lunedì 30 agosto 2021

#Passeggiare tra le Opere Fortificate: Anello dei forti di Vinadio

Anello dei Forti di Vinadio


- Punto di partenza: Vinadio
- Quota minima: 891 m
- Quota massima: 1223 m
- Dislivello: 350 m
- Tempo : 2.15 h
- Difficoltà: E
- Tipo di percorso: stradine e sentieri segnalati
- Punti di appoggio: Nessuno
- Attrezzatura: normale dotazione escursionistica
- Periodo consigliato: maggio-novembre
- Momento consigliato: mattino
- Famiglia: > 12
- Cartografia: I.G.C. n. 7 1:50.000; Fraternali n. 13 1:25.000;

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- Point de départ : Vinay
- Altitude minimale : 891 mt
- Altitude maximale : 1223 mt
- Dénivèlement : 350 mt
- Temps : 2.15 h
- Difficulté: E
- Type de parcours : ruelles et sentiers signalisés
- Points d’étape : Aucun
- Équipement : normale dotation pour excursions
- Période conseillée : mai-novembre
- Période de la journée conseillée : matin
- Famille : > 12
- Cartographie : I.G.C. n. 7 1:50.000; Fraternali n. 13 1:25.000;



Breve, ma bellissimo itinerario da non percorrere quando possono esserci ancora tracce di ghiaccio sul sentiero che si spinge all’interno della gola del Lentre. Questo, infatti, pur mantenendosi ampio e ben percorribile, taglia pendii assai esposti che potrebbero costituire un pericolo se resi scivolosi. L’itinerario, partendo dal forte principale che incombe sul paese, tocca le altre due piccole ridotte che contribuivano, con la loro posizione, ad impedire il passaggio di eserciti che, provenienti dal Colle della Maddalena, intendessero scendere su Cuneo
Accesso: Da Torino a Saluzzo con la A 6 fino a Carmagnola e di qui lungo la S.R. 20 toccando Racconigi (importante castello-residenza sabaudo) e Cavallermaggiore. Senza entrare nella città subalpina ci si mantiene sulla circonvallazione (S.P. 161) proseguendo in direzione di Cuneo, fino a raggiungere il capoluogo. Qui ci si porta al vicino abitato di Borgo S. Dalmazzo, ove si imbocca la S.S. 21 della val Stura, seguendola per i Comuni di Demonte, Aisone e quindi Vinadio(134 km).
Dal parcheggio lungo la S.S. 21 all’ingresso di Vinadio (891 m), si sale tra le strette vie del paese fiancheggiando sulla sinistra la parrocchiale di S. Fiorenzo con bel campanile gotico e raggiungendo un ampio spiazzo circondato dalle pareti in pietra della fortezza albertina. Attraverso una porta preceduta da un ponte dormiente si esce dal villaggio e dalla fortezza che lo racchiude continuando per una stradetta asfaltata che, correndo lungo la destra orografica del Rio Borbone, si dirige verso l’imbocco di una gola delimitata da aspre pareti rocciose. Effettuati due tornanti la stradetta prende quota puntando sempre di più in direzione del valloncello ed incontrando una diramazione che, sulla destra, scende a fondo naturale verso il rio, per raggiungere la cappella di Madonna del Vallone. Lasciando a sinistra la chiesetta ed a destra un cippo commemorativo, si entra in un sentiero ascendente (P 06) che subito piega a sinistra e, fiancheggiato un arco in pietra, guadagna rapidamente quota risalendo il versante sinistro orografico del Borbone. Con svariati tornanti, nel fitto di un bellissimo bosco misto con prevalenza di acero, il tracciato si spinge sempre più in alto, iniziando ad offrire suggestivi panorami sulle montagne circostanti e sul vicino abitato di Podio superiore. Con una svolta a sinistra, finalmente il sentiero attenua la pendenza, puntando decisamente verso nord e spingendosi profondamente nella gola scavata dal corso d’acqua, pur mantenendosi un centinaio di metri al di sopra di esso. E’ questa la parte più esposta del tracciato, cui si faceva riferimento nel breve testo introduttivo dell’itinerario. Dopo un lungo traverso verso settentrione, si giunge ad incrociare una mulattiera pianeggiante, che a sinistra si spinge verso il torrente e verso l’ormai vicino Ponte Lentre. Scelta la via di destra, si cambia direzione di 180° e, in piano, con percorso di alcune centinaia di metri, si raggiunge la costruzione a pianta ellittica del Forte Neghino (1223 m – 1.20 h).
La piccola fortezza e le grange pastorali poste poco distante, sono raggiunte da una strada a fondo naturale che costituirà, almeno parzialmente la via del ritorno. Seguitala per alcune centinaia di metri, quindi, si pone attenzione ad incontrare strette diramazioni (segnavia rossi) che, nel bosco, scendono abbreviando il percorso tra un tornante e l’altro. Una di queste, già piuttosto in basso, taglia il pendio in diagonale offrendo splendide vedute del sottostante abitato di Vinadio e raggiungendo una seconda ridotta conosciuta come “Il Fortino”. Lasciata questa sulla destra si raggiunge il paese, proprio nello slargo circondato dalle mura del forte da cui se ne era usciti. Contornando il perimetro della fortezza, si scende fino ad incontrarne il portale d’accesso che, superato, mette ad un suggestivo ponte in pietra ad arcate, che presto conduce all’ingresso a valle della struttura. Usciti dal forte si volge a sinistra per attraversare, lungo la S.S. 21, il ponte su cui questa supera il fossato che circonda il medesimo. Appena dopo il ponte, dal lato opposto della Statale, una porta in legno consente di accedere ad una bellissima scala coperta che costituiva la parte inferiore della fortezza, destinata a proteggere l’accesso alla val Stura fino all’impetuoso corso del fiume che la discende. Lungo la scala si aprono depositi e magazzini e, di tanto in tanto, si possono ancora notare le piazzole per i pezzi d’artiglieria e le guide in pietra per il brandeggio dei pezzi.
Giunti al fondo della scala si volge a sinistra per attraversale la grande Piazza d’Armi su cui si affaccia la cappella del forte, uscendo poi definitivamente da questo per raggiungere il parcheggio di partenza, attraverso un’area giochi per bambini (2.15 h)


