1) Il Castello di Brossasco
Posto in bassa Val Varaita, Brossasco
si trova al centro dei territori che furono invasi dai saraceni alla fine del X
secolo. Oltre al già citato carnevale della Baìo, un altro indizio di tale
presenza lo si ritrova proprio nello stemma comunale di Brossasco, l’unico
della zona a contenere due lune crescenti e due teste di moro. Ciò ha indotto,
addirittura, a ritenere che Brossasco sia nato dallo stanziamento in loco di
alcuni gruppi di saraceni. Di certo v’è che nel XI secolo fu eretto un castello
con una torre di avvistamento, che fu assoggettato al dominio di vari signori
feudali, dai Verzuolo ai Marchesi di Busca, sino ad essere coinvolto nelle
guerre civili tra Federico II di Saluzzo e il fratello Galeazzo. Il Castello fu
“distrutto nel XVII secolo. Unica
testimonianza della struttura fortificata del borgo è oggi una torre-porta
arricchita da alcuni dipinti.”[1].
2)
Il Castello Porporato di Piasco
Piasco, unitamente a Costigliole,
costituisce il punto di accesso al versante sinistro della Val Varaita. “A sottolineare la sua importanza strategica
fin dall’alto medioevo, Piasco è sede di importanti opere difensive; nel 1037
il vescovo di Torino Landolfo cura la costruzione di un castello con due torri
a difesa del borgo e a controllo della valle. La fortezza è collocata in un
sistema comprendente i castelli di Costigliole, Rossana e Venasca, a contatto
diretto tra loro mediante torri di avvistamento.”[2].
Il territorio di Piasco vide
avvicendarsi il Vescovo di Torino con i Signori di Verzuolo e Venasca e in
seguito con il Marchesato di Saluzzo. Passato ai Savoia, questi infeudarono nel
castello, nel 1589, i Porporato di Sampeyre. “Durante le guerre per la reggenza[3], la costruzione fu completamente distrutta,
tanto che i signori locali iniziarono la costruzione di un nuovo castello su
progetto del Castellamonte. Ancora oggi la struttura, situata vicino ai resti e
al torrione del castello precedente, presenta una pianta a C che avvolge il
cortile centrale ed è articolata su tre piani: il piano terreno è
caratterizzato su tre lati da un porticato, ed il corpo centrale presenta
inoltre un loggiato al piano nobile.”[4].
3)
Il Castello dei Conti Gazelli di Rossana
Le vicende di Rossana seguono,
pressappoco, quelle dei paesi limitrofi in bassa Val Varaita. Il nucleo
originario del castello fu eretto nell’XI secolo dal Marchese di Busca.
“Nel XV secolo si impossessò della costruzione un
avventuriero guascone, un certo Arcimbaldo di Abzat che fece del castello il
ricovero per le sue truppe e la base di partenza per le frequenti scorrerie che
terrorizzarono e devastarono i paesi circostanti. Tutto ciò durò parecchi anni,
fino a quando il duca Ludovico di Savoia, con le sue truppe, non riuscì ad
impadronirsi del castello e ad impiccare Arcimbaldo.”[5].
“Nuovamente
ricostruito, fu ceduto alla famiglia dei conti Gazelli di Rossana, la cui
ultima discendente, contessa Idalberta, cedette il castello con i boschi circostanzi
al Comune”[6].
Le rovine consentono ancora di valutare la complessità del massiccio castello:
rimangono parte delle mura perimetrali, la base della torre, un monumentale
arco d’ingresso, una piccola cappella e ampi locali con volte a botte.”[7].
Oggi i resti del castello, invasi dalla
vegetazione, giacciono abbandonati sul rilievo che sovrasta il paese ed è raggiungibile
con una camminata di una mezz’ora che diparte dalla chiesa parrocchiale.
4)
Il Castello di Villa Sant’Eusebio (Casteldelfino)
L’antico abitato di Casteldelfino era
denominato Villa Sant’Eusebio e “secondo
la tradizione nel 1391 venne distrutto da un’alluvione. Il paese venne quindi
ricostruito con il nome di Castrum Delphini, ad indicare il castello voluto nel
1336 da Umberto II Delfino di Vienne.”[8].
