavaliere e una Casamatta nel Basso Forte. Sempre in tale frangente fu totalmente rinnovato l'armamento dei vari reparti, con l'installazione di 22 pezzi (cannoni da 12 ARC/Ret e da 15 GRC/Ret) e si provvide a rinforzare la guarnigione con un reparto di Fanteria, oltre naturalmente il cospicuo numero di ar¬tiglieri che dovevano provvedere al funzionamento delle bocche da fuoco. La struttura, disarmata nel 1915, ebbe comunque un utilizzo fino al 1934. La storia della fortezza tuttavia, non si conclude con il suo smantellamento. Dopo anni di incuria e di abbandono e di conse¬guente saccheggio, infatti la piazza tornò in auge, come sito di interesse storico e turistico. I primi interventi, infatti, sono datati 1978 e sono avvenuti sotto il patrocinio della Regione Piemonte. Raggiunto un accordo con il Demanio Militare per una concessione in comodato della fortezza per un periodo di vent'anni, iniziò il pro-gramma di recupero con la trasformazione della ex cappella della piazzaforte, co¬me già era accaduto per l'analoga struttu¬ra sita nel forte di Fenestrelle, nella vicina Val Chisone, in uno spazio utilizzabile per concerti e conferenze. In un secondo momento si provvide al recupero dell'intera struttura, disponendone l'utilizzo, considerata l'innata vocazione del sito ad es¬sere uno spazio espositivo, come museo. Inaugurato nei primi mesi del 2000, dunque, in due specifiche aree del bastione: rispettivamente la Zona cannoniere e la cosiddetta Zona Diamante, sono collocate altrettante mostre permanenti relative alla storia delle Uniformi delle Truppe Alpine e della fortezza medesima, oggi purtroppo chiuse.

L’itinerario: Exilles a - S. Colombano - Deveys – Eclause - Salbertrand

- Quota di partenza:

- Quota di arrivo:

- Tempo: ore 3.20

- Dislivello: m 440 m

- Difficoltà: E

Raggiunto l'abitato di Exilles (m 873) mediante la S.S. 24, anziché scendere nel paese, si imbocca una mulattiera (E.P.T. — 546) che, originandosi a destra della Nazionale stessa, sottopassa l’Autostrada del Frejus per insinuarsi tra bei boschi di castagno e pino silvestre. Con ampie giravolte il sentiero si inerpica lungo la sponda orien¬tale del torrente Galambra e, superati due piloni votivi, raggiunge la grossa frazione S. Colombano (m 1302) ove, tra belle case di pietra di squisita fattura provenzale-alpina, spicca la cappella dedicata al Santo che dà il nome al borgo, monaco benedettino irlandese fondatore nel VI secolo, dell'Abbazia emiliana di Bobbio (ore 1.10 da Exilles).Dal centro del villaggio, a questo punto, si volge decisamente a sinistra per entrare nella carrozzabile asfaltata (GTA) che partendo da Deveys (m 1036 — frazione di Exilles), attraversa San Colombano per proseguire verso le Grange della Valle (m 1769) ed il rifugio «M. Levi — M. Molinari». Seguendo la rotabile in leggera discesa, si esce dunque dalla borgata per attraversare su un ponte, dopo aver fiancheggiato alcune abitazioni isolate, il già ricordato rio Galambra.

Lasciato a sinistra il tracciato per il fondovalle, si entra in una recente carreggiabile che, in breve, conduce ai casolari di Aut Moni (m 1306) e di Margheria sup. (m 1314), ove si incrocia il sentiero ascendente che da Exilles porta al passo dei Fourneaux. Superato il villaggio, in prossimità di alcuni cumuli di sassi derivanti dallo spietramento dei coltivi, si abbandona la pista sterrata (seguire segnali rossi GTA — ometto in pietra) per imboccare una mulattiera lastricata serpeggiante fra antichi terrazzamenti, caratteristici muriccioli a secco e vigneti ormai da tempo abbandonati che, bordeggiata la cappelletta di S. Clemente, mette al pittoresco nucleo di Combes (m 1227), contornato di campi oggi lasciati a gerbido (ore 2).

Dopo Combes, procedendo in direzione Sud-Ovest, si varca con un guado l'esile rio Ponte, confine tra i Comuni di Exilles e Salbertrand e, per un bosco di castagno, oltrepassando i resti di tre mulini ed un lavatoio, si fa ingresso nel suggestivo villaggio di Eclause (m 1383), che merita una breve sosta.