Il Forte di Vinadio
Il poderoso Forte di Vinadio, che sbarra la strada di accesso al paese per chi proviene da monte, sorse su progetto del 1834 conseguente alla decisione dello Stato Maggiore sabaudo di abbandonare la seicentesca area già fortificata di Demonte, per trovarne una più prossima al confine francese. Il forte originariamente in progetto era una struttura a pianta poligonale, caratterizzata da tre grandi quartieri, ognuno circoscritto attorno ad un grande cortile.
In realtà poi in itinere l’idea originale subì numerose modifiche, diventando praticamente un’unica grande batteria, con feritoie aperte a monte, eretta tra il corso dello Stura ed il costone montuoso che forma il versante sinistro orografico del corso del fiume. L’intero complesso, risultò come una grande linea di sbarramento, caratterizzata da due bastionate che lo suddividevano in tre diversi tronconi: Il Fronte Superiore, verso montagna, il Fronte d’Attacco, al centro ed il Fronte Inferiore, verso Stura. Il Fronte d’Attacco, supportato dalla ridotta in quota detta Forte Neghino, veniva anche a sbarrare la strada di accesso all’alta valle Stura, che lo attraversava (e lo attraversa tutt’ora) sottopassando la Porta di Francia. Dal Fronte Superiore, invece, una comunicazione coperta permetteva l’accesso al Fortino, opera più elevata, dotata di numerose aree attrezzate per il fuoco in tutte le direzioni.
Alle spalle della fortezza , a sud dell’abitato era poi stata prevista ed edificata, la grande Caserma Carlo Alberto, nella quale veniva alloggiata la truppa di servizio.
La piena operatività il forte la raggiunse solo nel 1890, quando ebbe in dotazione fino a 45 bocche da fuoco tutte in casamatta.
Nel 1862 il Forte ospitò alcune centinaia di garibaldini, fatti prigionieri nella Battaglia d’Aspromonte. Le uniche vicende belliche che, in qualche modo coinvolsero la struttura, furono quelle dell’ultima guerra, quando vi si svolse un violento scontro fra partigiani che ne occupavano una parte ed i tedeschi. La battaglia si concluse con lo sganciamento dei patrioti verso montagna. La costruzione di questa grande opera di difesa, ovviamente non fu indolore per l’abitato di Vinadio, che venne in parte inglobato nella grande struttura ed in parte demolito per lasciare spazio alla medesima. Nell’occasione vennero abbattute numerose abitazioni, i resti del castello medievale e l’antico cimitero.

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Bref, mais très beau itinéraire à ne pas parcourir lorsqu’il y a encore des traces de glace sur le sentier qui arrive à l’intérieur de la gorge de Lentre. Celui-ci, même si spacieux et facile à parcourir, coupe des pentes très exposées qui pourraient constituer un danger en ca de terrain devenu glissant. L’itinéraire, en partant du fort principal qui surplombe la ville, touche les autres deux petites réduites qui contribuaient, grâce à leur position, à empêcher le passage des armées en provenance du Col de la Larche et ayant le but de descendre sur Coni.

