venerdì 24 aprile 2020
mercoledì 22 aprile 2020
Il "Castello" della Balziglia (Massello)
Dopo la revoca dell’editto di
Nantes, il re di Francia, alleato con il duca Vittorio Amedeo II, decise di
cacciare i Valdesi dalle loro valli. Incaricato dell’operazione in Val San
Martino (l’antico nome della Val Germanasca) fu il generale Catinat. Fra il 22
aprile ed il 1° maggio del 1686, circa 4000 soldati francesi avevano sferrato
il loro attacco. Il 28 aprile, giorno di domenica, tutta la popolazione della
Valle di San Martino, come quella della vicina Val Pellice, si era arresa per
aver salva la vita: ad eccezione della comunità di Massello, ostinatamente
decisa a resistere e a difendere se stessa e le proprie famiglie fino alla
morte. Questi ultimi superstiti si ripararono sulle alture rocciose che
sovrastano Balziglia, dette lou Châtél,
“il Castello”, per la loro posizione dominante, poco accessibile e facilmente
difendibile. Contro di essi si portò personalmente il generale Catinat, che dopo
tre tentativi con diverse centinaia di soldati riuscì infine, il 17 maggio, a
sorprendere dall’alto i circa 60 rifugiati superstiti e ad assalire da ogni
lato la posizione difesa dai Valdesi, che rimasero senza via di scampo.
Quattro anni dopo, la Balziglia fu
di nuovo al centro degli avvenimenti bellici. Rientrati nelle loro valli dopo
l’esilio in terra svizzera con il cosiddetto “Glorioso Rimpatrio”, i Valdesi si
videro di nuovo attaccati dalle truppe ducali e francesi sia in Val Pellice sia
in Val Germanasca. Nell’ottobre 1689, all’avvicinarsi dell’inverno, un gruppo
di poco più di trecento individui trovò nuovamente rifugio alla Balziglia. Qui,
sui costoni rocciosi detti “Quattro Denti”, che scendono dal Monte Pelvo fino
alla confluenza tra il rio del Pis e quello del Ghinivert, realizzarono una
serie di fortificazioni e di alloggiamenti, mentre i francesi, per il freddo
intenso e per la neve caduta ai primi di novembre, si ritirarono a Perosa e Pinerolo.
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La Balziglia in una cartolina storica; sullo sfondo il "Castello" e il monte Pan di Zucchero (Fonte: Comune di Massello) |
Furono costruiti vari trinceramenti a mezzaluna disposti su gradoni successivi, in parte scavati e in parte con muri a secco, per difendere il pendio che dal pianoro detto “Castello” scende verso il rio del Ghinivert. Nel muro esteriore venivano sovrapposti più strati di alberi, con i rami rivolti verso gli attaccanti e le radici incastrate tra le pietre, così che cercando di sradicare le piante per formare una breccia, si sarebbe creata una frana che avrebbe travolto gli assalitori. Dietro il parapetto erano accatastati grossi mucchi di massi, da far rotolare sugli attaccanti. Il ripiano alle sue spalle, chiamato Pasté, fu protetto con un muro più alto dotato di feritoie. Altre piccole ridotte e trinceramenti, collegati tra loro da camminamenti protetti così da potersi ritirare progressivamente in caso di necessità, vennero realizzati lungo tutta la cresta intorno alla cima del Pain de Sucre (“Pan di Zucchero”), fino al punto più elevato, detto “il Fortino” o Bric dё l’Aoutin. Nei punti più riparati e pianeggianti furono costruiti circa 80 ricoveri per i difensori, costituiti da baracche in legno, paglia e zolle di terra, ognuna capace di contenere dai 20 ai 30 uomini, oltre a magazzini per viveri e munizioni. Tutte le vie d’accesso erano controllare da diversi posti di guardia[1].