Eclause è servita anche dalla carrozzabile che, partendo dalla S.S. 24, raggiunge Bardonecchia attraverso i Monti Pramand e Jafferau; bisognerà dunque seguire questa rotabile verso Sud-Ovest, per poi abbandonarla quasi subito e riprendere il vecchio tracciato, che tra coltivi obsoleti e pascoli conduce al Moncellier damont m 1332 da cui, per carrareccia discendente, si entra in Moncellier daval 1247 m.

Sempre tenendo d'occhio i segnavia biancorossi della GTA, da questi ultimi casolari si cala leggermente tra antichi terrazzamenti dismessi e boschi di latifoglie fino a giungere in vista dell'abitato di Salbertrand (m 1032) al quale si perviene rapidamente, camminando tra siepi di lavanda e pruni selvatici dagli insipidi frutti piuttosto tardivi.

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Accès: Exilles est joignable, de Turin, par la SS. 24 du Col du Montgenèvre ou par la plus récente Autoroute du Fréjus (sortie Salbertrand, mais, dans ce cas, il faut reculer pour quelques Km).

Ceux qui, pour tourisme ou bien pour nécessité, parcourent la SS. 24 de la haute Vallée de Suse, une fois arrivés à proximité du village d’Exilles, trouvent la route presque barrée par une imposante et massive forteresse qui, même si aujourd’hui totalement désarmée et utilisée pour tout autre but n’ayant rien à voir avec la guerre, peut encore générer une certaine inquiétude. En considération de ce qu’à nos jours le fort est devenu, et, surtout, de comment ce monument, destiné à devenir un tas de ruines, à été récupéré, il vaut sûrement la peine de garer la voiture au-dessous des gradins pour une visite au bastion. Mais d’abord, il est probablement mieux d’en connaître l’histoire. Avec le passage de la haute Vallée de Suse à la Couronne de France en 1349, lorsque le Dauphin de Viennois Humbert II céda à Philippe VI de Valois les hauts cours de la Doire, du Cluson et du Varaita, Exilles acquiert un grand intérêt stratégique et les Ducs de Savoie, qui, à cause de leur descendance des Ardouins, eurent toujours des revendications sur ce coin du Piémont et essayèrent par tout moyen de le reconquérir ; pour cette raison, déjà à partir du XII siècle, l'ancienne tour romaine présente sur le lieu fut renforcée. En 1453, au cours de la guerre de Lombardie, Charles VII de France, conclue une alliance avec les Milanais et les Florentins, avait envoyé en leur secours René d’Anjou, souverain de Provence. Ce dernier, descendu en Italie, à Exilles fut agressé et mis en fuite par les soldats de Ludovic de Savoie, qui saccagèrent le village et ses églises. À cette occasion, selon la tradition, se produisit le fameux miracle de Turin : une hostie consacrée, enlevée de la paroisse d’Exilles, se leva en ciel en sortant d’un calice volé avec des autres objets sacrés. Regagnée immédiatement par les Transalpins, la place forte fut à nouveau objet d’agression en 1593, lorsque Charles Emmanuel I assiégea pendant 15 jours ce qu’entretemps était devenu un véritable château, en l’enlevant des mains du Marechal huguenot François de Bonne, Duc de Lesdiguières, envoyé par Henri IV à envahir le Piémont. À cette occasion le village et son bastion furent incendiés par les armées ducales ainsi que les hameaux de Champbons et de Deveys ; une grande partie des habitants murirent parmi les flammes. Encore deux ans plus tard les mêmes contendants se donnèrent bataille sur place, car Lesdiguières en tenta la reconquête. Aux ordres du général Grazzino, la garnison, malgré les efforts de la part de Charles Emmanuel et de son armée, céda juste au moment où les français étaient en train de se retirer et, pour cette raison, le comandant fut emprisonné à Turin.

