martedì 4 aprile 2023

Caposaldo autonomo Chaberton

 1)   Caposaldo autonomo Chaberton

Il caposaldo autonomo Chaberton si sviluppava attorno alla poderosa batteria di fine ottocento posta sulla cima del monte. La stessa, infatti, sebbene i progetti di ammodernamento e di posizionamento in caverna dell’opera fossero stati avviati, rimase – grossomodo – operativa così come era stata progettata e armata originariamente.

Furono, invece, nell’ambito delle opere del Vallo Alpino, costruiti – sul Colle dello Chaberton a circa 2600 metri di alitudine, un ricovero e due centri di fuoco.

Sul Colle, a destra rispetto alla strada che giunge da Fenils, si possono scorgere i resti del Ricovero 1 e proseguendo oltre sino all’estremità del colle si giunge all'ingresso, ormai quasi del tutto ostruito dal terreno franoso, del Centro 111, dotato di un ingresso e due malloppi per artiglieria.

Dall’altra estremità del colle, salendo in direzione batteria, si rinviene il Centro 112, il cui ingresso è raggiungibile – non senza rischi – con una piccola scala alla marinara ancorata in roccia in posizione esposta. L’opera è analoga alla 111 ed è dotata di due casematte per artiglieria. Particolarità del Centro è che è ancora rinvenibile l' impianto di ventilazione originario.


Sottosettore VII/B

 

1)   Sottosettore VII/B – Gruppo Colli Centrali – Caposaldo Saurel

Caserma Fonte Tana - Fotografia di Simona Pons

Dal Colle della Bercia, per giungere alle opere del caposaldo, occorre imboccare la via per il Lago Nero-Colle Begino. Scendendo verso il Lago Nero, sulla cresta a sinistra sono ancora visibili i ruderi della Postazione 129, monoblocco di tipo 7000 per due postazioni di mitragliatrice. Sulla destra, invece, si scorgono i grossi blocci di calcestruzzo che costituiscono i ruderi dei malloppi e dell’ingresso del Centro 12. Questo era un centro di tipo 200, ormai inagibile in quanto demolito nel dopoguerra, consisteva di due ampi ricoveri, due mitragliatrici per battere la zona del lago e quattro ulteriori mitragliatrici, poste ad un livello più elevato, per coprire la parte più lontana del Lago Nero.

Su un piccolo poggio soprastante, poi, si rinvengono i resti – anch’essi demoliti come per le altre opere della zona – della Postazione O, piccolo ricovero con due armi. Nella vegetazione sottostante si giunge, poi, ad un piccolo sentiero che fungeva da collegamento delle opere della conca. A destra dello stesso si possono incontrare i ruderi del Ricovero XIV, edificato in caverna per ospitare fino a 60 uomini. A sinistra, invece, la Postazione 149 e poco sopra di essa la Postazione 150, erano due opere 7000 armate con due mitragliatrici.

Resti del Centro 12 - Fotografia di Davide Bianco, Luca Grande e Simona Pons

Dalla strada per il Lago Nero, lungo i tornanti di discesa, si possono scorgere nella boscaglia del versante opposto del canalone i resti della Postazione 128, opera 7000 come le precedenti.

Scendendo ulteriormente, non è difficile rinvenire i grossi blocchi che coprono quel che fu l’ingresso del Centro 11, opera di tipo 200 coeva del Centro 12. All’interno un piccolo ricovero ospitava una ventina di uomini e le quattro armi battevano il versante.

Ingresso del Centro 12bis - Fotografia di Davide Bianco, Luca Grande e Simona Pons

Una volta giunti al Rifugio Capanna Mautino, possiamo considerare questo come il fulcro di ogni percorso per giungere alle ulteriori opere. A sinistra, sulle prime pendici di Costa Via Vecchia, si rinvengono i resti della Postazione 127, ben visibili grazie all’integrità della calotta di calcestruzzo. Poco a monte di questa era sito il Ricovero XV, costruito in caverna per circa 60 uomini. Poco a destra di questa v’era la Postazione Q, che, contrariamente alle altre postazioni di tipo 7000, era seminterrato.