I Valdesi resistettero a un primo
attacco dei francesi, condotti nuovamente dal generale Catinat, avvenuto il 2
maggio del 1690 con 4000 uomini, che però furono respinti in mezzo ad una
bufera di neve, con la perdita di 200 soldati e 20 ufficiali. Dopo questo
insuccesso, il Catinat lasciò il comando al marchese De Feuquières, il quale fece
allargare le strade esistenti per trasportare dei pezzi d’artiglieria, ritenuti
necessari per smantellare le fortificazioni degli assediati. Il 22 maggio, due cannoni e un mortaio
cominciarono a tirare: fu forzato dal basso il “Castello” ed i trinceramenti
successivi, mentre furono occupati dall’alto gli ultimi posti fortificati dei
Valdesi i quali, alla fine della durissima giornata, vennero ricacciati verso
il centro del costone, sul Pain de Sucre.
Grazie ad una nebbia provvidenziale, che anticipò ed accrebbe l’oscurità della
notte, e grazie all’ottima conoscenza dei luoghi del capitano Filippo Tron
Poulat, nativo proprio della Balziglia, i superstiti riuscirono a sfuggire
all’attacco definitivo dei francesi[2].
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La Balziglia durante l'attacco (stampa tratta da W. Beattie, Les Vallees Vaudoises pittoresques, Virtue/Ferriere, 1838) |
I resti delle fortificazioni furono in seguito distrutti, anche se alcune tracce sono ancora visibili sul terreno. È possibile salire al pianoro del “Castello” seguendo un sentiero che parte dal parcheggio di Balziglia: qui si trovano alcune case, che non esistevano ai tempi dell’assedio. Sul fianco destro del piano si vede un grande parapetto in terra che probabilmente ricalca e ingloba il vecchio trinceramento che sorvegliava l’ingresso. Proseguendo oltre il pianoro si allarga e, sulla sinistra, si può identificare una struttura triangolare posta su uno sperone che precipita verso valle, conservata per fungere da parapetto per il dirupo sottostante. Da qui inizia la cresta che, attraverso passaggi sempre più stretti e ripidi, conduce fino alle pendici del Pan di Zucchero. Sul fianco della montagna, dal lato del vallone del Pis, si trovano diversi anfratti naturali che potevano essere utilizzati come ripari. Si raggiungono quindi tre terrazzamenti, dove sorgevano i baracconi fortificati del Pasté. Tutto intorno alla cresta più a monte si trovano altre fosse che ospitavano baraccamenti e ricoveri. Salendo ancora, il sentiero diviene molto difficoltoso e richiede abilità alpinistiche, passando attraverso salti di roccia e canaloni scoscesi. Sulla cima del Pan di Zucchero (1.828 m) si vede ancora un trinceramento in pietra che raggiunge una ridotta quadrata, separata dalla cresta da un fossato[3].
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La borgata Balziglia oggi |
[1]
La struttura dell’intero sistema difensivo è ben descritta da Arturo Pascal nel
suo studio Le Valli Valdesi negli anni
del Martirio e della Gloria (1686-1690), Società di Studi Valdesi, Torre
Pellice, 1968
[2] Molto utile per
comprendere il susseguirsi degli avvenimenti è una carta realizzata da D. Peyrot
e pubblicata sul n. 7 del “Bulletin de la
Société d’Histoire Vaudoise” nel 1890.
[3] Per una descrizione
approfondita dell’itinerario di salita si veda E. Garoglio, “Il vallone
di Massello, da Balsiglia al colle dell’Albergian”, in La Beidana n. 92, Fondazione Centro Culturale Valdese, Torre
Pellice, 2018
venerdì 3 aprile 2020
Opere minori nel vallone di Prali
Il Colle Giulian (2.457 m ) è un valico
utilizzato da secoli per le comunicazioni tra la Val Germanasca (Prali) e la
Val Pellice (Bobbio Pellice): proprio per questo motivo, è stato in più
occasioni presidiato da soldati. Nulla rimane degli antichi trinceramenti realizzati
nell’autunno del 1689 dai soldati piemontesi per difendere il colle dai Valdesi,
che cercavano di tornare nelle loro valli dopo l’esilio in Svizzera. Lo scontro
avvenne l’8 settembre: i sabaudi erano poco più di un centinaio, e i Valdesi li
attaccarono ai fianchi sfruttando il fattore sorpresa. Vistisi sopraffatti, i piemontesi
si ritirarono con il favore della nebbia, inseguiti a lungo dai Valdesi.
