Il Forte di Fenestrelle e le fortificazioni dello spartiacque Susa – Chisone
Escursioni a piedi e in bicicletta attorno a fortezze dimenticate".... quegli angoli enormi, quelle verticali temerarie, quei cantoni grandiosamente ordinati come d'un ammasso formidabile di macigni precipitanti danno l'immagine di un linguaggio muto che dica cose solenni e tremende, le quali si sentano confusamente, senza comprenderle, ma che, se comprese, ci farebbero tremare le ossa, come la rivelazione di un sistema sovrumano...." . Con queste parole, Edmondo de Amicis, nel suo prezioso Alle pone d'Italia descrive il turbillon di emozioni che lo sopraffecero quando si accostò per la prima volta alla poderosa fortezza di Fenestrelle. In effetti, un'opera così grandiosa ed imponente, che si sviluppa sul fianco di un costone boscoso per ben 365 m di dislivello (dai 1135 del Forte Carlo Alberto ai 1770 del Forte delle Valli), non può non suscitare sensi di impressione, ammirazione e, più o meno inconsciamente, pietà per quelli che la costruirono. Questo capitolo vuole al tempo stesso essere una sommaria ricostruzione delle vicende che hanno segnato la storia del baluardo e di tutte le fortezze che, nel tempo, sono venute ad affiancarlo per completarne la funzione protettiva.
La storia
Fenestrelle: la fortezza principale
Posto in strozzatura naturale, della Val Chisone (conca che già trae la sua denominazione dall'aggettivo latino clausus - 'chiuso'), il villaggio di Fenestrelle è sempre stato, nella mente degli strateghi francesi e piemontesi, il luogo ideale per arrestare gli eserciti che, avessero tentato di scendere verso la pianura torinese o o di valicare il Colle del Monginevro. Frontiera del grande regno alpino dei Re Cozii (il toponimo "Fenestrelle" deriva dall'antica denominazione Finis Terrae Cottii") la località fu assimilata nell'alto medioevo dai Delfini di Vienne, quindi nel 1349 dal Regno di Francia e, assieme a tutto il tratto di valle compreso tra Sestriere e Meano, soltanto con il trattato di Utrecht, che poneva conclusione alla guerra di successione al Trono di Spagna, passò in mano sabauda. Proprio i transalpini alla fine del XXVII secolo, poco prima della cessione di Pinerolo e dell'intera Val Chisone al Piemonte e del consolidarsi del piccolo Ducato subalpino, iniziarono a pensare alla possibilità di difendere i confini del loro stato, rafforzando i loro già consistenti sbarramenti creati dalla natura selvaggia del luogo. Alla bisogna, scelsero però un luogo assai inopportuno, in quanto ricavato ai piedi del M. Andour, su una radura a 1215 m, del tutto esposta alle bocche da fuoco eventualmente posizionate sul costone opposto. Sorse così, nel giro di pochi anni, il Forte Mutin (nome che voleva ricordare i locali ribelli francesi - detti appunto "Mutins" -, abituati a far scorribande contro le popolazioni cattoliche del bacino), già originariamente contestato dal famoso architetto militare Vauban, costruttore delle vicine roccheforti di Briangone Mont Dauphin. Ultimato nel 1707, esso aveva una pianta vagamente pentagonale con tre lati protetti da fossato, quattro ridotte, (Albergian, Andorno, Bergonier ed Eidoux) erette lungo le pendici del M. Andour, una grossa polveriera, la cappella e le scuderie ed ancora oggi parzialmente visibile poco sopra la centrale idroelettrica della R.I.V. I timori del Vauban, comunque, si rivelarono quanto mai fondati già addirittura un anno dopo la posa dell'ultima pietra del Forte Mutin. Nel 1708, infatti, nel corso di quella Guerra di Successione al Trono di Spagna che avrebbe dovuto segnare il definitivo passaggio della Val Pragelato (alta Val Chisone) in mani sabaude, Vittorio Amedeo 11 di Savoia, primo Re del Piemonte, calato dal Colle delle Finestre allestì il campo di Balboutet, con un'idea di prendere d'assalto il recentissimo fortilizio, che lui sapeva sguarnito e collocato in posizione inefficace. Interrotti i collegamenti fra il presidio fenestrellese e le truppe subalpine accampate al Grand Puy (Pragelato), il sovrano subalpino chiuse in una morsa il Mutin facendolo aggredire dalla Val Perosa dalle truppe del Marchese Andorno di Parella, che erano riuscite a collocare delle bocche di fuoco sul M. Andour e di qui a bombardare dall'alto il bastione (ecco dove stava il suo tallone d'Achille!). Tutto finì il 31 agosto di quell'anno, e con la successiva e già ricordata pace di Utrecht, siglata nel 1713, la struttura divenne piemontese, come d’altronde