Tornando alla Capanna Mautino e risalendo il pendio dietro di esso, si rinviene un fosso anticarro, all’estremità sinistra del quale si rinviene la Postazione 101.

Proseguendo, poi, la discesa verso il lago Nero, dapprima si incontrano i resti della Postazione R, quindi, giunti al parcheggio delle Grange Serveirettes, si possono scorgere nel bosco i resti della Postazione 126.

Giungendo sul costone che finisce nel lago, poi, è agevole rinvenire il sentiero roccioso che conduce al Centro 10, uno dei più estesi del settore. Realizzato su due livelli, il primo constava di un ricovero per una trentina di uomini e di due postazioni per artiglieria per battere il lago e altre quattro per coprire le Grange Serveirettes. Il livello inferiore, munito anch’esso di un piccolo ricovero, vedeva le proprie gallerie diramarsi verso due diverse casematte per cannoni anticarro.

Giunti al lago Nero, ai 2021 metri del rifugio del III Alpini, si possono agevolmente scorgere i resti della Postazione 99, facente parte del Caposaldo Begino. Proseguendo oltre, in direzione Fonte Tana, si oltrepassa ciò che rimane della Postazione 148 e una volta giunti alla fontana ormai secca, appare innanzi a noi la Casermetta di Fonte Tana. Questa, realizzata su due piani, poteva ospitare oltre cento uomini ed era dotato anche di centralino telefonico collegato con le caserme di Bousson.

2)   Sottosettore VII/B – Sbarramento arretrato Monte Cruzeau

Lo sbarramento arretrato di Monte Cruzeau, incuneato tra i vari capisaldi del Gruppo Centrale, constava di tre postazioni di tipo 7000 realizzate sul fondovalle della Ripa all’altezza del Ponte Freddo. Qui eranvi le opere 181, con tre mitragliatrici poste sulla sponda sinistra prima del ponte, 182 con due mitragliatrici poste sul lato destro della vallata oltre il ponte e poco più a monte l’opera 183 per controllare la strada discendente dal Sestriere.

Di tali opere non resta pressoché nulla se non poche tracce assorbite dalla vegetazione.

3)   Sottosettore VII/B – Gruppo Colli Centrali – Caposaldo Begino

Il caposaldo aveva lo scopo di intercettare eventuali incursioni dai Colli Bousson e Bourget e vedeva le proprie opere stanziate tra le Grange Servierettes, il Lago Nero e la Cima Fournier.

«all’altezza di Peira Roia, all’esterno di un tornante, si scorgono in alto i ruderi del blocco d’ingresso del Centro 8 ter, un’opera di tipo 200 realizzata nel 1931-32, caratterizzata da una pianta a « T » e munita di tre casematte metalliche per mitragliatrici.»[1]. L’opera era dotata di un ampio ricovero per ospitare una ventina di uomini. Attulmente, in seguito alle demolizioni, l’opera è visitabile con molta difficoltà.

Dall’opera 8 ter, spingendosi a mezza costa verso nord, in direzione Costa Gran Cottas, si raggiunge la Postazione T, ricovero in caverna per una quindicina di uomini, sovrastata dalla Postazione U, analoga alla prima ma costruita a forma di cavallo con due ingressi diversi.

Proseguendo lungo la strada si incontra, poi, la Postazione 97, monoblocco di tipo 7000 con un piccolo ricovero e due postazioni per un cannone anticarro e una mitragliatrice. Proseguendo oltre, nei pressi degli ultimi tornanti e all’altezza della sorgente di Peira Roia all’altitudine di 2120 metri, si rinviene il Centro 8 bis. Questo, dotato di un piccolo ricovero interno, portava in galleria a tre malloppi situati su livelli diversi che erano armati per 9 mitragliatrici in tutto. La strada prosegue, poi, lasciandosi sulla destra le Postazioni 95 e 96, analoghe alla precedente opera 97.