Nelle carte topografiche di fine ‘700, in particolare nella "Carta delle Valli di Luserna, di S.Martino, di Rodoretto e di Masset" e nella "Carte topographique des trois vallées de Lusèrne, de Pérouse et de S.Martin, ..." redatta dal Paisina nel 1795, si trovano numerosissimi riferimenti grafici a piccole opere difensive
(ridotte, trinceramenti, corpi di guardia) relative al vallone di Prali, realizzate
con lo scopo principale di rallentare un’eventuale offensiva da parte della
Francia rivoluzionaria. Il Col Giulian risultava difeso da alcuni
trinceramenti e da un "baraccone"; con ogni probabilità si trattava di opere leggere e oggi non se ne ravvisano quasi tracce. Le strutture ancora oggi visibili nei pressi del Col Giulian risalgono tutte al periodo a cavallo tre il XIX e il XX secolo. La carta del Paisina indica anche altre "barricades" lungo il sentiero che sale
dal vallone delle Miniere e un corpo di
guardia in località “Clapous”, una conca da cui si controllava l’accesso
al Colle Rousset, che porta in Val Pellice. Proprio qui sono ancora visibili i
ruderi di un edificio in pietra, denominato Ricovero Clapus nelle
mappe IGM di fine ‘800: non è da escludere che per la realizzazione di tale
struttura siano stati riutilizzati i resti di qualche fabbricato precedente.
La zona del Col Giulian nella carta del Paisina |
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La zona del Col Giulian nella "Carta delle Valli di Luserna..." |
Una zona “ricca” di strutture
militari doveva essere quella tra Bout
du Col e i colli di confine con la Francia. In particolare due grandi campi
trincerati controllavano il pianoro di Bout du Col: il "Camp du Serre" sopra le attuali bergerie, alle pendici del Bric del
Serre, e il "Camp du Vallon" sul
versante opposto, presso l’odierna Punta Cianagli. La sopra citata carta del Paisina mostra anche altri
trinceramenti, ridotte e corpi di guardia che difendevano: il colletto vicino
al lago, da cui si scende a Ribba; il Passo Viafiorcia, che mette in
comunicazione con il vallone delle Miniere (qui una delle carte indica addirittura la
presenza di un ponte levatoio); la località Clot di Roccias, dove passa il
sentiero che raggiunge il Col d’Abries; e il Colle del Bocchetta, al fondo del
vallone della Longia. La “Carta topografica delle valli di Pragelà, S. Martino, Perosa, e Lucerna”
di metà ‘700 indica anche la presenza di trinceramenti al Colle della Lunga (Longia) e di due corpi di guardia lungo l’omonimo vallone. Nessuna traccia è più rilevabile di tutte queste
strutture, sia per la precarietà dei materiali con cui erano state realizzate,
sia perché molti degli stessi luoghi sono stati utilizzati per la costruzione di
opere militari in epoche successive. Chissà però che non risalgano a quest’epoca
i ruderi di una costruzione in pietra presente poco prima della località Fréiboujo, nei
pressi del bivio tra la strada principale e il sentiero che sale verso il Passo
di Viafiorcia, definito
“antico” e “in rovina” già alla fine dell’800.
La zona di Bout du Col nella "Carta delle Valli di Luserna..." |
La zona di Bout du Col nella carta del Paisina |
Anche nel vallone di Rodoretto dovevano esserci alcune strutture di guardia, in località Roc du loup o Teppé (probabilmente l’attuale località Cavallo Bianco, a sud-est delle bergerie della Balma), presso il Colle della Balma e l’omonimo alpeggio. Altri ricoveri sono indicati al Colle di Polious (Peolioso, tra il vallone di Salza e quello del Ghinivert), al Colle del Geniver (Ghinivert) e al Colle del Beth.
La zona di Rodoretto nella "Carta delle Valli di Luserna..." |
La zona di Rodoretto nella carta del Paisina |
Risale invece al 1704,
nell’ambito delle operazioni militari legate alla guerra di successione
spagnola, il grande campo trincerato realizzato dai francesi in località Sellette, a ovest della borgata Giordano, in un grande pianoro dove
attualmente vi sono alcune bergerie. Un articolato disegno di un ingegnere
militare al servizio del Maresciallo de la Feuillade[1] mostra l’orografia dei
luoghi, la pianta del campo e alcune piccole ridotte, che controllavano gli
accessi lungo strade e sentieri circostanti. Vi erano inoltre due “cassine retranchée” (edifici
“trincerati”, cioè fortificati), uno incluso nel campo e l’altro al di fuori
poco ad est. Il complesso, realizzato con bastioni in terra e palizzate,
ospitava un migliaio di soldati, i quali (aiutati dalle compagnie valdesi)
riuscirono a respingere un attacco delle truppe sabaude avvenuto verso la fine
di luglio del 1704.
