venerdì 25 marzo 2016

Vallo Alpino: Caposaldo Villanova (Bobbio Pellice)



La costruzione dello sbarramento di Villanova subì numerose indecisioni, ritardi e ripensamenti da parte dell'Amministrazione Militare durante la fase di progettazione delle opere e delle sistemazioni difensive. Si incominciò a parlare di “opere difensive da costruirsi nella zona di Villanova Pellice a sbarramento delle provenienze dal colle della Croce e dalla valle Crosenna”, nel 1936. Vennero effettuati alcuni studi sul posto che si tramutarono in progetti particolareggiati. Il progetto comprendeva 7 opere in caverna tipo circolare 200 disposte a semicerchio dalla dorsale del Courbarant alle pendici occidentali della Val Crosenna. L'armamento totale di queste opere era di 12 mitragliatrici.
Lo Stato Maggiore bocciò lo studio chiedendo ai progettisti di andare a verificare sul posto se vi era il rischio di discesa dal confine di carri armati, prevedendo nel caso affermativo una adeguata difesa anticarro. Quando tutti furono d'accordo che il progetto primitivo andava bene, erano passati 2 anni e lo Stato Maggiore sospese i lavori, preferendo impiegare il poco denaro a disposizione in altre zone ritenute più a rischio.
Lo sbarramento di Villanova fu quindi costruito in tutta fretta nel 1940: visto il grave ritardo, si preferì costruire le opere con la tipologia 7000 senza prevedere alcun adeguamento alla circolare 15000, distribuita alla fine del 1939. Lo sbarramento era formato - da nord a sud - da 5 opere, numerate rispettivamente 1, 2, 7, 8 e 3, oltre che da una mulattiera e una teleferica di collegamento con il Col Content. All’inizio del 1940 vennero effettuate varie proposte per il rafforzamento dello sbarramento con opere in caverna, adatte a resistere ai medi calibri, data “l’importanza della posizione, per le sue caratteristiche riassuntive delle provenienze di oltre confine”, che fece ritenere “indispensabile un conveniente potenziamento sia nel senso della fronte, sia nel senso della profondità”. Tali progetti non videro alcuna concretizzazione, essenzialmente per problemi di risorse economiche.
Giunti all’abitato di Villanova, fa ancora bella mostra di sé la Caserma Monte Granero (ricovero X), dirimpetto al parcheggio alla fine della strada asfaltata. Realizzata tra il 1939 e il 1940, poteva ospitare 60 uomini. Purtroppo, lo stato di abbandono del bene, ancora in possesso del demanio militare, mostra tutta l’incuria del tempo e della mala gestione della struttura. Attraversata la borgata, l’ultima casa sulla destra, accanto alla fontana, mostrerà ancora lo scudo ed il gladio, simboli della Guardia alla Frontiera, a sovrastare il motto “Resistere ad ogni costo”.
Proseguendo, può agevolmente scorgersi, in mezzo ad un prato a sinistra, sull’altro lato del Pellice, una piccola struttura che apparentemente pare una baita, ma che avvicinandosi, attraversando il ponte in legno ed il pianoro erboso, rivela la sua natura bellica: è l’opera 8. Posta a circa 1.250 metri di altitudine sulla destra orografica del torrente Pellice, l'opera 8 è la più bassa del caposaldo Villanova. Tipica opera di tipo 7000, il suo compito era di coprire, con la sua arma di mitragliatrice, il fondovalle e le pendici del Mirabouc. In ottimo stato di conservazione, l’opera aveva l'ingresso posizionato nella parte posteriore, verso l’abitato di Villanova, ed era dotata di una porta stagna e di una fotofonica idonea a comunicare con l’abitato, ove verosimilmente era predisposta una stazione fotofonica mobile da campo. Dopo l’ingresso, un breve corridoio conduce dapprima ad un piccolo ricovero per il personale e quindi alla casamatta dell'arma, dove sono ancora visibili le guide metalliche per la mitragliatrice e varie nicchie destinate a contenere le munizioni.
Se si scende verso valle su questo lato del Pellice, seguendo una pista sterrata fino alla sua conclusione, si giunge ad un grande ripiano di roccia proprio di fronte alla borgata di Villanova. Qui è possibile rinvenire gli scavi dell’opera 8/a, l’unica opera media tipo 15000 tra quelle previste che è stata almeno iniziata: avrebbe dovuto essere armata con due mitragliatrici e un cannone anticarro e controllare tutto il caposaldo. Furono effettuati solo alcuni sbancamenti e brevi tratti di galleria (l'accesso risulta chiuso da un muro di pietra), mentre sul dosso roccioso soprastante si notano i resti di due appostamenti.