Giunti al Colle Begino ci si porta lungo la dorsale sinistra in direzione del Monte Corbioun, ove si rinvengono facilmente i ruderi del malloppo della Postazione Z che attraversava il crinale contenendo un piccolo ricovero e giungendo ad un malloppo per mitragliatrice. Poco a monte era sita la Postazione Y annessa al Ricovero XIX, similare ai precedenti.

Sulle pendici del Monte Courbioun era, invece, sito il Ricovero XVIII, grande opera in caverna idoneo ad ospitare fino a una sessantina di uomini.

Dal Colle Begino, invece, lungo il versante opposto, al riparo dalla cresta di incontra un piccolo fabbricato che fungeva da corpo di guardia per l’adiacente Batteria B11 (o 611° Batteria GaF). Questa, di dimensioni notevoli, si sviluppava in caverna lungo tutta la dorsale, andando ad affacciarsi sul Vallone di Chabaud. L’opera vedeva un piccolo ricovero e un magazzino per munizioni e si sviluppava in modo da condurre a sei diversi malloppi che battevano i due valloni. La batteria è ormai inagibile a causa delle demolizioni e delle frane interne che ne hanno occluso l’ingresso.

Proseguendo oltre ci si avvia verso le pendici del Monte Begino. Qui si rinvengono quasi subito i resti del Centro 7, posto ormai a poche centinaia di metri dal confine di Cima Fournier. « Realizzata nel 1938-1939 si sviluppava con un fitto meandro di galleria distribuite su diversi livelli di quota, che si spingevano sino alla sommità del rilievo, con un armamento di otto mitragliatrici.»[2]. L’opera, al suo interno, conteneva un ricovero per circa 35 uomini, nonché un posto di comando dell’opera destinato agli ufficiali ed era dotato altresì di un pozzetto Zara che sbucava sulla sommità della cresta sovrastante. Ciò rendeva il Centro 7 l’opera più complessa del settore ed è ancora oggi accessibile seppur con molta attenzione.

Ritornando sui propri passi sino al Colle Begino e da qui scendendo lungo la Roche Corbe-Monte Courbioun-Colle Begino, si giunge rapidamente ad un ampio piazzale da cui diparte sulla sinistra la Courbioun-Petit Cric, seguendo la quale si giunge alla Postazione X. Quest’opera in caverna, adatta ad ospitare una quindicina di uomini, è similare alle altre Postazioni del caposaldo. Proseguendo la strada sulle pendici del Petit Cric, si trovano i ruderi del Ricovero XVI, in caverna, e poco distante la Postazione V, ricovero in caverna al servizio di due mitragliatrici.

4)   Sottosettore VII/B – Gruppo Colli Centrali – Caposaldo Chabaud

Il caposaldo si sviluppa nel vallone Chabaud, laterale rispetto alla Val di Thuras. Poco al di sotto dei 2000 metri di altitudine, ormai fuori dai boschi, sono ben visibili i resti della Caserma XVI. Questa è un edificio di due piani con locale servizi igienici leggermente distaccato dal corpo centrale e una piccola caponiera posta all’estremità.

Da tale punto, risalendo la pista verso la cresta del Monte Giassez, si oltrepassano due magazzini e una volta in cresta si possono scorgere gli scarsi resti (i camini di ventilazione) del Ricovero XXI, ormai inaccessibile per via degli ingressi franati. A poca distanza si scorgono anche i pochi resti della Postazione D, armata con due mitragliatrici.

Ridiscendendo il pendio e imboccando la strada verso il Colle Chabaud, si attraversano alcune spianate su cui sono ben visibili due distinti fossi anticarro. Sopra il secondo di questi tronvansi la Postazione A, per una quindicina di uomini e due mitragliatrici e poco più avanti la Postazione B, identica alla prima.

Risalendo ulteriormente si incontra il terzo fosso anticarro, ai cui due estremi furono realizzati due opere: il Centro 6, con un ampio ricovero e due malloppi di artiglieria posti su due livelli e il Centro 5, molto simile ma con una casamatta in più per artiglieria.