Après une période de calme relative, durant laquelle la forteresse fut ultérieurement agrandie, en 1708, au cours de la Guerre de succession au Trône d’Espagne, fut Victor Amédée II à reconquérir la forteresse, ainsi que les bastions similaires de Pérouse et de Fenestrelles, possession qui fut puis consacrée par le Traité successif d’Utrecht (1713) par lequel les hauts cours du Cluson et de la Doire passèrent définitivement dans les mains des Savoie. Le premier roi de Sardaigne, constatée l’inadéquation des garnisons juste enlevées aux Français, s’engagea à les renforcer ou bien à les édifier ex novo, comme il passa à Fenestrelles où l’ancien Fort Mutin fut remplacé par la grandiose structure visible aujourd’hui sur le versant gauche du bassin. Pourtant, avec le passage dans les mains des Savoie, les moments dramatiques pour le petit bourg d’Exilles ne terminèrent pas : vers la moitié du XVIII siècle, durant la Guerre de succession au Trône d'Autriche les Franco-Hispaniques essayèrent de s’emparer encore une fois de ce territoire, de manière à s’ouvrir une brèche vers Turin. Durement contrastés par Charles Emmanuel III, les agresseurs enlevèrent le siège, mais un contingent de lanciers du Nice, commandés par le gén. De Rossi, fut encerclé et capturé auprès de l’hameau de Jousseau. Deux ans plus tard (1747) la fameuse Bataille de l'Assietta n’engagea pas directement le bastion d’ Exilles et l’on peut bien dire qu’elle fut combattue sur les crêtes des monts, à 2500 mt d’altitude, juste grâce à l’existence de cette structure qui, avec le très récent et encore incomplet Fort de Fenestrelles, barrait inexorablement les accès vers la capitale subalpine. En 1794 étaient encore les armées révolutionnaires transalpines à frapper la Vallée de Suse sous le commandement du Marechal La Valletto et à encercler Exilles en concentrant sur les montagnes tout autour un grand nombre d’hommes et de canons ; même à cette occasion la forteresse résista et aux assiégeants ne resta d’autre alternative que la fuite vers les cuvettes d’Oulx et de Bardonneche. Ceci fut le dernier épisode où l’ancien balourd d’Exilles trouva une utilisation réelle, puisque deux plus tard, avec le Traité de Quérasque, la place forte fut totalement démolie, pour puis resurgir seulement après la fin de l'épopée napoléonienne. Si Victor Amédée II avait confié, en 1727, les travaux de restructuration au colonel du Génie Ignazio Bertola, ensuite nommé comte d’Exilles (le même qui mit la main sur les bastions de Fenestrelles), Victor Emmanuel I, rentré de son exile en Sardaigne après la Restauration, chargea le colonel Giovanni Antonio Rana d’abord et, dans un deuxième temps, le capitaine Francesco Olivero, de remplacer les structures qui avaient été détruites. En effet, celle-ci était une tentative de remettre en fonction l’entier système défensif piémontais, qui était basé sur une des œuvres fortifiées en altitude (Bard, Vinay, Tende, l'Esseillon, le Varisello, outre aux autres deux ici mentionnées), placées au pied des cols qui permettaient l'accès au petit Royaume. Olivero, donc, en récupérant les restes, entre 1821 et 1829 construit une structure pondéreuse, pas trop différente de la structure précédente érigée par Bertola; caractéristiques de ce fort étaient les nombreuses sections indépendantes, même si en communication, tel quel les Tenaglie, l'Avanforte, le Bas Fort, le Cavaliere et les Batteries de Cels, Reale, de la Doire et du Diamant de S. Benoît. Dans un deuxième temps (1832), ajouta l’ainsi nommé Blockhaus, armé d’abord par un canon de 9 AR/Ret, et puis par 4 mitrailleuses Maxim. En 1874 des grands travaux de modernisation transformèrent, au moins en partie, l'aspect du bastion; elles furent les dernières modifications effectuées sur la place forte, et, en conclusion, elles furent celles qui lui donnèrent la coupe actuelle. En effet, au cours des travaux l’on procéda à agrandir la Batterie Royale, et à construire une Barbette sur la terrasse du Cavaliere et une Casemate dans le Bas Fort. Toujours à la même occasion fut renouvellé totalement l'armement des divers départements, avec l'installation de 22 pièces (canons de 12 ARC/Ret et de 15 GRC/Ret) et l’on prévit à renforcer la garnison avec un département d’Infanterie, outre, naturellement, au nombre très consistent de canonniers qui devaient s’occuper du bon fonctionnement des bouches de feu. En tout cas, la structure, désarmée en 1915, fut utilisée jusqu’à 1934. L’histoire de la forteresse, pourtant, ne se conclut pas avec son démantèlement. Après des années de négligence et d’abandon (et des pillages par conséquence), en effet la place forte retourna à la mode, en tant que site d’intérêt historico-touristique. Les premières interventions, effectivement, remontent à 1978 et eurent lieu sous le patronage de la Région Piémont. À la suite d’un accord avec le Domaine Militaire pour une concession en location de la forteresse pendant une période de vingt ans, commença le programme de récupération et de transformation de la ex-chapelle, comme déjà arrivé pour la structure similaire située dans le fort de Fenestrelles, dans le voisin Val Cluson, dans un espace à utiliser pour des concerts et des conférences. À un moment ultérieur l’on procéda à la récupération de la structure entière, en allouant l’utilisation (en considération de la vocation innée du site aux expositions) en tant que musée. Inauguré, donc, au cours des premiers mois de 2000, dans deux zone spécifiques de la forteresse : respectivement dans la Zone canonnière e dans la Zone Diamant, ainsi dite, se trouvent des expositions permanentes relatives à l’histoire des Uniformes des Troupes Alpines et de la forteresse elle-même, les deux aujourd’hui malheureusement fermées.