il bacino che essa doveva difendere. Vittorio Amedeo, ben comprendendo i limiti della fortezza, dispose di affiancarla ad un'altra più poderosa da costruirsi sul crinale roccioso costituente la crinale sud del M. Orsiera. I lavori, di cui fu incaricato l'ingegnere militare Ignazio Roveda (meglio conosciuto come Ignazio Bertola), iniziarono nel 1727 dal ripristino dello stesso Forte Mutin e dalla riparazione delle vecchie strutture delle Fattiere e delle Finestre, anch'esse già francesi, poste a monte dell'attuale Forte delle Valli. Il cuore pulsante del nuovo bastione, comunque venne predisposto su un ampio spiazzo naturale sito poco a monte del letto del Chisone e prese il nome di Forte S. Carlo, perché edificato durante il regno di Carlo Emanuele III. Quest'opera, progettata dal Bertola, ma portata a termine verso la fine degli anni '30 del '700 dall'ingegnere Vittorio Amedeo Marino de La Marche, fu eretta con l'apporto di operai locali, stranieri (provenienti da altri Stati italiani e soprattutto dal Lombardo-Veneto), soldati del presidio e forse da forzati, fatti arrivare dalle galere di Torino e di Pinerolo. Dal Forte S. Carlo, costituito dalla palazzina ufficiali, dal palazzo del comando (del Governatore) e dalla cappella, oltre naturalmente le strutture logistiche (piazza d'armi, alloggiamenti truppa, ospedale, corpo di guardia, piccola polveriera, fucina ecc.), si diparte una scala coperta (cfr. itinerario n° 9) di 3996 gradini in pietra, che lo collega al Forte Tre Denti, alla grande polveriera di S. Ignazio (titolo ovviamente attribuitole dal Bertola), collocata in posizione alquanto isolata ed al più recente Forte delle Valli. Proprio quest'ultimo baluardo, posto poco al di sotto del famoso Prà Catinat, splendida radura pascoliva in cui l'omonimo generale francese pose il campo nel 1692, per quanto iniziato già nel 1728 fu ultimato soltanto a fine secolo (nel 1786), perché neccessitante di poderose opere di scarpamento, dovute alla durezza del serpentino che si trovava sul posto. Questo stesso tipo di roccia, scavata per lasciare spazio al bastione, fu poi utilizzata per edificare e rafforzare il medesimo e le piazzeforti sottostanti; alcune cave, infatti, sono ancora oggi visibili nella zona di Prà, Catinat, lungo le mura orientali della struttura stessa.
Come ultima opera, a completamento dello sbarramento della Valle, fu infine costruito il Forte Carlo Alberto, iniziato nel 1836 dal sovrano che gli attribuì il titolo. Esso fu collocato al di sopra della Strada Regia (l'attuale SS n. 23 di Colle del Sestriere), che lo sottopassava in galleria; la costruzione di questo baluardo rese del tutto superfluo il vecchio Forte Mutin, che fu appunto fatto saltare in quel periodo. Importantissima opera difensiva, il Forte di Fenestrelle, pur non essendo mai stato utilizzato in guerra, ebbe un gran ruolo dissuasivo sia nel 1747, quando i Francesi, per evitarlo si scontrarono al Colle d'Assietta con i Piemontesi, sia nel 1799, quando le milizie austro-russe della seconda Coalizione si arrestarono nella bassa Valle, accontentandosi di devastare i villaggi di Roure. Con il miglioramento tecnico delle armi, tuttavia, anche i possenti muri del bastione divennero inefficaci e, superata dagli eventi, verso la fine dell'ottocento la struttura si avviò verso un inesorabile declino. Dopo essere stata un luogo di pena per alcuni prigionieri illustri, di cui si parlerà in seguito, la fortezza divenne più semplicemente una caserma punitiva per ufficiali in stato di detenzione o compagnie che non avevano rispettato le consegne. A seguito delle campagne risorgimentali il bastione divenne luogo di detenzione per i prigionieri dell'esercito borbonico . Molti tra questi prigionieri, abituati a climi ben diversi, non seppero sopportare la denutrizione ed i rigori del freddo alpino (lapide a fianco della cappella, sulla piazza d'armi). Dopo la prima Guerra Mondiale, infine, furono rinchiusi a Fenestrelle ben 400 militari condannati per reati comuni. Divenuto deposito d'artiglieria ad inizio '900 la struttura fu definitivamente abbandonata alla fine del 1946. Nel maggio 1944, i partigiani della 1 Divisione Alpina Autonoma "Val Chisone", per rallentare la marcia ad alcuni tanks tedeschi che stavano salendo lungo la SS n. 23, fecero saltare la parte del Forte Carlo Alberto sotto cui passava la strada, riducendo la struttura al misero rudere che ancora oggi può essere osservato all'ingresso di Fenestrelle.