Accès : De Turin à Saluce par la A 6 jusqu’à Carmagnole et d’ici le long de la S.R. 20 en touchant Raconis (important château-résidence savoyarde) et Cavalimours (Cavallermaggiore). Sans entrer dans la ville subalpine l’on garde la périphérique (S.P. 161) en continuant vers Coni, jusqu’à joindre le chef-lieu. D’ici l’on prend pour la ville voisine de Borgo S. Dalmazzo, où l’on prend la S.S. 21 de la vallée Stura, en la suivant en traversant les communes de Demonte, Aisone et puis Vinay (134 km).

À partir du parking le long de la S.S. 21, à l’entrée de Vinay (891 mt), l’on monte par les étroites rues du village en bordant sur la gauche la paroisse de S. Florent avec le beau cloché gothique et rejoignant un vaste espace ouvert contourné par les parois en pierre de la forteresse « albertina ». En passant par une porte précédée par le pont-levis l’on sort du village et de la forteresse qui l’entoure en continuant par une ruelle asphaltée qui, se déroulant le long de la droite orographique du Rio Borbone, va vers l’entrée d’une gorge contournée par des âpres parois rocheuses. Après deux lacets la ruelle prend de l’altitude en allant encore en direction du petit vallon et en arrivant à une bifurcation qui, sur la droite, descend, en terre battue, vers le ruisseau, pour puis arriver à la chapelle de la Madone du Vallon. En laissant sur la gauche la petite église et sur la droite une borne commémorative, l’on prend un sentier qui monte (P 06) et qui juste après tourne à gauche et, une fois bordé un arc en pierre, gagne rapidement de l’altitude en remontant le côté orographique gauche du Borbone. Par de nombreux lacets, au cœur d’un bois très beau et mixte avec prévalence d’érables, le chemin se dirige toujours plus en haut, en offrant des panoramas suggestifs sur les montagnes toutes autour et sur le voisin hameau de Podio Superiore. Par un virage à gauche, le sentier enfin réduit sa pente, en se dirigeant brusquement vers le nord et en s’introduisant profondément dans la gorge excavée par le cours d’eau, même s’il reste à une centaine de mètres au-dessus. Celui-ci est le côté plus exposé du parcours auquel l’on faisait référence dans le bref texte introductif sur l’itinéraire. Après une longue traversée vers le nord, l’on arrive à croiser une muletière à plat, qui sur la gauche se dirige vers le torrent et vers le voisin Ponte Lentre. Une fois que vous avez choisi la route sur la droite, l’on change de direction de 180° et, à plat, par un parcours de quelques centaines de mètres, l’on arrive à la construction à base elliptique du Fort Neghino (1223 mt – 1.20 h).

La petite forteresse et les chalets des bergers situés à proximité, sont joignables par une route en terre battue qui servira, au moins partiellement, de parcours de rentrée. Il faut la suivre pour quelques centaines de mètres et, puis, il faut faire attention à plusieurs diramations étroites (signalisations rouges) qui, au milieu du bois, descendent en réduisant le parcours entre un lacet et l’autre. Une de celles-ci, déjà plutôt en bas, coupe la pente en diagonale en offrant des vues magnifiques du village sous-jacent de Vinay et puis l’on peut arriver à une deuxième redoute connue en tant que « Il Fortino ». Une fois quittée cette dernière sur la droite l’on arrive au village, juste dans l’espace ouvert entouré par les murs du fort duquel l’on vient de sortir. En contournant le périmètre de la forteresse, l’on descend jusqu’à se trouver devant la porte d’accès qui, une fois dépassée, donne sur un suggestif pont à arches en pierre, qui amène rapidement à l’entrée aval de la structure. Une fois sortis du fort, l’on prend sur la gauche pour traverser, le long de la S.S. 21, le pont sur lequel la route dépasse le fossé qui l’encercle. Juste après le pont, sur le côté opposé de la route Nationale, une porte en bois permet d’accéder à une très belle salle couverte qui constituait la partie inférieure de la forteresse, destinée à protéger l’accès à la vallée Stura jusqu’au cours impétueux du fleuve qui la parcourt. Le long de l’escalier s’ouvrent des dépôts et des magasins et, de temps en temps, l’on peut encore remarquer les emplacements pour les pièces d’artillerie et les guides en pierre pour le balayage.

