martedì 27 settembre 2022

I Caposaldi del gruppo Varaita di Bellino

 La parte alta della Val Varaita che da Casteldelfino conduce a Bellino e al confine dei Colli Malacosta, Longet e Mongioia venne fortificata, nonostante la natura aspra e scoscesa della vallata, con la realizzazione di quattro diversi capisaldi.

A supporto di questi, vennero realizzate, sulla Cima Battagliola e su Punta Cavallo, la 206° e la 207° Batteria G.a.F., dotate di cannoni da 149/35. Inoltre, si realizzarono la 38° Batteria G.a.F. e un annesso ricovero nella località Prafauchier, la 357° batteria e un piccolo ricovero a Grange Culet (oltre Chiazale) e la Caserma du Verger costruita poco sopra Sant’Anna di Bellino (struttura in seguito convertita a casa alpina.

a.      Il Caposaldo Balma

Risalendo da Sant’Anna di Bellino lungo la strada che risale verso il Colletto Chiausis, a quota 2.690 metri di altitudine si incontra, su un piccolo spalto, la Caserma di Balma, in grado di ospitare una trentina di uomini. Alle spalle della Caserma, sulle pendici rocciose, si incontrano gli scavi dell’Opera 208 che non fu mai ultimata. Sul lato opposto dell’altura era prevista la realizzazione dell’Opera 208 bis, anch’essa mai ultimata ma di cui sono rinvenibili alcune gittate di cemento e alcune putrelle.

Curiosamente, le altre due opere facenti parte del caposaldo, le Opere 207 e 209, si trovano in Val Maira “per raggiungerle dal caposaldo Balma occorreva dalle pendici del monte Faraut svalicare e scendere nel vallone di Traversiera, attualmente facilmente raggiungibile dalla valle Maira”[1]. Si tratta anche in questo caso di scavi di gallerie in roccia mai ultimate.

b.      Il Caposaldo Crouset

Il Caposaldo Crouset costituiva il nucleo centrale delle difese del Vallone di Bellino.

Da Sant’Anna di Bellino, risalendo la strada del Vallone Traversagna, si devia verso il sentiero che porta alle Grange Malbuiset. “Nel punto dove la pista si restringe occorre deviare sulla sinistra passando tra dei roccioni imboccando il sentiero d’accesso all’Opera 210. Risalendo il sentiero diventa un susseguirsi incredibile di rampe di scale, prima addossate e poi incassate nella roccia, che si arrampicano sino a raggiungere sulla sommità il portale in calcestruzzo dell’ingresso della 210.”[2]. L’opera, in caverna e di tipo 200, constava di due distinte casematte per mitragliatrici.

Qualora, invece, da Sant’Anna si proseguisse verso l’alta valle, nei pressi di Grange Malbuiset si rinviene un appostamento con un malloppo per un’arma. Proseguendo oltre, si giunge a Pian Ceiol e attraversando il Varaita si giunge a un blocco mimetizzato in pietre dell’Opera 14, dotata di una casamatta per mitragliatrice.

Poco oltre sul pendio si trovava l’Opera 211, dotata di due casematte per mitragliatrici e appena più a monte è ancora visibile la Caverna 15, piccolo ricovero scavato in caverna.


Se, invece, si salisse in direzione del Vallone di Rui, lungo le pendici della maestosa e dominante Rocca Senghi si incontra quasi subito l’Opera 13, dotata di un piccolo ricovero e un’arma a copertura del vallone sottostante. Sul pendio soprastante si trova, invece, l’Opera 12, identica alla precedente benché disposta su due distinti livelli. Accanto allo sperone di Rocca Senghi, invece, ben visibile anche dal fondovalle si staglia la bella struttura della Casermetta di Rocca Senghi, accanto a cui si trova l’ingresso dell’Opera 213. Questa, nei progetti, sarebbe dovuta divenire il centro più esteso e mirabile dell’intero settore, andando a attraversare l’intera Rocca Senghi in larghezza e anche in altezza, con un’osservatorio soprastante. In realtà l’opera rimase incompiuta e decisamente ridotta, consistendo soltanto in un ricovero e nella galleria in salita di accesso alle postazioni d’arma. “Per le norme del trattato del 1947 furono demolite la postazione e l’osservatorio. Tutto sarebbe nell’abbandono se non fosse stato che nel corso della realizzazione della via ferrata fu utilizzata l’opera per salire sino alla sommità di Rocca Senghi, attrezzando la galleria in risalita alla postazione con gradini in ferro a corda fissa: un modo diverso per mantenere in vita una fortificazione.”[3].

