Il centro di Perosa viene citato per la prima volta (in quanto Petrosa e Podium Odonis, oggi “Perosa Alta”) in un documento del 1064, con il quale la contessa Adelaide concedeva i diritti di sovranità feudale e di proprietà fondiaria di tale territorio all’abbazia benedettina di S. Maria di Pinerolo.
Il
piccolo villaggio era guardato da un castello e nel suo centro, già allora
intitolata a S. Genesio, vi sorgeva la chiesa, retta da un benedettino
dell’abbazia di Pinerolo.
Alla
morte di Adelaide, scoppiarono dissidi tra grandi feudatari, abbazie e
monasteri della regione subalpina. Ne approfittò Tommaso I di Savoia per
rientrare in possesso degli antichi dominii della famiglia, compresa Pinerolo
di cui fu acclamato signore. Il popolo, da parte sua, rivendicava le prime
libertà comunali e prendevano consistenza forme di dissidenza religiosa e di
protesta ereticale.
Alla
fine del XIII secolo la presenza valdese nelle nostre valli doveva costituire
un fatto tutt’altro che trascurabile, se nel 1297 si decise di inviare a Perosa
un inquisitore. Minacce, multe, confische di beni, torture non diedero tuttavia
i risultati sperati; tanto che, novant’anni dopo, nel 1387, l’inquisitore
Antonio di Settimo lamentava che molti abitanti del luogo non solo aderivano
all’eresia ma addirittura la diffondevano nelle valli vicine.
In
questo periodo (1301-1418) i principi d’Acaja, ramo cadetto dei Savoia, con le
armi e con i matrimoni estesero il loro dominio su quasi tutto il Piemonte,
facendo di Pinerolo la capitale del loro Stato.
Perosa
aveva ottenuto nel corso del XII secolo di organizzarsi in comune rurale sotto
la sovranità dell’abate di S. Maria. Gli Acaja confermarono gli statuti e le
antiche consuetudini, e nel 1420 Amedeo VIII, primo duca di Savoia, aumentò
considerevolmente tali franchigie e privilegi.
Ma,
tormentata terra di confine, oggetto di continua contesa fra Delfini e Savoia
fin dalla morte di Adelaide, la valle subirà soprattutto nel corso del XVI,
XVII e XVIII secolo le tragiche conseguenze della rivalità franco-sabauda e le
popolazioni del luogo pagheranno a carissimo prezzo, in migliaia di vite umane,
falcidiate da guerre, pestilenze e miseria, le ciniche scelte della politica
internazionale.
Andirivieni
di eserciti, alternanza di divise e di signori; trentotto anni di dominazione
francese ad opera di Francesco I e trionfale ingresso a Pinerolo di Emanuele
Filiberto, il 1° gennaio 1575; l’insediamento in valle delle missioni
cappuccine, allo scopo di porre un argine al diffondersi della religione
riformata, con il seguito delle persecuzioni di Carlo Emanuele I nei confronti
della popolazione valdese, relegata sulle terre alla destra del Chisone e
costretta, in parte, all’emigrazione in paesi lontani (con la conseguente
nascita in Germania del villaggio di Perouse, nel comune di Rutesheim): questo
il drammatico quadro della complessa situazione che segna questa contrada tra
il XVI e il XVII secolo.
Ricostruzione della pianta di Poggio Oddone
Son
altri settant’anni circa di dominazione francese, la seconda, durante la quale
la valle ebbe modo di accogliere nuovi illustri ospiti: il Vauban, architetto
di Luigi XIV, che fece di Pinerolo una delle più potenti piazzeforti d’Italia;
D’Artagnan, il famoso moschettiere, che scortò alla cittadella di Pinerolo il
sovrintendente alle finanze del Re Sole, Nicola Fouquet, accusato di
malversazione e ribellione; la famosa quanto misteriosa Maschera di ferro e da
ultimo il famigerato maresciallo Catinat.
A questo
proposito va ricordato che nel 1665, necessitando la fortezza di Pinerolo di
urgenti riparazioni, il Fouquet fu trasferito per un intero anno al forte di
Perosa (edificato dai Savoia nel 1628 sulla spianata di Ciampiano).