Une fois arrivés au bout de l’escalier, l’on prend sur la gauche pour traverser la grande Place d’Armes sur laquelle donne la chapelle du fort, pour puis sortir définitivement et joindre le parking du départ, à travers une aire jeux pour enfants (2.15 h)

Le Fort de Vinay (Vinadio)
L’imposant fort de Vinay, qui barre la route d’accès au village pour ceux qui arrivent d’amont, surgit sur la base d’un projet de 1834 conséquent à la décision de l’État Major savoyard d’abandonner la zone du XVII siècle, déjà fortifiée, de Demonte, afin d’en trouver une plus proche à la frontière française. Le fort, selon le projet originaire, était une structure à base polygonale, caractérisée par trois grands quartiers, chacun situé autour d’une grande courte.
En réalité à la suite des événements, l’idée originale subit de nombreuses modifications, en devenant pratiquement une seule grande batterie, avec des fentes ouvertes vers amont, érigée entre le cours du fleuve et la crête montagneuse qui forme le versant orographique gauche du cours du fleuve. L’entier complexe résulta en tant qu’une grande ligne de barrage, caractérisée per deux bastions qui le subdivisaient en trois tronçons différents : Le Front Supérieur, vers la montagne, le Front d’Attaque, au centre et le Front Inférieur, vers le Stura. Le Front d’Attaque barrait aussi la route d’accès à la haute vallée Stura, qui le traversait (et qui le traverse encore) en passant au-dessous de la Porte de France. À partir du Front Supérieur, par contre, une voie couverte de communication permettait l’accès au petit Fort, œuvre plus élevée, dotée de nombreux emplacements équipés pour faire feu dans tous les sens.
Derrière de la forteresse, au sud de l’hameau, était puis prévue et édifiée la grande Caserne Carlo Alberto, dans laquelle l’on abritait les troupes de service.
La pleine opérativité du fort eut lieu seulement en 1890, lorsqu’il fut doté jusqu’à 45 bouches de feu, toutes en casemate.
En 1862 le Fort abrita quelques centaines de garibaldiens, pris prisonniers dans la Bataille d’Aspromonte. Les seuls événements de guerre dans lesquels la structure fut engagée, furent ceux de la dernière guerre mondiale, lors qu’il y fut un violent effrontément entre les partisans, qui en occupaient une partie, et les allemands. La bataille termina avec le décrochage des patriotes vers la montagne. Naturellement la construction de cette grande œuvre de défense ne fut pas sans douleur pour la ville de Vinay, qui fut en partie inclue dans la grande structure et en partie démolie afin de lui laisser de l’espace. À l’occasion furent abattues de nombreuses maisons, les ruines du château médiéval et l’ancien cimetière.




















mercoledì 18 agosto 2021

#Passeggiare tra le Opere Fortificate: l'ex dogana del Moncenisio

Ex Dogana del Moncenisio - M.te Malamot (Moncenisio)


Difficoltà: E
Tempo: ore 2.30
Dislivello: 909 m

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Difficulté: E
Temps: 2.30 h.
Dénivèlement: 909 m
t
  

Dalla base della grande diga del Moncenisio, si raggiunge il vicino e suggestivo villaggio abbandonato di Grand Croix 2005 m, per imboccare poi una carreggiabile sterrata che dopo poche decine di metri si biforca. Tralasciando la deviazione di destra, che porta verso la diga, si prosegue a sinistra iniziando a salire e passando sotto l’incombente Fort Varisel. Voltando ancora a sinistra a una successiva deviazione ci s’inerpica lungo un costone erboso, sempre seguendo l’ex rotabile militare, in più punti rovinata. Con numerosi tornanti la strada guadagna quota superando numerosi baraccamenti in rovina e attraversando ampie e verdissime zone pascolive d’alta quota. Lasciata a sinistra l’ex carrettabile che si dirige verso il lago Bianco, la strada, ormai ridotta a un tratturo, con ampi tornanti guadagna facilmente la sommità del monte Malamot 2914 m, dov’è collocata una postazione militare dotata di cupola blindata (2,30 h da Grand Croix).


La Caserma difensiva e le batterie Malamot

Assai ardita e posta a 2914 m di quota sulla cima dell’omonimo monte, la caserma difensiva del Malamot è, per quanto diruta, ancora oggi distinguibile, anche da grande distanza, appena al di sotto della vetta del rilievo, era servita da una strada carrozzabile la cui realizzazione fu una vera impresa. Essa faceva parte di un vasto complesso di fortificazioni italiane, erette a protezione dell’importante valico stradale del Moncenisio, cui facevano capo, più in basso, anche parecchie altre opere militari.