Ancora più in alto, alle pendici del Buc du Sparvieres, si trova l’Opera 212, opera di tipo 7000 mai completata e compiuta. Sono ancora visibili la bella caponiera di ingresso, mai rivestita, e il malloppo ben mimetizzato con una copertura rocciosa.

c.       Il Caposaldo Reisassetto

Come per il Caposaldo Balma, anche nel caso del Caposaldo Reisassetto assistiamo alla mancata realizzazione di quasi tutte le opere previste per la difesa del fianco destro del vallone, a copertura dei Colli Malacosta e Longet. Fulcro centrale del caposaldo era costituito dalla Caserma di Reisassetto, posta sulla testa del vallone omonimo. Poco sopra alla caserma è ben visibile il deposito, con una caratteristica copertura a botte. Qui si sarebbe dovuta realizzare l’Opera 203, di cui, tuttavia, esistono soltanto gli scavi nella roccia.

Per il resto, le uniche attività nel caposaldo furono gli sbancamenti e l’avvio degli scavi per le Opere 214 e 214 bis, che sarebbero dovute sorgere sul versante destro della vallata.

d.      Il Caposaldo Lupo-Fiutrusa

Il Caposaldo, in verità, altro non era se non la realizzazione di alcune opere di presidio al Colle Mongioia e al Monte Salza, in quanto la complessità dei rilievi e l’asprezza dei valloni rendeva la zona di difficile accesso e quindi naturalmente difesa. Ivi furono realizzati un piccolo Bivacco al Passo Fiutrusa, oggi parzialmente crollato a causa della franosità della roccia soprastante, e una Caserma difensiva al Colle del Lupo, idonea ad ospitare una ventina di uomini.

 



[1] Ibidem, p. 73.

[2] Ibidem, p. 75.

[3] Ibidem, p. 87.

I Caposaldi del gruppo Varaita di Chianale

 

La parte alta della Val Varaita che da Casteldelfino conduce al Colle dell’Agnello venne fortificata con la realizzazione di tre diversi capisaldi a copertura del Vallone dell’Agnello e di quello di Vallanta.

A supporto dei capisaldi, vennero edificate alcune opere di complemento. In primis la caserma in frazione Castello a Pontechianale, la cui struttura è stata in seguito ristrutturata e ospita ora il rifugio Alevé. Ai piedi dell’attuale diga, invece, sono ancora visibili i dieci piccoli fabbricati che fungevano da deposito e magazzino per munizioni e materiali. Inoltre, sempre nella frazione Castello, vennero realizzate due piccole opere in caverna, lo sbarramento di levante e lo sbarramento di ponente, poste ai due versanti della Rocca di Castello e destinate a coprire con due mitragliatrici tutta l’area sottostante. Inoltre, a sovrastare, a monte, la zona del lago, presso la località Grange Cucet, nei pressi dell’attuale Rifugio Savigliano, vi era una spianata che ospitava “la 93° Batteria G.a.F. armata con cannoni da 75/27.”[1].

a.      Il Caposaldo Saint Veran

Posto a sud del Colle dell’Agnello, il Vallone di Saint Veran costituiva, prima della realizzazione della strada del Colle dell’Agnello del 1971, un possibile valico alternativo per varcare la frontiera. All’estremo orientale dell’abitato di Chianale è sita la caserma intitolata a Nino Curti, che poteva ospitare sino a 200 uomini. All’inizio del bosco, innanzi alla caserma, si trova il Centro 11, realizzato in caverna e consistente in un piccolo ricovero a due ingressi.

Risalendo il Vallone di Saint Veran, “su versante destro prima del torrente Pinsonniere si trova l’Opera 10…impianto di tipo 7000 in parte interrato, armato da tre mitragliatrici che battevano il fondo del vallone”[2]. Attualmente sono visibili i ruderi della casamatta in calcestruzzo.

Proseguendo oltre, oltrepassato il rio Pinsonniere, si trovano i pochi resti dell’Opera 204, opera di tipo 7000 dotata di cannone anticarro che in seguito fu demolita in ossequio ai trattati di pace. All’altezza dell’opera, nel pendio roccioso retrostante, si trova la Caverna G, vasto ricovero idoneo ad ospitare una trentina di uomini.

“Continuando nella risalita all’altezza delle grange Pian Vasserot si stacca sulla sinistra il vallone dell’Antolina; nella costa Buscet che si sviluppa sullo spigolo dei due valloni si trovava l’Opera 205. Si trattava di un’opera in caverna del tipo 200, armata con due mitragliatrici che battevano il fondo del vallone di Saint Veran, incrociando il fuoco con le armi dell’antistante 10 bis.”.

Il Centro 10 bis è l’unica opera edificata sul versante sinistro del vallone di Saint Veran. Essa consta di un piccolo ricovero e di due casematte per due armi di mitragliatrici idonee a battere sul vallone e sull’abitato di Chianale.

