sabato 30 luglio 2022

Il Fort de Montfroid

I pascoli tormentati del Piccolo Moncenisio: Ref. Petit Mont Cenis – Col de Solliéres – Fort de Montfroid – Croix de Montfroid – Col de Bellecombe - Ref. Petit Mont Cenis




- Difficoltà: E

- Tempo: ore 4.30 l'intero anello

- Dislivello: 750 m (circa)


Accesso:Da Torino si raggiunge Susa con l’Autostrada A 32 del Frejus. Giunti in città, proprio dalla piazza della stazione ferroviaria, si imbocca la SS 25 del Moncenisio (indicazioni) seguendola per 25 Km sino al grande lago che occupa gli ampi pianori del valico Si prosegue fino al fondo del lago deviando poi a sinistra per una stretta strada asfaltata che in 6.5 km, costeggiando la sponda orientale del lago stesso, conduce al Ref. du Petit Mont Cenis (da Torino 77 km).

Dal parcheggio del Ref. du Petit Mont Cenis 2106 m si segue la strada sterrata che devia sulla destra, proprio nei pressi del parcheggio stesso, dalla rotabile asfaltata adducente all’ormai vicino Col du Petit Mont Cenis. Raggiunto il bivio ove, a destra, si stacca il sentiero conducente al Pas de la Beccia, si volge a sinistra e, con sentiero in forte ascesa, su un terreno tormentato da innumerevoli crateri provocati dalle bombe di mortaio esplose nel corso dell’ultima guerra, si entra in un valloncello verdeggiante che, tra bei pascoli, piccoli specchi d’acqua e rocce calcaree, sale gradualmente al Col de Sollières 2639 m costeggiando il bordo occidentale del Signaldu Petit Mont Cenis (o PteClairy – ore 1.30 dalla partenza).

Volgendo a sinistra, dal Colle, si segue un ampio sentiero militare (Sentier de la Paix, inaugurato a metà anni ’90 del ‘900) che, superando un costone, porta ad un colletto erboso presso il quale sono visibili alcuni baraccamenti militari in rovina (LesBaraquement 2660 m). Volgendo a destra, di qui si risale un ripido sentiero a zig-zag che in 15 min. conduce alle consistenti rovine del blocco orientale del Fort duMontfroid 2796 m. Dalla fortezza l’ampia mulattiera prosegue verso sinistra, tenendo il lungo crinale adducente, in circa 15 min. sulla cima del Montfroid 2822 m, ove sorgono una grande croce in ferro, un cippo commemorativo della battaglia che qui si svolse nell’aprile 1945 e, poco sotto la cima sul versante nord della montagna, il blocco occidentale della fortezza, speculare a quello raggiunto in precedenza (h 2.15 dal Ref.).

Tornati al colletto ove sorgono i baraccamenti ci si trova ad un bivio ove a destra trae origine il sentiero adducente al vicino Lac de l’Etoile e poi a Bramans, mentre a sinistra il bel viottolo che porta al Col de Bellecombe. Imboccata questa seconda via (ancora Sentier de la Paix, caratterizzato da un segnavia con stella blu) si fiancheggiano i ruderi dei baraccamenti, divallando poi leggermente tra bellissimi pascoli fioriti sino a raggiungere il verdissimo Col de Bellecombe 2475 m, posto al di sotto della caratteristica cima omonima (2755 m). Qui, volgendo a sinistra si scende verso il Piccolo Moncenisio, divallando gradualmente in una zona caratterizzata da affioramenti calcarei fino a fiancheggiare e poi attraversare un piccolo canyon. Passati sulla sponda opposta della gola si raggiungono le Grange Mestrallet 2252 m, grande alpeggio tutt’oggi in funzione, si scende sulla ormai vicina strada del Petit MonCenis e di qui al rifugio omonimo (ore 4.30 complessive)




Il Fort de Montfroid


Edificato nel 1897 per contrastare l’Italia che aveva aderito alla Triplice Alleanza e fortificato pesantemente il Moncenisio, il forte si trova poco al di sopra del Colle del Piccolo Moncenisio, esattamente di fronte al grande complesso fortificato italiano del Malamot.

Si tratta di una fortezza costituita di due blocchi principali, realizzati con muratura a secco ricavata da materiale locale e disposti specularmente, ad una distanza di 500 m, ai due limiti orientale ed occidentale del crinale poco inclinato culminante con la cima del Montfroid.

Tra l’uno e l’altro blocco, cui si accedeva mediante ponti a levatoia, erano disposte le piazzole per le bocche da fuoco.