La necessità di fortificare e proteggere l’ampio pianoro del Moncenisio, infatti, si fece sentire sin dal 1860, quando la Maurienne, un tempo piemontese, venne ceduta alla Francia assieme a tutta l’area regionale della Savoia. Da questo momento in avanti il Moncenisio divenne una tra le massime fonti di preoccupazione italiana, tanto più quando, con l’adesione alla Triplice Alleanza (1882), la Francia fu considerata un nemico da cui guardarsi. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dunque, s’iniziò a progettare una linea difensiva capace di rendere il passo inespugnabile. Osservando il pianoro dalla grande diga in terra battuta realizzata negli anni Cinquanta e posta all’estremità meridionale del lago, si possono

individuare tre grandi complessi fortificati a sinistra e a destra del grande specchio. A sinistra, balzano subito agli occhi le poderose strutture del forte Varisel e della batteria del Malamot, posta in cima alla montagna omonima; a destra non si può non vedere la grande mole del forte Roncia. Un tempo, dove oggi si erge la grande diga che sbarra il lago artificiale era anche posizionato il forte Cassa, demolito negli anni Cinquanta proprio per lasciar posto al grande sbarramento.

Tornando alle opere del Malamot, converrà dire che tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta dell’Ottocento, lungo le pendici del monte furono edificate una serie di opere di cui oggi sono visibili solo pochi resti: le batterie delle Fusere Alte e i ricoveri del Giaset. Più in alto la caserma difensiva, eretta nel 1889 a ridosso della linea di confine e in grado di alloggiare 200 uomini e 4 ufficiali e armata con 4 potenti mitragliatrici Gardner. Più in basso, al colletto Malamot (a quota 2810 m), ancora oggi si notano i ruderi della batteria Malamot, realizzata in barbetta anch’essa nel 1889 e armata con 12 cannoni da 149 G. Negli anni Trenta del Novecento, con la realizzazione del Vallo Alpino, tutte queste strutture vennero sostituite da più efficienti opere in caverna. Tra queste, la cupola in acciaio ancora oggi visibile sulla cima del Malamot, dotata di 4 feritoie per mitragliatrici e collegata a un bunker realizzato parte in galleria e parte in calcestruzzo, che poteva ospitare 30 uomini. Nel 1944 le postazioni del Malamot furono occupate da reparti tedeschi che le munirono con pezzi anticarro. Con queste armi, ai primi di aprile 1945 i nazisti riuscirono a respingere l’attacco francese scatenato sull’intero settore.

Abbandonata con il trattato di pace italo-francese del 1947 la fortezza iniziò molto rapidamente a deperire, subendo poi saccheggi ed asportazioni anche facilitate dall’esistenza di una strada di arroccamento.

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À partir de la base de la grande digue de Montcenis, l’on arrive au voisin village abandonné et très suggestif de Grand Croix, 2005 mt, pour prendre puis une carrossable en terre battue qui se bifurque après quelques dizaines de mètres. En dépassant la déviation sur la droite, qui amène à la digue, l’on continue sur la gauche en commençant à monter et en passant au-dessous de l’incombent Fort Varisel. En tournant encore à gauche, à l’hauteur d’une déviation successive, l’on grimpe le long d’une pente herbeuse, toujours en suivant l’ex route militaire, ruinée à plusieurs endroits. À travers de nombreux lacets, la route prend de l’altitude, en dépassant des baraquements en ruine et en traversant des grandes zones très vertes de pâturage d’hauteur. Une fois quittée à gauche l’ex carrossable qui monte vers le lac Bianco, la route, désormais devenue qu’une route pastorale, par des grand virements gagne facilement la sommité du mont Malamot 2914 mt, où se trouve un emplacement militaire doté d’une coupole blindée (2,30 h de Grand Croix).


La Caserne défensive et les batteries Malamot
Très audacieuse et située à 2914 mt d’hauteur sur le sommet du mont homonyme, la caserne défensive du Malamot, malgré qu’elle soit ruinée, est encore visible aujourd’hui, même de très loin. Elle est située au-dessous de la montagne, et elle était desservie par une route carrossable dont la réalisation fut un grand exploit. Elle faisait partie d’un grand complexe de fortifications italiennes, érigées à protection de l’important col routier du Montcenis, autour duquel se trouvaient, plus en bas, également d’autres nombreuses œuvres militaires.