A monte del Centro 6 si rinvengono, poi, i resti della Postazione 94, tipo 7000 per due mitragliatrici e sopra di esso il ricovero XX, in caverna e a ferro di cavallo. A proteggere quest ultimo esisteva anche la Postazione F, in caverna e per due mitragliatrici, molto simile alle prime postazioni viste nel caposaldo.

Ritornando alla mulattiera che risale il vallone, si prosegue sino a poter osservare su uno sperone roccioso ai lati della valle – a quota 2250 circa – i due malloppi del Centro 4. Questi, con un lungo sviluppo in caverna, conteneva un ricovero con centro di comando, un malloppo per mitragliatrice, una lunga diramazione atta a condurre ai malloppi visti in roccia dall’esterno e un lunghissimo corridoio idoneo a portare sino ad una torretta di osservazione funzionale a controllare il territorio francese antistante il Colle Chabaud.

Proseguendo oltre la salita al Colle si oltrepassano i resti della Postazione C e del Ricovero XXII e si giunge quindi al Centro 3, l’opera più estesa del caposaldo, con un grande ricovero e quattro punti di fuoco posti su tre livelli diversi e idonei a coprire quasi 270 gradi.

Dal colle, risalendo verso la Cima Dorlier, si incontrano ancora, in serie, le Postazioni G, H e in ultmo la Postazione E e il Ricovero XXIII, posti ormai a oltre 2700 metri di quota, appena sotto la cima. Questi sono, in tutto e per tutto, similari alle postazioni e ai ricoveri precedentemente incontrati e descritti.

5)   Sottosettore VII/B – Gruppo Gimont – Caposaldo Punta Rascià

Resti di un malloppo della Batteria B12- Fotografia di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Sulla strada che da Cesana porta verso Sagna Longa in direzione Cresta Rascià si trovano la 507° e la 608° batteria G.a.F. (o B12); la prima era dotata di 4 mortai da 260/9, mentre la seconda presentava una maggiore articolazione, ospitando batterie, centri di resistenza, postazioni e anche un osservatorio che permetteva una valida difesa della cresta da Rocca Remolon, collegandosi con le opere del caposaldo Clarì. Di particolare pregio architettonico e notevole grandezza, la batteria, realizzata ad inizio degli anni ’30, traforava addirittura l’intera rocca, ospitando diverse postazioni, oltre a locali di servizio e logistica.

Il Ricovero Giberti- Fotografia di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Sotto alla Cresta omonima, si rinviene, poi il ricovero di Punta Rascià (o ricovero Giberti), edificato a fine ‘800 ad oltre 2.200 m.s.l.m. che ospitava magazzini, camerate per 120 uomini, oltre che alloggiamenti per ufficiali e sottoufficiali. La struttura, una volta dismessa, nel dopoguerra è stata utilizzata per un periodo come rifugio alpino da parte del Cai.

Sempre sulla stessa cresta rocciosa si trovano i Centri 52 (opera 200 mai completata di cui rimangono pochi resti dei blocchi armati, mai collegati tra loro) e 20 (opera sempre di tipo 200 ma molto più ampia della precedente, dotata di generatore, ricovero per circa 15 uomini, magazzini e locali logistici). La zona era poi dotata di innumerevoli locali di servizio, postazioni e ricoveri le cui strutture oggi sono difficilmente leggibili a causa delle opere di demolizione e dei successivi interventi sul territorio. Menzioniamo, per completezza, come esistessero il Ricovero VIII, la Postazione I, il Ricovero VII, le Postazioni K, H e G e in ultimo il Ricovero III.

Da ricordare, poi, la Postazione 53, opera 7000 situata sulle prime pendici della cresta nei pressi del Rifugio Gimont, e il Centro 19, opera in caverna di tipo 200; quest’ultimo era dotato di alloggiamento per 23 uomini, postazione con mitragliatrice e cannone anticarro e addirittura un piccolo locale adibito a riserva d’acqua posto all’ingresso dell’opera. A protezione del versante opposto vi erano il Centro 52bis, opera 200 ormai difficilmente individuabile, e la Postazione 54, opera 7000 con due mitragliatrici.