Il Fort de Montrfroid era complementare al non lontano Fort de la Turra e serviva a segnalare eventuali sfondamenti italiani nella zona del Piccolo Moncenisio ai forti disposti più in basso. L’opera tuttavia fu ben presto declassata a semplice avanposto di osservazione, a causa della sua vulnerabilità alle frequenti valanghe, che ne rendevano impossibile il rifornimento per buona parte dell’anno.

All’inizio della guerra con l’Italia del giugno 1940 la piazzaforte fu tuttavia riarmata e divenne fondamentale nel contribuire, grazie alle segnalazioni fornite, ad arrestare l’avanzata italiana avvenuta dal Colle del Piccolo Moncenisio. I crateri delle esplosioni di bombe da mortaio avvenute in quel frangente sono ancora visibili sul territorio di tutta la zona circostante il valico da cui gli italiani cercarono di entrare.

Abbandonato nuovamente dopo il 1940 il forte venne occupato dai tedeschi ed il 27 aprile 1945 il reparto maquis inquadrato nelle file degli Sciatori e Cacciatori del 7° BCA ed i Cacciatori tedeschi del 100° Rgt Gebircsiager si affrontarono in una memorabile battaglia nella neve che portò alla riconquista francese della piazza, strappandola di mano, a prezzo di durissimi combattimenti ai nazisti che, con l’aiuto dei paracadutisti repubblichini della Folgore, l’avevano occupata il 12 aprile precedente.





























sabato 23 luglio 2022

Il Castello di Montalto Dora

Riparte anche in questa calda estate la rubrica curata dal nostro Luigi Avondo che ci porta alla scoperta di angoli (fortificati) del nostro territorio.