Oggetto
di particolarissima attenzione in pace e in guerra per la loro posizione
strategica, le fortificazioni perosine furono inevitabilmente segnate da
alterna fortuna.
Oggi
rimangono pochi resti di tale opera in quanto, nel 1696, con la restituzione di
Perosa ai Savoia, i francesi posero la condizione che ne venisse completamente
demolita la cittadella.
La
stessa sorte era toccata nel 1601 al forte di S. Giovanni, geniale opera di
Ascanio Vittozzi, fatto costruire appena quattro anni prima sul roccione di Bec
Dauphin, l’antico confine tra Delfini e Savoia (il restante rudere faceva parte
di una ridotta francese del 1631).
Il castrum Podii Odonis (come detto, in onore di Oddone di
Savoia, marito della Contessa Adelaide) esisteva già intorno al 1200, in base
ad alcuni documenti[1]
in cui vengono citati i conti della castellania di Perosa. Esso costituiva una
linea di sbarramento concepita soprattutto per contenere l’avanzata dei Delfini
di Vienne. Nel 1246 l’Abate Alboino cede al conte Amedeo IV di Savoia i diritti
sul castello. Il castello viene poi rinforzato durante la dominazione francese
del 1536-1574. In questo periodo la struttura appare molto semplice: una sorta
di ibrido tra un castello tardo medievale con alcune parti (in particolare la
cinta muraria esterna e una delle torri) rispondenti ai criteri costruttivi
delle cosiddette “fortificazioni alla moderna”: “l’opera principale è formata da una struttura a forma di trapezio
rettangolo capovolto […] il muro perimetrale è discretamente robusto, con uno
spessore di metri 1,30, non adatto comunque a sopportare i tiri
dell’artiglieria. La cortina rivolta verso Nord, lunga meno di 20 metri, senza
aperture verso l’esterno e con alle spalle un ampio locale, congiunge due torri
angolari cilindriche, con un diametro esterno di quasi sette metri e mezzo; […]
La torre a Nord Est è dotata di tre feritoie, due delle quali consentono il
controllo radente delle cortine e la terza è rivolta verso l’esterno; l’accesso
avviene dal locale citato in precedenza tramite una scala. Stesse dimensioni è
caratteristiche ha la torre di Nord ovest, ma la scala di accesso parte dal
cortile interno. La cortina Est […] collega la torre Nord Est ad un torrione
squadrato e presenta tre aperture atte ad ospitare l’artiglieria leggera. Il
torrione di Sud Est, concepito e realizzato in tempi più recenti dopo la
comparsa delle artiglierie, è dotato di due bocche per ami da fuoco. […]
all’interno della fortificazione, è presente una torre cilindrica di notevoli
dimensioni (il diametro è di tre trabucchi (circa 9 metri), con mura spesse
oltre due metri; l’accesso avviene da Sud. […] l’opera è protetta da una
recinzione pentagonale esterna […] rinforzata agli angoli da quattro torrette
di forma esagonale. […] Verso Nord risulta presente un discreto fossato che
taglia perpendicolarmente il crestone che risale verso la borgata Forte.”[2]
I primi cenni di cedimento della struttura hanno luogo a cavallo
tra il 1590 e il 1591 quando il maltempo cagiona alcune frane che rovinano
parte delle recinzioni delle cortine esterne; la demolizione del castello risale
al 1593 quando le truppe francesi, guidate dal Lesdiguières, assediano e
conquistano, nella notte tra il 26 e il 27 settembre, il borgo e la struttura
comandato da Francesco Cacherano. “Nel
2002, durante alcuni lavori di posa di un traliccio nella zona dominata dal
faro della libertà, sono riemersi i resti di una delle torri rotonde che
probabilmente facevano parte dell'antico Castello di Poggio Oddone. La tipica base rotonda situa tali resti ad un periodo antecedente
il XVI secolo. Tale area è ora sottoposta a vincolo dei beni culturali ed è
destinata ad ospitare un campo scuola di scavo archeologico”[3].
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