Sempre ricomprese nel caposaldo, benché ne siano distaccate, sono da considerarsi la pregevole Caserma della Tour Real, posta sulle pendici dell’omonima cima, il Ricovero Colle Longet, posto sulla testata del Vallone di Saint Veran e il Ricovero Colle Veran, posto sull’omonimo colle.

b.      Il Caposaldo Chianale

Il Caposaldo Chianale si sviluppa, invece, dall’abitato di Chianale lungo la dorsale che fa da spartiacque con il Vallone dell’Agnello, denominata Cresta Sela.


Dopo un quarto d’ora di salita, si scollina sul vallone erboso sovrastante l’abitato di Chianale, da dove si gode di una vista invidiabile sino al lago artificiale più a valle. Dirigendo lo sguardo a monte, tuttavia, si intravede con facilità il malloppo in calcestruzzo dell’Opera 7. Tralasciando, momentaneamente, la visita all’opera, si risale lungo il sentiero a mezzacosta in direzione est e quindi si devia verso la Cresta Sela. In una decina di minuti si giunge quindi, alla Caserma H, che appare all’improvviso a 2350 m. s.l.m. e si compone di un edificio a pianta rettangolare con corridoio interno e stanze varie, idonea ad ospitare circa 60 soldati.


Sulla cresta rocciosa soprastante si raggiunge in pochi passi l’Opera 5, con ingresso posto sul versante rivolto a Chianale e con tre postazioni per mitragliatrici idonee a controllare tanto il Vallone dell’Agnello quanto il sottostante fondovalle verso Chianale.

Quale metro più a monte, in cima alla cresta, si trova l’osservatorio di Cresta Sela che, posta ad un’altitudine di 2450 m. s.l.m., consta di un monoblocco in cemento armato, fatto saltare dopo il trattato di pace del 1947, che permetteva un controllo totale del vallone di Chianale e del vallone laterale che conduce al Colle dell’Agnello.

Più a monte si rinviene ancora la Casermetta E, a quota 2600 metri di altitudine, con una caratteristica copertura a botte.

Osservatorio di Cresta Sela - Foto di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Ridiscendendo verso valle, si distinguono agevolmente i malloppi delle Opere 6, 7bis e 7 e la discesa in tale direzione consente la visita a ciascuna delle tre opere in quest’ordine. Tutte e tre le opere sono speculari; realizzate secondo la circolare 200, si compongono di un malloppo per mitragliatrici battenti il sottostante fondovalle, che si raggiunge attraverso un breve corridoio dall’ingresso posto sul lato italiano.


Ridiscendendo ulteriormente il bel prato di questo versante, si incontra in poco tempo l’Opera 8, simile alle precedenti ma dotata di due mitragliatrici e soprattutto con la peculiarità di avere parecchie iscrizioni ben leggibili all’interno. Da tale opera, spingendosi a mezzacosta verso est, si giunge in pochi passi alla Caverna 12, piccolo ricovero scavato in roccia.

Un’ulteriore discesa sin quasi alla strada provinciale ci conduce all’Opera 9, a pochi metri dalla carreggiata stradale. Quest’opera è più complessa e dall’ingresso si giunge ad un piccolo ricovero che a sua volta è collegato con due distinti malloppi per tre armi complessive idonee a battere sulla strada sottostante. Anche in questo caso, proseguendo a mezzacosta verso est si giunge a un piccolo ricovero denominato Caverna 11 bis.

Le ultime opere di questo caposaldo sono spostate e situate sullo sperone roccioso che funge da secondo versante del Vallone dell’Agnello. Appena due tornanti dopo l’incrocio che conduce al Colle dell’Agnello, si giunge in pochi minuti all’inconfondibile Ricovero Carlo Emanuele III. La poderosa costruzione, edificata negli ultimi anni dell’800, conserva intatta la muratura esterna e le bellissime targhe in pietra che lo individuano ed era idoneo ad ospitare più di cento uomini.

Opera 9bis - Foto di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Ricovero Carlo Emanuele III - Foto di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Una volta oltrepassato il ricovero, spingendoci in direzione Chianale verso la scarpata, si inizia una ripida discesa di alcune decine di metri lungo il manto erboso del crinale, sino a tagliare nettamente a sinistra in un pianoro. Da qui, con alcune decine di metri di ulteriore discesa, sempre ripida si giunge all’ingresso dell’Opera 9bis. Questo, interamente in caverna, non è mai stato completato e si compone di un lungo corridoio che porta alle due armi che battevano il sottostante fondovalle verso Chianale.

Ultima opera del caposaldo era il piccolo ricovero che sovrastava il Colle dell’Agnello che oggi non è più visibile.