En effet, la nécessité de fortifier et de protéger le grand plateau du Montcenis se manifesta déjà à partir de 1860, lorsque la Maurienne, piémontaise auparavant, fut cédée à la France avec tout le reste de la Savoie. À partir de ce moment le Montcenis devint une des plus grandes sources de préoccupation pour l’Italie, d’autant plus dès que, avec l’adhésion à la Triple Alliance (1882), la France fut considérée un ennemi dont se méfier. À partir de la deuxième moitié de 1800, donc, l’on commença à projeter une ligne de défense capable de rendre imprenable le col. Si l’on observe le plateau de la grande digue en terra battue réalisée au cours des années ‘50 et située à l’extrémité sud du lac, l’on peut apercevoir trois grands complexes fortifiés à gauche et à droite du grand miroir du lac. À gauche, tout de suite sautent aux yeux les imposantes structures du fort Varisel et de la batterie du Malamot, située sur le sommet de la montagne homonyme; à droite l’on ne peut pas faire sans voir la grande taille du fort Roncia. Une fois, où aujourd’hui se dresse la grande digue qui barre le lac artificiel, il y avait aussi le fort Cassa, démolis au cours des années ‘50 juste pour faire place au grand barrage. En revenant sur les œuvres du Malamot, ça vaut la peine de dire que, entre la fin des années ’80 et la première moitié des années ’90 du XIX siècle, le long des pentes du mont fut érigée toute une série d’œuvres dont aujourd’hui n’est plus visible que très peu des restes : les batteries des Fusere Alte et les refuges du Giaset. Plus en haut la caserne défensive, érigée en 1889 à proximité de la ligne de frontière, en mesure d’abriter 200 soldats et 4 officiers, armée par 4 puissantes mitrailleuses Gardner. Plus en bas, au petit col Malamot (altitude 2810 mt), encore aujourd’hui l’on remarque les ruines de la batterie Malamot, réalisée elle aussi en barbette en 1889 et armée par 12 canons de 149 G. Au cours des années ’30 du XX siècle, avec la réalisation du Mur Alpin, toutes ces œuvres furent remplacées par des structures en caverne plus efficientes. Parmi celles-ci, la coupole en acier visible encore aujourd’hui sur le sommet du Malamot, dotée de 4 fentes pour mitrailleuses et connectée à un bunker réalisé en partie en tunnel et en partie en béton, et qui pouvait abriter 30 hommes. En 1944 les emplacements du Malamot furent occupés par des unités allemandes qui les équipèrent par des pièces contre-char. Avec ces armes, au cours des premiers jours d’avril 1945, les nazis réussirent à repousser l’attaque française lancée dans l’entier secteur.

Abandonnée à la suite du traité de paix italo-français de 1947, la forteresse commença très rapidement à tomber en ruine, en subissant en suite des pillages et des vols, facilités aussi par la présence d’une route de retranchement.


















 


mercoledì 11 agosto 2021

#Passeggiare tra le Opere Fortificate: Monte Freide

Anello: Grange Collet – Colle di Bellino – Monte Bellino – Col de la Val Fissela – Monte Albrage – Passo del Lauset – Monte Freide – Passo di Rui – Colle Gregouri – Grange Collet


Punto di partenza: Grange Collet (Acceglio)
Quota massima: 2999 m
Dislivello: 1238 m
Tempo : 8 h
Difficoltà: EE
Tipo di percorso: sentieri segnalati e tracce
Attrezzatura: normale dotazione escursionistica
Periodo consigliato: luglio - ottobre
Cartografia: I.G.C. n. 7 1:50.000; Fraternali n. 11 1:25.000

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Point de départ : Grange Collet (Acceil)
Altitude maximale : 2999 mt
Dénivèlement : 1238 m
Temps : 8 h
Difficulté: EE
Type de parcours : sentiers avec des signalisations et des traces
Équipement : dotation normale pour excursions
Période recommandée : juillet - octobre
Cartographie : I.G.C. n. 7 1:50.000; Fraternali n. 11 1:25.000

 
Questa escursione che, richiede, per la sua lunghezza, un notevole impegno fisico, val la pena di essere percorsa per la inusitata bellezza degli scenari che offre. Non infrequente l’incontro, lungo la cresta che unisce il Monte Bellino al Monte Freide di branchi anche consistenti di stambecchi in cui le femmine ed i piccoli sono rigorosamente separate dai maschi, che soggiornano pigramente sulle pietraie.

Accesso: Da Torino allo svincolo di Carrù seguendo la A6 Torino-Savona, qui si passa sul tratto praticabile della Asti-Cuneo A 33, proseguendo fino alla zona industriale di Cuneo ed imboccando qui la S.P. 589 prima e la SP 174 poi, con la quale si giunge a Dronero. Dal centro della cittadina si imbocca la S.S. 22 della val Maira fino al suo culmine: Acceglio. Di qui, per buona rotabile, si fiancheggiano gli abitati di Ponte Maira, Saretto e Chiappera ove la strada, oltre un grande parcheggio, diventa a fondo naturale. Dopo 5 Km di buona carrareccia si raggiungono finalmente le Grange Collet (km 140 Da Torino)