In un piccolo vallone laterale si trovava, poi, la Postazione 55, oggi demolita per erigervi sopra uno chalet.

Ingresso della Postazione 130 - Fotografia di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

Lungo la strada che porta al lago Gignoux si trovano, infine, il ricovero IX per 60 uomini in caverna e le Postazioni 56 e 57 (opere 7000 costruite nel 1939).

6)   Sottosettore VII/B – Gruppo Gimont – Caposaldo Monti della Luna

Le opere del caposaldo sono poste nella zona percorsa dalla strada Colle Bercia – Roc La Luna: nei pressi del caposaldo precedente si trova la Postazione 150 (opera 7000 realizzata nel 1939 con due mitragliatrici con casematte contrapposte); la Postazione 130, invece, risulta essere ridotta a ruderi che a stento lasciano intuire la sua funzione di difesa della cima Saurel. Nei pressi di tale postazione, sulla cresta che scende verso il Lago Nero «si trova un piccolo N.A.S. in calcestruzzo per una mitragliatrice. I N.A.S., nucleo armi supplementari, erano postazioni aggiuntive realizzate per completare la sistemazione difensiva. Di norma erano armati con mitragliatrici, a volte con mortai, raramente con cannoni anticarro. Le strutture potevano essere a livello di opera campale in pietrame sino ad arrivare ad impianti in calcestruzzo, anche di particolare qualità»[3]

I centri del caposaldo (si tratta dei centri 13, 14, 15 e 16), realizzati tra il 1931 e il 1932, sono quasi tutti localizzati sulla cresta che risale il Roc La Luna e costruiti a ridosso degli speroni rocciosi con collegamenti interni con gallerie che permettevano una difesa a tutto campo

Resti di malloppi sotto il Roc la Luna- Fotografia di Luca Grande, Andrea Panin e Gabriele Ricotto

della zona ed il ricovero interno degli uomini. Peculiarità di tali centri è da registrarsi nel fatto che furono uniti tra loro con gallerie in caverna, creando così un’unica grande opera difensiva. Oltre l’ultimo di questi centri si trovava il Ricovero X, il quale poteva ospitare fino a 60 uomini: da esso è possibile osservare, posto leggermente più a valle, ciò che resta del Centro 18: un’opera 200 risalente agli stessi anni dei centri precedenti. Di tutte queste opere si rinvengono i malloppi demoliti in seguito ai trattati di pace.

Dal Poggio di Brusaille si affacciavano verso il Lago Nero un rifugio della M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, composta da Carabinieri Reali e da Guardia di Finanza) di cui sono visibili ancora le mura perimetrali, l’Osservatorio di Cima Saurel e il Bivacco XXVIII realizzato nel 1939.

 

 

7)   Sottosettore VII/B – Gruppo Monginevro – Caposaldo Rocca Clarì

Lungo la strada di Valle Gimont, all’altezza del pianoro della Grangia La Coche, si trovano i ruderi delle Postazioni 122 e 121: entrambe opere di tipo 7000, mentre la prima ospita al suo interno anche un piccolo ricovero oltre alle due postazioni per mitragliatrici, la seconda, oggi poco visibile, ne ospitava soltanto una. Tali postazioni difendevano l’imbocco al caposaldo Clarì ove erano raggruppati una serie di centri di resistenza, numerose altre postazioni e un ricovero in caverna costruiti intorno al 1940.