Il castello fu al centro delle guerre
di religione di fine ‘500 e vide plurimi passaggi delle truppe ugonotte con le
conseguenti devastazioni del territorio. Casteldelfino, inoltre, fu più volte
contesa tra francesi e sabaudi, sino a divenire definitivamente dominio del
Regno di Sardegna dopo il Trattato di Utrecht del 1713.
“Si hanno
precise notizie sulle caratteristiche del castello grazie al resoconto
contabile redatto da Raimondo Chabert, presentato alla Camera Delfinale nel
settembre del 1336 e oggi conservato presso gli Archivi dell’Isère a Grenoble.
Del castello rimane traccia dell’edificio preminente, definito “palacium”, che
in origine era alto 23 metri e venne descritto così: “Al primo piano vi è una
cucina con corpo di guardia ed armeria. Il secondo piano è formato da un’unica
vastissima sala-dormitorio illuminata da ben 16 finestre, quattro per lato. Al
terzo piano, il solaio. Tutto attorno al castellaccio, di forma quadrata, c’è
un cortile recintato da mura che poggiano su paurosi strapiombi. Un ponte
levatoio pone in comunicazione il palazzo con un’altra costruzione che sorge su
un piccolo sperone roccioso, è un torrione che sovrasta il castello, posto di
osservazione ed estrema difesa della guarnigione.” Nella relazione è detto che
il “Castrum super villam Sancti Eusebii” verra’ chiamato “ Castrum Dalphini”.”[9].
Il castello venne infine distrutto
dalle truppe piemontesi comandate da Carlo Emilio S. Martino, marchese di
Parella nel 1690 nell’ambito del conflitto con la Francia e in seguito
ulteriormente rimaneggiato nell’ambito delle già descritte schermarglie
franco-sabaude nell’ambito della guerra di successione austriaca. Oggi ne
restano alcuni ruderi sul poggio che sovrasta il paese.
5)
La Rocca di Bellino e il Castello di Pontechianale
Essendo Bellino e Pontechianale i
territori posti a ridosso del confine, essi furono, storicamente, le prime roccaforti
difensive per la Val Varaita. Entrambe, pertanto, furono dotate nell’antichità
di opere fortificate, di cui oggi si è completamente persa traccia.
Entrambe furono originariamente feudo
dei Marchesi di Busca e dei signori di Venasca e poi territorio del Marchesato
di Saluzzo; ciò sino a divenire nel XIII secolo parte integrante dell’Escarton
di Casteldelfino. Fu in tale epoca che venne edificata la Rocca di Bellino,
sotto Guido VI di Vienne. Progressivamente distrutta e rimaneggiata a causa
delle frequenti incursioni dei francesi, degli ugonotti e dei sabaudi, essa
venne definitivamente distrutta nel XVIII secolo durante la guerra di
successione austriaca.
Simili furono le vicende del Castello
di Pontechianale, di cui oggi rimane soltanto il toponimo della frazione
Castello.
[1]
Seren Rosso R.-Guglielmo M., Op. cit., p. 253.
[2]
Rovere C., Op. cit., p. 305.
[3] Le guerre per la
reggenza, dette anche guerra civile piemontese, furono scontri in cui le due
fazioni - denominmate principisti e madamisti si contesero il
potere sul ducato di Savoia dopo la morte
del duca Vittorio Amedeo I nel 1637. I
madamisti, filo-francesi, appoggiavano la vedova del duca, la "madama
reale" Maria Cristina, sorella del
re di Francia Luigi XIII e reggente
del ducato per i figli, prima Francesco Giacinto (fino alla
sua morte nel 1638) e poi Carlo Emanuele II. I principisti,
filo-spagnoli, appoggiavano invece i fratelli del duca defunto, Tommaso di Savoia, principe di Carignano, e
il cardinale Maurizio, che parteggiavano
per la Spagna e si opponevano alla reggenza della cognata.
[4]
Seren Rosso R.-Guglielmo M., Op. cit., p. 256.
[5] Ibidem, p. 257.
[6] Ibidem
[7]
http://archeocarta.org/rossana-cn-resti-del-castello/
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