I Forti complementari
Come già ricordato, fin dai tempi della costruzione del Forte Mutin esistevano, sulle montagne circostanti Fenestrelle, alcuni bastioni isolati a cui era affidato il compito di proteggere la cresta spartiacque Susa-Chisone. Questi, si trovavano sul Colle delle Finestre e presso il Colle delle Fattiere, ed erano stati innalzati, dai Francesi, nel 1690 ed addirittura prima del 1590. La prima delle due opere era una ridotta che i transalpini fecero saltare nel 1707, per non consegnarla nelle mani dei Piemontesi vittoriosi; questi, però la riedificarono a partire dal 1708, affidandone il progetto al già ricordato ingegnere Ignazio Bertola, con lo scopo di sbarrare interamente il valico e renderlo inespugnabile. Dopo la pace di Utrecht tale struttura venne disarmata, ma mantenuta in efficienza, per poi essere totalmente ricostruita nel 1891 ed utilizzata fino al 1928, anno in cui tutte le opere di quel tipo, nella zona, furono abbandonate perché divenute del tutto superflue. Il trinceramento delle Fattiere, invece, era più semplicemente un muro di riparo per i fucilieri, affiancato da alcune baracche (magazzini ed acquartieramenti), collegato al Forte delle Finestre e culminante sulla vicina cima del M. Pintas. Assieme al Forte Mutin, queste opere avevano il compito di sbarrare il corso del Chisone ed impedire che eventuali eserciti nemici, passassero attraverso i valichi alpini tra la Valle in cui erano poste e la finitima Valle di Susa. Con il passare degli anni, soprattutto sotto i Savoia, questa linea difensiva si potenziò, venendo a comprendere i lunghi Trinceramenti dell'Assietta, provvidenzialmente innalzati verso il 1745, pochi anni prima del sanguinoso scontro armato che si svolse su quel Colle e la caserma e la batteria del Gran Serin, realizzate sulla cima e sul valico omonimi, rispettivamente nel 1890 e nel 1897, a completamento dell'intero settore. Anche questi bastioni furono dismessi nel 1928. Tali opere, soprattutto in seguito alla battaglia dell'Assietta, dimostrarono la loro ben scarsa efficacia ed evidenziarono in modo inequivocabile la necessità di affiancarle a bastioni più poderosi in quota, in modo da dissuadere chiunque non solo dal tentare di forzare i fondovalle (protetti dai baluardi di Fenestrelle ed Exilles), ma anche la cresta spartiacque, altrimenti troppo facilmente accessibile. Fu così che a partire dal 1886, presero il via i lavori per la costruzione del possente Forte Serre Marie 1876 m, edificato a poca distanza da Prà Catinat e per la caserma difensiva del Falouel, sita appena a monte della struttura testé menzionata. Il primo dei due presidi evidenzia due corpi, di cui uno adibito a casermaggio e l'altro a batteria; il secondo, altrimenti detto "Blockhaus", per la sua forma cubica, presenta solamente un tetto piano, utile per il posizionamento di alcune bocche di fuoco e tre livelli di alloggiamenti, caratterizzati da muri recanti svariate feritoie per i fucilieri. A questo proposito va ricordato che, secondo alcune testimonianze orali non più verificabili, la caserma del Falouel fu praticamente subito abbandonata dopo la sua costruzione, perché durante le prove di tiro dei due cannoni collocati sul suo tetto, evidenziò ben presto pericolosi cedimenti strutturali.