Nessuna traccia evidente è più rilevabile sul terreno.
Sempre nella
carta di inizio ‘700 vengono
indicate due ridotte presso la Colletta
di Fontane, tra il vallone di
Salza e quello di Prali, e in località Galmont, sulla dorsale tra il vallone
di Ghigo e quello di Rodoretto. Se della prima struttura oggi non restano tracce,
nel secondo caso invece qualcosa è ancora rinvenibile sul terreno. Questo luogo
fu occupato in precedenza dai Valdesi, durante il “Glorioso Rimpatrio” del 1689,
che vi si fermarono per riposarsi e curare i loro feriti. Essi realizzarono alcune
opere di difesa temporanee, di cui ci dà una descrizione il reverendo inglese
William Stephen Gilly nel 1831, durante un suo sopralluogo presso “il sito dove i Valdesi, guidati da Arnaud,
avevano un campo”. Galmont è descritto come “forte per natura, ed era stato reso più inespugnabile con due ridotte,
o trinceramenti, che i patrioti avevano costruito”. Gilly sostiene di “aver camminato nella più piccola delle due,
di forma ovale”, che lui valuta di 100 iarde di circonferenza (circa 91
metri). Ancora
oggi sull’altura di Galmont si riesce vagamente a individuare quello che
probabilmente è l'anello ovale citato dal Gilly. Sul crinale si apre inoltre
una grossa spaccatura, derivante da un fenomeno geologico detto “litoclasi”, che
sicuramente offriva una situazione favorevole in quanto rendeva la presenza di
persone pressoché invisibile, sia da chi si trovava a valle sia da chi avesse
tentato di individuarle da monte. Un cartello in legno indica il luogo con la
toponomastica tradizionale, che ha tramandato il ricordo di fatti attraverso i
secoli: Crô d’la Guèro (“luogo
infossato” della guerra), Plan d’la Guèro
(piano della guerra), Lou Sënhâl (il
segnale).
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La ridotta di Fontane in una carta di inizio '700 |
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La ridotta di Galmont in una carta di metà '700 |
[1] Plan des Retranchem du Camp del Praly au bout de la Valee de s. martin.
Envoye par le s.r Roussel du Camp de m. de la feuillade pres Pignerol. le 24
juillet 1704, BNF, Carte set Plans GE D 4658
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Opere minori nel vallone di Prali |
giovedì 2 aprile 2020
Opere minori in bassa Val Germanasca
Tra la Punta Muret e la Punta Tre Valli, poco a monte di Pomaretto, si trova il Colle della Buffa,
che mette in comunicazione la parte alta di Bovile (Perrero) con il vallone di
Garnier (Roure). Questo valico fu fortificato con alcuni trinceramenti dai Valdesi che, nella
primavera del 1686, tentavano di resistere all’attacco delle truppe francesi
del Catinat. Tre anni dopo, nel 1689, i piemontesi agli ordini del Parella costruirono una
piccola ridotta rettangolare a una cinquantina di metri dal colle, sulla cresta
che sale in direzione di Punta Tre Valli, nel tentativo di bloccare il rimpatrio dei Valdesi. Oggi sono ancora visibili sia la ridotta
sia i trinceramenti, realizzati con muri di pietra a secco e zolle di terra.
Altre postazioni erano presenti proseguendo sul crinale verso Pomaretto,
probabilmente in località Frachёtto e al Colletto dei Faure, dove però non restano tracce identificabili.
Queste opere sono chiaramente identificate nella "Carta topografica delle valli di Pragelà, S. Martino, Perosa, e Lucerna" di metà ‘700.