TAPPA 1 - Il Castello di Montalto Dora

Accesso: dall’autostrada A5 Torino-Aosta, uscita Ivrea. Dopo aver attraversato il centro della città, proseguire sulla SS26 in direzione nord per 4 km.
Il castello di Montalto Dora è posto su una propaggine della Serra di Ivrea, il Monte Crovero, a 405 metri di quota, in posizione dominante rispetto al parco dei laghi di Ivrea e strategica sia dal punto di vista militare, sulla direttrice Ivrea – Aosta, che religioso, sulla Via Francigena, che congiungeva Canterbury a Roma attraverso il Gran San Bernardo.
Il più antico documento in cui viene menzionato il castello risale al 1140, perciò si fa risalire la sua costruzione alla prima metà del XII secolo. A partire dal XIV secolo il castello venne trasformato in fortezza e nel 1344 entro a far parte dei possedimenti del conte Amedeo di Savoia, che già possedeva gli altri feudi della vallata.
A partire da quel momento il castello passò di proprietà varie volte, ma l’infeudamento più interessante è quello ai De Jordanis di Bard, avvenuto nel 1403. Fu in quel periodo, infatti, che vennero compiuti i più vistosi ampliamenti della fortezza, con l’aggiunta di nuove parti.
Numerosi signori si susseguirono nella guida del paese, tra gli altri Margherita Bobba (1568), i Giovannini di Sordevolo e i Bailetti di Ivrea (1650), Pietro Antonio Negroni (1692) con titolo comitale e Silvestro Oliviero di Trana (1706).
Durante l’assedio di Ivrea del 1641 fu attaccato dalle truppe francesi in lotta coi Savoia e dovette subire lo smantellamento degli interni, mentre le mura rimasero quasi intatte.
Il 30 Agosto 1712 Vittorio Amedeo, dovendo premiare il barone Filiberto Antonio di Vallesa per un eroico gesto che aveva compiuto, gli fece dono del feudo con titolo comitale. La famiglia Vallesa, originaria della valle di Gressoney, rimase alla guida del borgo fin quasi a metà ottocento, quando la proprietà passò al conte Severino dei baroni di Casana. Questi iniziò l’opera di restauro e di valorizzazione sulla base di studi effettuati dall’ing. Carlo Nigra e dall’architetto D’Andrade a inizio ‘900.
Nel ventennio 1965-1985, ad opera dei nuovi proprietari, vennero effettuati interventi di recupero degli edifici all’interno della cinta muraria e del parco, ripresi e portati a termine nell’ultimo periodo assieme ad altri lavori, che hanno interessato il recupero e la conservazione delle mura esterne, del camminamento di guardia e della merlatura. Si è intervenuti anche sulla copertura della manica sud dell’edificio e in ultimo è stata avviata una campagna di studi che ha interessato la Cappella.
La pianta del castello è quadrangolare irregolare, con quattro torri tonde ai vertici, tre delle quali pensili. Le mura sono alte circa 14 metri per un perimetro superiore di 150.
Due lati del perimetro sono occupati da una manica lunga e da un’altra più corta. Sul terzo lato si erge il mastio, la torre quadrata più imponente, nucleo più antico del complesso, inizialmente a sé stante e in seguito incorporata entro le mura del castello.
Il mastio consta di un seminterrato, quattro piani fuori terra e un camminamento a livello del coronamento merlato, da cui si gode una straordinaria vista sul territorio circostante.
Le due maniche del castello propriamente detto sono strutturate su tre piani, due dei quali visitabili. Il seminterrato presenta una successione di suggestive cantine suggestive con roccia a vista, mentre al piano terra si trovano vasti ambienti destinati a cucine, a sala da pranzo e a salone d’onore, restaurati di recente.
Al piano superiore si trovano le camere da letto, la biblioteca, lo studio ed il salone centrale con un monumentale camino.
Un camminamento di guardia percorre l’intero perimetro del castello seguendo la merlatura ghibellina e attraversando le torri d’angolo, di cui si può anche raggiungere l’apice. Il cammino di ronda è di circa 160 metri con 142 merli.
Dall’ingresso posto sulla facciata est si accede al cortile interno che segue l’andamento della roccia su cui è edificato il castello. Nel cortile, a destra dell’entrata, si trova la cappella: all’esterno le facciate sono intonacate e decorate con affreschi del ‘400, i cui soggetti sono la Madonna del latte e San Cristoforo, protettore dei pellegrini che percorrevano la Via Francigena. Anche all’interno sono presenti vari altri affreschi, riconducibili a due diversi cicli risalenti al periodo tra il XII e il XV secolo, in parte ancora da recuperare.
Il castello è visitabile unicamente in occasione di aperture straordinarie, solitamente due – tre l’anno, nella stagione estiva.
L’anfiteatro morenico, la Serra d’Ivrea e le Terre ballerine
Il castello di Montalto Dora si trova sulla Serra, la morena laterale sinistra dell’anfiteatro morenico di Ivrea, l’imponente complesso di cerchie moreniche edificato dal ghiacciaio della Dora Baltea allo sbocco della Valle d’Aosta nel corso di una decina di glaciazioni succedutesi nel Pleistocene.
La Serra di Ivrea è considerata massima espressione della sedimentazione glaciale in quanto è il più grande rilievo morenico di origine glaciale esistente in Europa. Si estende dal comune di Andrate, in provincia di Torino, fino alle porte del comune di Cavaglià, in provincia di Biella. La serra parte dalle pendici meridionali della Colma di Mombarone e prosegue con conformazione rettilinea per circa ventiquattro km fino alle alture che circondano il lago di Viverone. Il dislivello massimo rispetto alla pianura circostante è di 600 metri, che gradualmente si riduce fino a 250 metri.
La morfologia della Serra consta di varie dorsali parallele alternate a piccoli ripiani, il versante interno con pendenze più pronunciate, quello esterno più dolce, per cui dal lato di Ivrea l’impressione visiva è più imponente, mentre dal lato biellese la si percepisce di meno.
Oltre alla Serra, l’anfiteatro è caratterizzato dalla presenza di numerosi laghi: il lago di Viverone e il lago di Bertignano sono residui del lago post-glaciale come lo sono il lago di Prè nel comune di Torrazzo e il lago Lissello in quello di Sala. Sono invece laghi di escavazione glaciale i cinque laghi posti nella fascia tra Borgofranco e Ivrea, nei pressi del castello di Montalto Dora.
Il lago S. Michele, il più piccolo, è il più vicino alla città; il lago di Campagna è il meno profondo, ma suggestivo; vi è poi il lago Nero, circondato da una fitta vegetazione che gli conferisce un fascino tenebroso e selvaggio; il lago Pistono si trova verso Borgofranco, mentre tra Ivrea e Chiaverano è il lago Sirio, balneabile e interessante per l’avifauna che lo frequenta.
Una rete di sentieri attrezzati permette di approfondire la conoscenza diretta di questo particolare angolo di Piemonte di notevole interesse geologico e naturalistico.
In particolare alcune varianti ai percorsi del lago Sirio e del lago Pistono permettono di scoprire un fenomeno assai curioso che si verifica in una limitata zona del bosco di Montalto Dora, conosciuto con l’appellativo di “Terre ballerine”. Il bosco si estende su di una torbiera, ossia un deposito di materiali organici in prevalenza vegetali, originata dal prosciugamento di una parte del lago Coniglio, avvenuto per un tratto naturalmente e per un altro provocato a fine ‘800 dal prelievo della torba da parte di un imprenditore dell’epoca per la sua industria siderurgica.
La particolare struttura geologica della zona conferisce al terreno una incredibile elasticità, per cui, saltandoci sopra come si fosse su di un enorme tappeto elastico, si ha l’impressione che il suolo e tutto quel che vi è sopra salti con noi: gli alberi oscillano, l’erba ondeggia, il terreno sobbalza.