Itinerario: Dalle Grange Collet (2007 m), si prosegue sulla rotabile sterrata deviando a destra, lungo il sentiero T 16 per il Colle di Bellino, al primo bivio che si incontra. Fiancheggiate due baite isolate, si giunge ad un punto in cui un grosso corso d’acqua attraversa la strada. Senza guadarlo, si entra in un sentiero (sempre T 16-GTA) che nasce a sinistra e che in breve porta ad una passerella in legno sulla quale si varca il rio. Lasciata a destra la Grangia Rabet (2024 m), il sentiero entra nel vallone di Ciabriera, risalendolo per verdissimi pascoli e toccando le Grange Marin e TuréSubeyran (2225 m). Piegando a destra il tracciato rimonta costoni più ripidi, fino a giungere in un punto (2450 m circa), in cui sulla destra si stacca il sentiero più esile conducente al Monte Maniglia. Tralasciata questa traccia si continua a destra su bel sentiero GTA che, superando alcuni risalti, raggiunge il Colle di Bellino 2804 m, con un’ultima serie di tornanti poco impegnativi (2 h).

Volgendo a destra, dal Colle si effettua una serie di zig-zag su comodo sentiero ricavato in una pietraia di fine detrito per giungere in vetta, in 15 min. al panoramico Monte Bellino 2942 m. Dal monte ci si abbassa leggermente verso il Col Traversiera (2854 m) per individuare un sentiero a mezzacosta che, fiancheggiate strutture militari dell’ultima guerra, parte del Vallo Alpino del Littorio, si dirige verso il roccioso Monte Albrage puntando verso sud, tagliando un ripido pendio lato Traversiera raggiungendo, con alcuni saliscendi e passando per tratti franati ed un ultima erta il Colle della Val Fissela 2874 m (ore 3.15 dalla partenza).

Di qui, volgendo a destra verso un evidente casamatta e seguendo esili tracce di sentiero qui e là segnalate da ometti in pietra, si superano due risalti rocciosi con passi di I° grado e rimontando facilmente la cuspide della montagna (2999 m), costituita di lastroni inclinati.

Tornati al Colle della Val Fissela si procede in senso opposto rispetto al Monte Albrage, giungendo in moderata pendenza al vicinissimo Passo del Lauset (2889 m) tagliando un pendio detritico. Dal Passo, per cresta erbosa, in circa 15 min. si tocca la vetta del Monte Freide (2967 m), ultima cima del percorso (4.30 h).

Tornati al Passo del Lauset, a questo punto si scende, fiancheggiando il rudere di una caserma, al non lontano sentiero che risale il fondo del Vallone di Traversiera (T 11) che va imboccato verso valle. Perdendo leggermente quota, si scende fino al bivio con il tracciato (T 18) adducente al Colle Rui 2708 m, prendendo a destra, si risale brevemente per pervenire al passo.

Procedendo verso destra, su sentiero (T 17) si scende per prati in moderata pendenza, fino a raggiungere una stretta insellatura erbosa (La colletta 2556 m) aperta tra il Vallone del Maurin e quello di Cervèt. Con strette serpentine, il tracciato di qui si abbassa rapidamente, passando poco al di sotto di una grande caserma in buono stato di conservazione ed infilandosi nel valloncello che da Chiappera sale al Col Greguri, dominato dall’incombente gruppo roccioso Castello-Provenzale. Intercettato il sentiero che ne percorre il fondo (T 12) e volgendo a destra per risalirlo faticosamente con tornanti fino al Colle (2310 m), ove spicca un bunker in C.A. (7 h). Passati sul versante opposto del Colle, con visioni mozzafiato sul gruppo Castello Provenzale, si scende per il sentiero (T 14), inizialmente poco inclinato, che giunto al di sopra di due baite inizia a calare rapidamente, giungendo sul fondo del vallone del Maurin in prossimità di una cappelletta. Di qui, volgendo a sinistra, in breve si torna alle Grange Collet (8 h).

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Cette excursion qui demande, en raison de sa longueur, un effort physique remarquable, vaut la peine d’être effectuée en considération de la beauté inhabituelle offerte par les panoramas. Pas trop rare la rencontre, le long de la crête qui unit le Mont Bellino au Mont Freide, de troupeaux, à la fois consistants, de bouquetins où les femelles et les petits sont rigoureusement séparées des mâles, qui se promènent paresseusement sur les pierrailles.