Qualora, invece, dal parcheggio posto prima dell’abitato di Villanova, si risalga la carrozzabile per la conca del Prà, appena oltrepassata la biforcazione per il pian della Crosenna, notiamo una costruzione appena sotto il ciglio della strada: questa è l’opera 7, a cui, tuttavia, si sconsiglia l’accesso a causa dell’esposizione della via per raggiungerla e delle numerose rocce crollate sopra e intorno alla struttura. Aveva la funzione di coprire con la sua arma di mitragliatrice la località Mirabucas ed era in comunicazione con l’opera 3.
Pochi passi oltre l’opera 7, dalla strada principale si dirama un ripido stretto sentierino che porta alle opere 1 e 2, autentici piccoli gioielli fortificati all’interno delle strutture del Vallo Alpino occidentale. L’opera 1 è posizionata su un costone roccioso a 1.500 metri di altitudine ed è l’unica opera di tipo 7000 di tutto il Vallo Alpino ad avere ben 6 mitragliatrici, puntate sul vallone del Rio Crosenna e sulle pendici del Mirabouc, per contrastare eventuali nemici provenienti dai valloni laterali rispetto al Colle della Croce (Colli della Malaura e dell’Urina). La struttura è disposta su due piani: quattro armi al piano superiore e due al piano terra. La parte frontale dell'opera, inoltre, non si presenta su un fronte piano, ma sfalsata, così da permettere alle armi di ogni fronte di avere campi di tiro differenti. L’ingresso è sul lato italiano e presenta alla sinistra un condotto per fotofonica idonea a permettere la comunicazione con l’opera 3, posta sull’altro versante della valle. Oltrepassato un piccolo ricovero, un breve corridoio conduce alle postazioni di mitragliatrice del piano terra, da cui, tramite due botole con scala alla marinara, si può raggiungere il primo piano con le altre quattro armi. Da segnalare, su un dosso poco sopra l‘opera 1, i resti di una postazione allo scoperto
Originariamente in questo sito era prevista la costruzione di una grossa opera tipo 15000 denominata 1/a, armata con 6 mitragliatrici e pezzi d’artiglieria, ma a causa di difficoltà tecnico-costruttive (parte delle bocche da fuoco avrebbero dovuto essere installate a livello del terreno e avrebbero pertanto richiesto grandi rilevati in calcestruzzo per la loro protezione), si preferì realizzare un’opera più semplice con le sole mitragliatrici e spostare la batteria in caverna a batterie mobili allo scoperto. Alle spalle della borgata Chiot sono ancora oggi rilevabili alcuni terrazzamenti, forse destinati a tale postazione.
L’opera 2, è leggermente più in basso, all’ingresso della borgata Chiot a quota 1485 metri di altitudine, sullo stesso spalto roccioso dell’opera 1, posta poco distante. Anch’essa perfettamente mimetizzata a baita e pienamente integrata, almeno visivamente, con le strutture della borgata, è ottimamente conservata ed era dotata di due armi di mitragliatrici per battere il fondovalle. Anche in questo caso l’ingresso è posteriore, sul lato italiano, e conduce ad un piccolo ricovero a cui poi si giunge alla casamatta, ove si può scorgere il condotto per la fotofonica idonea a comunicare con l’opera 3.
L’opera 3 consiste nel distinguibile blocco in calcestruzzo posto sul versante opposto della valle. Dal pianoro ove si trova l’opera 8 occorre risalire il ripidissimo e franoso crinale per giungere al malloppo in calcestruzzo, mai rivestito o mimetizzato, dotato di due armi di mitragliatrice e destinata a coprire tutto il fondovalle e le pendici del Mirabouc, coprendo anche le altre opere poste più in basso. Accanto all’ingresso, inoltre, è possibile notare ben tre condotti fotofonici, destinati alle comunicazioni con le altre opere del caposaldo (1, 2 e 7). A monte di questo bunker, lungo la dorsale che sale verso il Courbarant, erano state previste altre opere (3/a, 9, 10) in luoghi il cui accesso risulta davvero complicato: forse anche per questo motivo non ne vennero nemmeno iniziati gli scavi.
Sulla strada che da Villanova conduce alla Conca del Prà, nella zona del vecchio forte Mirabouc, la documentazione storica segnala la presenza di un’interruzione stradale (indicata con il n. 133), realizzata nei primi anni del ‘900 in un punto in cui le scarpate sia a monte sia a valle sono molto ripide. Inizialmente  creata con due fori di mina verticali profondi 2,5 metri rivestiti con tubi in ghisa in cui inserire della gelatina esplosiva, in seguito fu modificata scavando due pozzi di 4 metri di profondità con camere di mina destinate a ospitare tritolo.




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Caposaldo Villanova

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