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Opere minori in bassa Val Germanasca nella carta di metà '700 |
Secondo la "Carta Corografica delle Valli di Susa, Moriena, Bardonanche, Oulx, Exilles, Cesana, Pragellato, St.Martino, e Perosa, ..." del 1708, redatta ai tempi della guerra
di successione spagnola, nel Comune di Perrero erano presenti alcune ridotte:
una in località Ponte Rabbioso, alla
confluenza tra il Torrente Germanasca di Prali e quello di Massello, definita “redoute de confin”; un’altra in località
Monte Castello, nel sito dove probabilmente sorgeva l’antico castello del borgo e che sarà utilizzato più di un secolo dopo per il posizionamento di postazioni d’artiglieria; una terza localizzata probabilmente sul
promontorio a est di Villasecca Superiore, oggi denominato Bric Erbulé, da cui si domina il fondovalle verso Pomaretto e dove
sono state trovate alcune tracce di muretti a secco, forse risalenti a questa
struttura. Le ultime due ridotte sono indicate anche nella sopra citata mappa di metà‘700.
Infine una piccola ridotta a
pianta poligonale era stata realizzata dai francesi anche a Pomaretto, sul bordo del Torrente
Chisone nei pressi dell’attuale cimitero e del tempio valdese. Se ne trova
traccia nelle due citate cartografie settecentesche, una di inizio secolo (in cui è chiamata “redoute de Pomaret”) e l’altra della metà (“ridotta di S. Nicolao”), e anche nelle mappe catastali del 1774
conservate presso l’archivio del Comune, nelle quali la struttura è denominata
“Ridotta Reggia”. Nulla è più rilevabile
sul terreno.
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Opere minori in bassa Val Germanasca |
mercoledì 1 aprile 2020
Opere minori sul confine con la Val Chisone
Partendo dalla valle principale e risalendo le valli laterali in sinistra orografica, si incontrano molti punti di comunicazione tra Val Germanasca e Val Chisone; si tratta per lo più di colli e passi di alta quota, quasi impercorribili durante la stagione invernale, ma che in epoca di continue battaglie e cambi repentini di confini e possedimenti apparivano strategici e, per questa ragione, degni di ospitare strutture fortificate difensive.
Il Colle del Pis (2.610 m ), che mette in
comunicazione il territorio di Pragelato (in particolare la Val Troncea) con il vallone di Massello, fu
occupato in varie occasioni da truppe di soldati incaricati di bloccare il passaggio.
Il 5 settembre del 1689 i Valdesi, al termine del cosiddetto “Glorioso
Rimpatrio”, una marcia forzata con la quale erano rientrati nelle loro valli
dopo l’esilio in Svizzera, attaccarono il colle con una manovra a tenaglia,
convinti che il presidio di truppe piemontesi fosse molto numeroso. I difensori
sicuramente avevano costruito baracconi in legno e piccoli trinceramenti presso
il valico; ciononostante, l’attacco dei Valdesi andò a buon fine e i soldati
piemontesi si ritirarono velocemente, subendo ingenti perdite.
Alcuni decenni dopo, durante la guerra di successione spagnola, presso i colli del Pis e
dell’Albergian e nel pianoro di Moremout vennero realizzate alcune strutture di
difesa dalle truppe piemontesi del marchese d’Andorno che nel 1708, dopo aver costretto alla
resa il forte di Perosa e il Fort Louis, occuparono e fortificarono i due valichi
tra Val Germanasca e Val Chisone, riuscendo a sostenere e respingere un attacco
dei francesi. Furono costruiti trinceramenti e alcuni baracconi in legno che,
complessivamente, potevano ospitare 3.185 soldati. L’importanza strategica
di questa zona permase anche nei decenni successivi, tanto che nel 1745, nell’ambito
della guerra di successione austriaca, i trinceramenti dei colli del Pis e
dell’Albergian risultavano ancora operativi.