Nelle vicinanze dell’imboccatura del pianoro si trovava il Centro 23: una struttura particolarmente articolata ed ampia con un ricovero atto ad ospitare fino a 23 uomini e due postazioni per mitragliatrici in casamatta. Sulle pendici nelle vicinanze si può riconoscere l’abbozzo del cantiere di quella che sarebbe dovuta essere l’Opera 23 A, un’opera di tipo 15000 su due piani mai realizzata. Dalla sommità della Rocca Clarì si rinvengono i ruderi di un malloppo appartenente al complesso del Centro 23 bis e della Batteria B13 (o 609° Batteria GaF); questa struttura, particolarmente articolata e di notevoli dimensioni, fu costruita a cavallo tra il 1931 e il 1932. Essa comprendeva una batteria armata con tre cannoni allo scopo di difendere la zona di Punta Rascià-Cima Saurel. Questa parte dell’opera, in reatà la più marginale, era composta da due casematte e ospitava anche la stazione di monte di una teleferica dedicata, che partiva 500 metri più in basso dalla zona di Sagna Longa. Per la costruzione del centro e della batteria era stata utilizzata anche una ferrovia decauville, della quale appare ancora visibile il percorso nella roccia. Il complesso della batteria era dotato di ampi locali logistici e grandi ricoveri atti ad ospitare diverse centinaia di uomini; mentre dal punto di vista offensivo vi erano tre postazioni d’artiglieria per cannoni 75/27 modello 1906. Il Centro 23 bis, invece, era armato con mitragliatrici ed era dotato anch’esso di numerosi locali logistici, ivi compresa una stazione fotofonica.

Sempre sulla rocca vi erano poi altre piccole postazioni: la D, dotata anche di un piccolo ricovero e di un pozzo Zara; le opere passanti E ed F ed infine il ricovero II.

Sul versante opposto della piana trovano localizzazione il Centro 22, con 5 mitragliatrici e dotato di due ricoveri dedicati, e il Centro 21, dotato di gruppo elettrogeno, ricovero, fotofonica e armato con quattro mitragliatrici. Più a valle vi erano ancora una serie di opere atte a controllare la testata del pianoro: in particolare la Postazione 113 e la sua gemella 114, con ricovero e tre postazioni armate.

8)   Sottosettore VII/B – Gruppo Monginevro – Caposaldo Claviere

Già massicciamente difesa nei punti di snodo dalle opere ottocentesche, Claviere venne ulteriormente rinforzata una volta inserita nei quadri del Vallo Alpino.

Prima dell’abitato, nei pressi di dove ora si trova l’area di parcheggio funzionale all’accesso al ponte tibetano, era presente la 261° batteria. Sempre da questo punto, inoltrandosi nell’orrido della Piccola Dora, si incontra un piccolo sentiero che conduce all’ottocentesco Corpo di Guardia di Rocca Clarì, poi sviluppatosi nel Centro 50. Questo, dotato di due punti di fuoco, era destinato a battere la strada sull’altro versante poco a monte della tagliata. Oggi è ancora visibile l’accesso all’opera in roccia, mentre il resto della struttura non è più esistente a seguito dell’esecuzione del trattato di pace del 1947.

Sopra al Centro 50 il sentiero si inerpica sino a giungere a quello che era il Centro 51, di cui è ancora ben visibile il blocco di ingresso in calcestruzzo ai piedi della parete rocciosa di Rocca Clarì. Come la precedente, anche l’opera 50 con i suoi due punti di fuoco per mitragliatrice era destinata a battere la strada sul fondo valle, nonché le pendici dello Chaberton sotto al Petit Valon, così da incrociare il fuoco con la 610° batteria del Petit Valon.

Tornando sulla strada statale e dirigendosi verso il luogo ove era sita la tagliata, possono ancora scorgersi degli accessi nella roccia che conducono alla Postazione I, inserita all’interno delle opere ottocentesche della tagliata. Qui, dopo la galleria dei magazzini di mina, originari di fine ottocento, si rinvengono vari vani destinati alle mitragliatrici – i cui malloppi oggi sono murati – che battevano la strada. Sempre a corollario delle opere della tagliata, venne realizzata la Postazione A, sita in caverna nel canalone ove era installato il ponte metallico ottocentesco. Oggi sono visibili le aperture in roccia e i resti del ponte che collegava le aperture della struttura, poste alcune decine di metri a monte della strada statale in una zona inaccessibile se non per via ferrata attrezzata. Tale postazione constava di un ricovero e un punto di osservazione in cima alla colletta munito di mitragliatrice in pozzo Zara (rinominato Tobruk in seguito alla campagna d’Africa).