Il paese, la fortezza e i suoi.... ospiti
Tra i primi anni del '700, quando fu portata a termine la costruzione del Forte Mutin e la fine del secondo Conflitto mondiale, quando l'intera struttura venne abbandonata, Fenestrelle, proprio perché passato in modo subitaneo, da tranquillo paese di montagna a importantissimo presidio militare di confine (prima francese, quindi piemontese), vide la sua vita sociale ed economica profondamente trasformata. Il gran numero di soldati ed ufficiali che circolava per le strade del borgo, che riempiva le sue locande, i suoi negozi e che stringeva amicizia con i giovani e soprattutto con le giovani valligiane, infatti non poteva non influenzare il vivere di tutti i giorni e soprattutto non poteva far si che strutture pubbliche e le imprese locali non si adeguassero rapidamente a questo nuovo corso. Proprio il De Amicis, in un altro brano del suo suggestivo Alle porte d'Italia, ci dà quanto mai un'idea viva e palpabile di come fosse frenetico il flusso della vita fenestrellese in quegli anni: ".... Tutta la città è curiosa a quel modo; variopinta e gaia a primo aspetto, ma come ristretta in sé, per tenersi calda e aduggita, impaurita quasi dai monti altissimi che la dominano da ogni lato. Ad ogni passo s'incontrano soldati in vestito di tele, visi abbronzati d'alpinisti, facce rosate di montanari...." .
Già con la costruzione della fortezza, emerse la necessità di trovare chi potesse occuparsi della sua onerosa manutenzione, del vettovagliamento e dei servizi per la numerosa truppa che la popolava; proprio questi compiti, furono per lo più affidati ad aziende fenestrellesi. Ci ricorda infatti Giuseppe Bourlot, appassionato autore di un'interessante Storia dell'Alta val Chisone, che ad inizio '700, un certo Jaques Guigas (cognome che tradisce un'indubbia origine locale), aveva ad esempio l'appalto per la fornitura di pane alle truppe (ed erano ben 10.000 uomini) accampate a Prà Catinat per le manovre estive, mentre tali Filippo Lippi e Filippo Fina, macellai fenestrellesi, furono incaricati alla fine dell'ottocento, di approvvigionare di carne la nutrita guarnigione di stanza permanentemente nel forte. Allo stesso modo, nello stesso periodo, Achille Fina, figlio del già citato Filippo, si prestò a fare il trasportatore di carichi militari e ad approvvigionare il presidio di legna ed una schiera di atri valligiani (Chiaramello, Berger, Villot, Blanc, Collino ,Clement e Martini) si occuparono rispettivamente della calzoleria, della sartoria, della fornitura di pasta e verdura, del casermaggio, della lavanderia e dei lavori di muratura.
Come già sostenuto, nel bastione, all'inizio del XIX secolo, alcune eminenti figure soggiornarono a Fenestrelle in qualità di prigionieri, per periodi più o meno lunghi. Tra tutti questi spiccano le personalità dello scrittore francese Xavier de Maistre, di Vincenzo Gioberti e del Cardinale Bartolomeo Pacca (1756 - 1844), membro del Sacro Collegio sotto Pio VII, che rimase a Fenestrelle dal 1809 al 1813, accusato da Napoleone I di aver tentato di impedire il trasporto in Francia delle opere d'arte saccheggiate dal Bonaparte nei Musei Vaticani. Proprio il Pacca, nel suo libro di memorie pubblicato a Pesaro nel 1830, lasciò una drammatica, ma realistica descrizione della fortezza, della vita che vi si svolgeva nel periodo in cui egli fu detenuto e di Fenestrelle, la cui atmosfera era parsa tanto gioiosa al De Amicis: ".... Fenestrelle è un piccolo villaggio di 800 abitanti circa e non avrebbe forse l'onore di essere notato nelle carte geografiche, se non desse il nome a quella celebre fortezza. Per più mesi all'anno vi regna un rigidissimo inverno ed in alcuni luoghi de' circostanti monti la neve non si scioglie giammai interamente....".
Per saperne dl più .....
- AA. VV., Il gigante armato – Fenestrelle fortezza d'Europa, Torino 1999
- G. Bourlot, Storia di Fenestrelle e dell'alta Val Chisone, Cuneo 1962
- T. Contino, Fenestrelle, una fortezza del vecchio Piemonte, Torino 1971
- D. Gariglio, Le Fenestrelle – La Grande Muraglia delle Alpi, Torino 1999
- E. Patria, Castelli e fortezze della Val Susa, Torino 1983
- S. Santiano: La fortezza di Fenestrelle - Un segno dimenticato, in Castellum n° 27/28,
Roma 1987
- Tron, Lecchi, Avondo, Lantelme, Sappé, Civiltà alpina e presenza protestante nelle Valli
Pinerolesi, Ivrea 1991
Per ciò che concerne la cartografia ci limiteremo a segnalare le seguenti cartine 1:50.000 I.G.C. , N° 1 (Valli di Susa, Chisone e Germanasca);
I.G.M., foglio n° 154 (Susa) e le tavolette 1:25.000 I.G.M. (Fenestrelle) e (M. Orsiera).
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