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Il vallone del Pis in una carta del 1708 |
Il vallone del Pis in una carta di metà '700 |
Il vallone del Pis venne nuovamente fortificato alla fine del secolo, con lo scopo principale di rallentare un’eventuale offensiva proveniente dalla Francia rivoluzionaria. Nelle carte topografiche di fine settecento si trovano numerosissimi riferimenti grafici a piccole opere difensive (ridotte, trinceramenti, corpi di guardia), di cui rimangono ancora oggi alcune tracce. La “Carta delle Valli di Luserna, di S.Martino, di Rodoretto e di Masset” indica i "baracconi della Pelata del Pis" tra il Monte Pelvo ("Rocca del Pelato") e le bergerie di Valloncrò, un altro "baraccone" sul Monte Morefreddo e altri edifici ancora al Colle del Pis e al Colle dell’Arcano. La "Carte topographique des trois vallées de Lusèrne, de Pérouse et de S.Martin, …" redatta da Paisina del 1795 è più specifica: conferma la presenza di strutture ai colli Pis, Arcano, Albergian e sul Morefreddo, posiziona le "baraques du Pis" nel pianoro di Valloncrò, ma individua anche una ridotta difesa da un trinceramento presso l’attuale località Pian delle Sagne. Sono inoltre indicati due corpi di guardia lungo il sentiero che sale al Colle dell’Albergian, un campo trincerato e una piccola ridotta in località Moremout, e altri trinceramenti ai piedi del Monte Grand Miuls.
Il vallone del Pis in una carta di fine '700 |
Il vallone del Pis nella carta del Paisina del 1795 |
Presso il Colle del Pis oggi si
vedono solo i pochi ruderi di un baraccamento ottocentesco, anche se è
possibile che l’edificio sia stato realizzato sfruttando i resti di qualche fabbricato più antico. I trinceramenti del Colle dell’Albergian, che risalgono verso la cima
della Fea Nera, sono invece tuttora visibili, mentre non ci sono tracce del
corpo di guardia che doveva essere presente in zona e che risulta addirittura
ancora indicato nella "Carta Topografica degli Stati in Terraferma di S.M. il Re di Sardegna" di metà ‘800. Resti di altri trinceramenti sono individuabili ai piedi del
Monte Grand Miuls, lungo il sentiero tra il Colle dell’Albergian e quello del
Pis. La cima pianeggiante del
Monte Morefreddo è stata utilizzata alla fine dell’800 per la costruzione di due ricoveri in muratura, pertanto nulla è rimasto di eventuali strutture
precedenti.
La zona dove sorgeva il campo
trincerato di Moremout è stata utilizzata alla fine del XIX secolo per la
realizzazione di due grandi ricoveri, ma è ancora ben individuabile una
ridotta di forma triangolare, realizzata con muretti di pietra a secco, posta a
sud-ovest delle suddette strutture. Un’altra ridotta ancora ben conservata,
simile alla precedente ma di forma trapeizodale, si trova più a valle sul
versante opposto, in cima a un rilievo in località
Pian delle Sagne, ai piedi del Monte Pelvo; poco al di sotto si vede anche
un trinceramento, protetto sul davanti da muretti a secco. Sia queste
postazioni sia quella di Moremout risultano ancora indicate anche sulla sopra citata mappa di metà ‘800. Infine, alcuni ruderi di
baraccamenti sono individuabili in località Fun la Pla, a nord delle bergerie
di Valloncrò.
Anche la zona del Colle Clapier,
situato tra il vallone di Maniglia (Perrero) e il vallone di Bourcet (Roure), alla
fine del ‘600 fu sorvegliato e dotato di piccole opere dalle truppe piemontesi,
nel tentativo di bloccare il “Glorioso Rimpatrio” dei Valdesi. Oggi presso il valico
sono visibili solo alcuni avvallamenti nel terreno, noti localmente con il nome in patouà di ëntrënchamënt (trinceramenti), di cui però non è
possibile identificare con certezza l’origine.
Il vallone del Pis in una carta di metà '800 |
Poco più a ovest, ai piedi della Punta
Raccias, sono invece ancora chiaramente identificabili una ridotta e un
trinceramento, che permettevano di controllare sia il Colle Clapier che il
vicino Colle delle Tane, sul versante di Massello. Queste strutture però sono
state sicuramente rimaneggiate nei primi anni del ‘700, e forse anche nei decenni successivi, dato che risultano chiaramente indicate nelle mappe dell'epoca. Una mappa di metà ‘800 riporta ancora l’indicazione delle due postazioni, oltre a una terza
a sud-est del Colle Clapier, che però non è stata identificata sul terreno.
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La zona del Col Clapier-Raccias in una carta del 1708 |
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La zona del Col Clapier-Raccias in una carta di metà '700 |
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