 

c.       Il Caposaldo autonomo Losetta-Vallanta

Benché i progetti per questo caposaldo fossero decisamente più consistenti, la copertura di questo settore di confine con la Val Po fu affidata in sostanza alla sola Caserma del Passo della Losetta e ad alcuni N.A.S. (Nucleo arma supplementare) che non prevedevano la realizzazione di opere in muratura.

La caserma, ancora visibile, è edificata sul Passo della Losetta, sotto alla cresta di Punta Seras ed era in grado di ospitare una quarantina di uomini.



[1] Ibidem, p. 105.

[2] Ibidem, p. 110.

Caposaldo Chianale

Il Caposaldo Castello-Pleyne-Casteldelfino (o sbarramento arretrato di Casteldelfino)

Risalendo la Val Varaita, prima dell’abitato di Casteldelfino, svoltando in direzione delle borgate Bertines, Alboin e Serre, si raggiungono le opere che componevano il Caposaldo Castello-Pleyne-Casteldelfino. Dalla frazione Alboin, imboccando il sentiero tra le case oltre la fontana sino al primo bivio, risalendo verso monte si giunge, in pochi minuti, alla costruzione in cemento che costituiva il Centro 360.

L’Opera, di tipo 7000, ben mimetizzato con una copertura in roccia, consta di un ingresso che conduce a due postazioni per mitragliatrici e presenta ancora la pregevole scritta, in stile lontamante futurista, posta sull’ingresso, con il motto della Guardia alla Frontiera (dei sacri confini guardia sicura).


Tornando sui propri passi verso la frazione Alboin, avviandosi per alcune centinaia di metri verso le Grange Pralambert e quindi verso la mulattiera che sale da Bertines, si rinviene una bella radura con in mezzo il Centro 360bis. Anch’essa opera di tipo 7000 mimetizzata con copertura in roccia, constava di un piccolo ricovero e una mitragliatrice, nonché un collegamento fotofonico con la precedente 360.


Sono, invece, poste sul fondovalle, nei pressi della strada provinciale, le altre opere del caposaldo. Nei pressi del cimitero di Casteldelfino, con un po’ di attenzione si evincerà facilmente la presenza dell’Opera 363, apparentemente mimetizzata da malga alpina in centro al prato davanti al cimitero. Del pari, poche decine di metri più in basso verso la provinciale, il piccolo caseggiato ivi presente è, in realtà, l’Opera 363bis. Sono apprezzabili i finti camini, il rivestimento ed addirittura le finte finestre, volte a nascondere ad un ipotetico invasore le quattro mitragliatrici (due per ciascuna opera) poste a guardia della strada proveniente da Casteldelfino.


Da qui, dirigendo lo sguardo a monte, si può notare nel bel mezzo del prato soprastante, a metà strada tra il cimitero e la frazione Bertines, un’altra apparentemente mimetizzato da malga alpina. Questa è, in realtà, l’osservatorio Bertines, un malloppo in cemento con finti camini, avente feritoie e osservatori sui quattro lati della costruzione, nonché fotofoniche idonee a comunicare con le altre opere circostanti.

Nella soprastante borgata Bertines, sulla destra guardando verso monte si rinviene, poi, l’Opera 361, che ormai è stata affiancata dalla costruzione di altri edifici che, tuttavia, ne fanno apprezzare l’operazione di mascheramento.

Attraversato l’abitato dei Bertines, prendendo il sentiero a sinistra della Cappella si scorge, in breve, l’Opera 362, la cui copertura è interamente coperta da un manto erboso che ne cela le reali dimensioni. Questa, infatti, è l’opera più estesa del caposaldo e constava di un ricovero per una dozzina di uomini e tre casematte per mitragliatrici.

Centro 364bis - Foto di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Sul versante destro del Varaita, invece, sulla parete decisamente più scoscesa, si rinvengono le Opere 364 e 364 bis, costruite secondo i dettami della Circolare 200. Poste esattamente dirimpetto alle Opere 363 e 363 bis, dell’Opera 364 su scorge con facilità il malloppo franato a causa dell’erosione del terreno da parte del torrente. L’opera era costituita da un piccolo ricovero che conduceva proprio al malloppo franato.

L’Opera 364 bis è invece posta più in alto ed è realizzata in caverna dentro allo sperone roccioso che sovrasta il Varaita. Si possono agevolmente scorgere l’ingresso nella roccia e il malloppo per cannone e mitragliatrice.

Completavano il Caposaldo un piccolo posto di osservazione situato nei pressi delle grange della località Pralambert, una piccola caverna di comando sita in località Torrette e soprattutto l’imponente Caserma Conte di Bricherasio sita in prossimità del centro di Casteldelfino e idonea ad ospitare la sede del comando di settore e circa 200 uomini.

Sbarramento arretrato Casteldelfino