Access : De Turin à la sortie de Carrù en suivant la A6 Turin-Savone, d’ici l’on passe au tronçon carrossable de l’Asti-Coni A 33, en continuant jusqu’à la zone industrielle de Coni et puis en prenant d’abord la S.P. 589 et ensuite la SP 174, par laquelle l’on arrive à Dronero. En partant du centre ville l’on prend la S.S. 22 de la vallée Maira jusqu’au sommet : Acceil. D’ici, par une belle carrossable, l’on contourne les villages de Ponte Maira, Saretto et Chiappera où la route, une fois franchi un grand parking, devient en terre battue. Après 5 Km de bonne piste l’on arrive enfin aux Granges Collet (km 140 de Turin).

Itinéraire: À partir des Granges Collet (2007 mt), l’on continue sur la route en terre battue en tournant à droite, le long du sentier T 16 pour le Col Bellino, à la première bifurcation. Une fois bordés deux chalets isolés, l’on arrive à un endroit où un grand cours d’eau traverse la route. Sans le passer à guet, l’on prend un sentier (toujours T 16-GTA) qui commence sur la gauche et que dans un bref délai amène à une passerelle en bois sur laquelle l’on traverse le ruisseau. Une fois quittée sur la droite la Grangia Rabet (2024 mt), le sentier rentre dans le vallon de Ciabriera, en montant par des pâturages très verts et en touchant les Granges Marin et Turé Subeyran (2225 mt). En prenant sur la droite, le sentier monte sur des pentes plus raides, jusqu’à arriver à un endroit (2450 mt env.), où, sur la droite, commence le sentier plus petit qui amène au Mont Maniglia. Abandonnée cette trace, l’on continue sur la droite sur le beau sentier GTA qui, en surmontant quelques aspérités, rejoigne le Col Bellino 2804 mt, par une dernière série de lacets pas trop difficiles (2 h).

En tournant sur la droite, du Col l’on suit une série de zigzag sur un sentier agréable excavé dans une pierraille de fins débris, pour arriver ensuite au sommet, in 15 min. du pittoresque Mont Bellino 2942 mt. À partir du sommet l’on descend légèrement vers le Col Traversiera (2854 mt) pour retrouver un sentier à demi-côte qui, en bordant des structures militaires de la dernière guerre mondiale, se départ du Val Alpin du Littorio, en direction du rocheux Mont Albrage pointant vers le sud, en coupant une pente raide côté Traversiera et en rejoignant, par des hauts et des bas et des tronçons partiellement effondrés et une dernière montée, le Col de la Val Fissela 2874 mt (3.15 h. du départ).

D’ici, en tournant sur la droite vers une casemate encore visible et en suivant des faibles traces du sentier marquées ici et là par des cairns en pierre, l’on franchi deux petites crêtes rocheuses avec des passages de 1er degré et puis l’on remonte la cuspide de la montagne (2999 mt), caractérisée par des dalles inclinées.

Une fois retournés au Col de la Val Fissela l’on continue dans le sens opposé par rapport au Mont Albrage, en arrivant par une modeste pente très proche au Col du Lauset (2889 mt) en traversant une pente pleine de débris. Du Col, par une crête herbeuse, en 15 min. env., l’on arrive au sommet du Mont Freide (2967 mt), dernier sommet du parcours (4.30 h).

Une fois rentrés au Col du Lauset, à ce point l’on descend en bordant les ruines d’une caserne, au très proche sentier qui remonte le fond du Vallon de Traversiera (T 11) qu’il faut prendre en direction de la vallée. En perdant légèrement d’altitude, l’on descend jusqu’à la bifurcation avec le tracé (T 18) qui amène au Col Rui 2708 mt, en prenant sur la droite, l’on remonte pour arriver rapidement au col.

En marchant vers la droite, par le sentier (T 17) l’on descend par des prés en pente modérée, jusqu’à rejoindre une étroite sellette herbeuse (La Colletta 2556 mt) ouverte entre le Vallon du Maurin et celui de Cervèt. Par des serpentines très étroites, ici le tracé se baisse rapidement, en passant peu au-dessous d’une grande caserne en bon état de conservation pour puis glisser dans le petit vallon qui de Chiappera monte au Col Greguri, dominé par l’incombent massif rocheux Castello-Provenzale. Croisé le sentier qui se déroule sur le fond (T 12), il faut tourner à droite pour le remonter péniblement par des lacets jusqu’au Col (2310 mt), où se démarque un bunker en béton armé (7 h). Une fois passés sur le versant opposé au Col, avec de vues à couper le souffle, sur le massif Castello Provenzale, l’on descend par le sentier (T 14), au début peu incliné, mais qui, une fois arrivé au dessus de deux chalets, commence à descendre rapidement pour arriver au fond du vallon du Maurin en proximité d’une petite chapelle. D’ici, en tournant sur la gauche, dans un bref délai l’on revient aux Granges Collet (8 h).