Salendo la costa verso le batterie del Petit Valon, come detto si rinviene, annessa alla Batteria Alta, la Batteria B14 o 610° GAF. Tale opera, realizzata in caverna nelle adiacenze della polveriera ottocentesca, venne costruita in ossequio alla Circolare 200 ed era destinata ad un presidio di una cinquantina di uomini. All’interno, superato il vano generatore, dopo una delle molte porte stagne ivi presenti, si accede alla galleria principale che si stacca dal collegamento per la polveriera. La struttura si sviluppa in due sezioni distinte, ognuna con due casematte per artiglieria, le quali sono collegate tra loro da una galleria nella quale sono stati ricavati tre ampi ricoveri. Una ulteriore diramazione conduce all'ingresso secondario della Batteria e alle postazioni per le mitragliatrici ed all'osservatorio. Mirabili sono le tecniche di mimetizzazione ancora perfettamente visibili all’esterno dei malloppi d’artiglieria.

Ritornati all’abitato di Claviere, risalendo i ghiaioni sopra il cimitero, si rinviene una parete rocciosa ove sono ancora visibili i ruderi dei malloppi del Centro 25. Questa era una piccola opera munita di un magazzino sulla destra dell’ingresso e di due casematte per mitragliatrici poste a sinistra dell’ingresso. Dall’esterno i malloppi risultano distrutti a causa delle demolizioni, ma l’interno è ancora agibile e in buono stato.

Dal lato opposto della strada, a incrociare il tiro sulla via di fondovalle, era presente la postazione B. Questa era un’opera in caverna dotata di quattro mitragliatrici e idonea ad ospitare un piccolo presidio di una trentina di uomini. Non troppo distante da questa, nelle vicinanze della chiesa di San Gervasio, era presente la postazione 49, opera di tipo 7000 con un singolo cannone anticarro. Quest’ultima era identica alla postazione 124, costruita prima di entrare nell’abitato di Claviere. Oggi tali opere non sono più accessibili né rinvenibili sul terreno. Sul versante opposto della Piccola Dora, invece, il tiro e la copertura erano garantiti dal Centro 24, oggi facente parte del tratto conclusivo di una delle ferrate visitabili nel complesso del ponte tibetano di Claviere.

Tale opera, che presenta ancora una bella targa in pietra indicante che la ditta costruttrice era la Impresa Durando e Rossetti di Bardonecchia e che l’opera fu realizzata nel 1931, è contraddistinta dalla sua ubicazione: un salto a strapiombo sul torrente sottostante. Il Centro consta di un ingresso coperto che conduce dapprima a un ricovero ove erano ospitati anche i depositi munizioni e viveri e quindi ai tre malloppi che ospitavano le artiglierie rivolte verso lo strapiombo. L’opera si compone, inoltre, di un’uscita di soccorso che fuoriesce in una scala alla marinara in verticale nella forra, nonché – a monte – di una lunga galleria con tre rampe di scale che conducono ad un osservatorio con una piccola camera di tiro per mitragliatrice.

Da tale opera, ridiscendendo verso la Dora, si incontrano, nei boschi di questo versante, all’imbocco della Valle Gimont, la Postazione 1, la Postazione 3, la Postazione 5 e la Postazione 6. Queste erano dei singoli punti di fuoco di tipo 7000 per mitragliatrice che, purtroppo, sono stati parzialmente demoliti in virtù del trattato di pace (inspiegabilmente ad eccezione della Postazione 3, posta lungo la strada della Val Gimont a destra della strada, sopra la riva).



[1] Ibidem, p. 127.

[2] Ibidem, p. 133.

[3] Ibidem, p. 111.