L’itinéraire : Exilles - S. Colombano - Deveys – Eclause - Salbertrand

- Altitude au départ :
- Altitude à l’arrivée :
- Temps : 3.20 h.
- Dénivellement : m 440 m
- Difficulté : E

Une fois arrivés à Exilles (mt 873) par la S.S. 24, au lieu de descendre vers le village, l’on prend une muletière (E.P.T. — 546) qui, commençant à la droite de la Nationale, se déroule au-dessous de l’Autoroute du Fréjus pour puis continuer dans les beaux bois de châtaignés et de pins sylvestres. Par des grandes pirouettes, le sentier grimpe le long de la rivière est du torrent Galambra et, une fois dépassé deux pylônes votifs, il arrive au grand hameau de S. Colombano (mt 1302) où, parmi les belles maisons en pierre d’excellent style provençal-alpin, se démarque la chapelle dédiée au Saint qui donne le nome au bourg, moine bénédictin irlandais, fondateur au cours du VI siècle, de l'Abbaye émilienne de Bobbio (1.10 h de Exilles). À ce point, du centre du village, l’on prend à gauche pour gagner la carrossable asphaltée (GTA) qui, en partant de Deveys (mt 1036 - hameau d’Exilles), traverse San Colombano pour continuer vers les Grange de la Valle (mt 1769) et le refuge «M. Levi-M. Molinari». En suivant la carrossable en légère pente, l’on sort de la bourgade pour traverser par un pont, après avoir bordé quelques habitations isolées, le ruisseau Galambra, déjà mentionné.
Abandonné le parcours sur la gauche pour le fond de la vallée, l’on arrive à une carrossable qui, dans un bref délai, amène aux chalets d’Aut Moni (mt 1306) et de Margheria Sup. (mt 1314), où l’on tombe sur le sentier ascendant qui d’Exilles amène au col des Fourneaux. Franchi le village, à proximité de quelques tas de cailloux, conséquence du dérochement des terrains cultivés, l’on abandonne la piste en terre battue (suivre les signalisations en rouge GTA - cairns en pierre) pour prendre une muletière pavée qui serpente à travers des anciens terrassements, des typiques petits murs à sec et de vignobles abandonnés depuis longtemps qui, une fois bordé la petite chapelle de S. Clément, amène au pittoresque hameau de Combes (mt 1227), contourné aujourd’hui par des terrains vagues (2 h).
Après Combes, en continuant en direction Sud-ouest, l’on dépasse par un petit gué le ruisseau Ponte, limite entre les communes d’Exilles et Salbertrand et, par un bois de châtaignés, en dépassant les restes de trois moulins et d’un lavoir, l’on entre dans le suggestif village d’Eclause (mt 1383), qui mérite un bref arrêt.
Eclause est desservi aussi par la carrossable qui, en partant de la S.S. 24, arrive à Bardonneche en traversant les Monts Pramand et Jafferau; il faudra donc suivre cette carrossable en direction Sud-ouest, pour puis l’abandonner presque immédiatement pour reprendre l’ancien parcours qui, parmi des terrains cultivés, mais désormais obsolètes, et des pâturages, amène au Moncellier d’Amont mt 1332 d’où, par une route en terre battue, l’on arrive à Moncellier d’Aval 1247 mt.
Toujours avec un œil aux signalisations blanc-rouges de la GTA, de ces derniers chalets l’on descend légèrement parmi des anciens terrassements désaffectés et des bois de feuillus jusqu’à arriver en vue du village de Salbertrand (mt 1032) auquel l’on accède rapidement, en marchant parmi des haies de lavande et des buissons selvatiques, caractérisés par leur fruits insipides et plutôt tardifs ( 3.20 h de Exilles).