La costruzione dello
sbarramento di Villanova subì numerose indecisioni, ritardi e ripensamenti da
parte dell'Amministrazione Militare durante la fase di progettazione delle
opere e delle sistemazioni difensive. Si incominciò a parlare di “opere difensive da costruirsi nella zona di Villanova
Pellice a sbarramento delle provenienze dal colle della Croce e dalla valle
Crosenna”, nel 1936. Vennero effettuati alcuni studi sul posto che si
tramutarono in progetti particolareggiati. Il progetto comprendeva 7 opere in
caverna tipo circolare 200 disposte a semicerchio dalla dorsale del Courbarant
alle pendici occidentali della Val Crosenna. L'armamento totale di queste opere
era di 12 mitragliatrici.
Lo Stato Maggiore
bocciò lo studio chiedendo ai progettisti di andare a verificare sul posto se
vi era il rischio di discesa dal confine di carri armati, prevedendo nel caso
affermativo una adeguata difesa anticarro. Quando tutti furono d'accordo che il
progetto primitivo andava bene, erano passati 2 anni e lo Stato Maggiore
sospese i lavori, preferendo impiegare il poco denaro a disposizione in altre
zone ritenute più a rischio.
Lo sbarramento di
Villanova fu quindi costruito in tutta fretta nel 1940: visto il grave ritardo,
si preferì costruire le opere con la tipologia 7000 senza prevedere alcun adeguamento
alla circolare 15000, distribuita alla fine del 1939. Lo sbarramento era
formato - da nord a sud - da 5 opere, numerate rispettivamente 1, 2, 7, 8 e 3, oltre
che da una mulattiera e una teleferica di collegamento con il Col Content. All’inizio del 1940 vennero effettuate varie proposte per il rafforzamento dello sbarramento con opere in caverna, adatte a resistere ai medi calibri, data “l’importanza della posizione, per le sue caratteristiche riassuntive delle provenienze di oltre confine”, che fece ritenere “indispensabile un conveniente potenziamento sia nel senso della fronte, sia nel senso della profondità”. Tali progetti non videro alcuna concretizzazione, essenzialmente per problemi di risorse economiche.
Giunti all’abitato di
Villanova, fa ancora bella mostra di sé la Caserma Monte Granero (ricovero
X), dirimpetto al parcheggio alla fine della strada asfaltata. Realizzata tra il 1939 e il 1940, poteva ospitare 60 uomini. Purtroppo,
lo stato di abbandono del bene, ancora in possesso del demanio militare, mostra
tutta l’incuria del tempo e della mala gestione della struttura. Attraversata la borgata, l’ultima casa sulla
destra, accanto alla fontana, mostrerà ancora lo scudo ed il gladio, simboli
della Guardia alla Frontiera, a sovrastare il motto “Resistere ad ogni costo”.
Proseguendo, può
agevolmente scorgersi, in mezzo ad un prato a sinistra, sull’altro lato del
Pellice, una piccola struttura che apparentemente pare una baita, ma che
avvicinandosi, attraversando il ponte in legno ed il pianoro erboso, rivela la
sua natura bellica: è l’opera 8. Posta a circa 1.250 metri di altitudine
sulla destra orografica del torrente Pellice, l'opera 8 è la più bassa del caposaldo
Villanova. Tipica opera di tipo 7000, il suo compito era di coprire, con la sua
arma di mitragliatrice, il fondovalle e le pendici del Mirabouc. In ottimo
stato di conservazione, l’opera aveva l'ingresso posizionato nella parte
posteriore, verso l’abitato di Villanova, ed era dotata di una porta stagna e
di una fotofonica idonea a comunicare con l’abitato, ove verosimilmente era
predisposta una stazione fotofonica mobile da campo. Dopo l’ingresso, un breve
corridoio conduce dapprima ad un piccolo ricovero per il personale e quindi
alla casamatta dell'arma, dove sono ancora visibili le guide metalliche per la
mitragliatrice e varie nicchie destinate a contenere le munizioni.
Se si scende verso
valle su questo lato del Pellice, seguendo una pista sterrata fino alla sua
conclusione, si giunge ad un grande ripiano di roccia proprio di fronte alla
borgata di Villanova. Qui è possibile rinvenire gli scavi dell’opera 8/a, l’unica
opera media tipo 15000 tra quelle previste che è stata almeno iniziata: avrebbe
dovuto essere armata con due mitragliatrici e un cannone anticarro e controllare
tutto il caposaldo. Furono effettuati solo alcuni sbancamenti e brevi tratti di
galleria (l'accesso risulta chiuso da un muro di pietra), mentre sul dosso
roccioso soprastante si notano i resti di due appostamenti.
Qualora, invece, dal
parcheggio posto prima dell’abitato di Villanova, si risalga la carrozzabile
per la conca del Prà, appena oltrepassata la biforcazione per il pian della
Crosenna, notiamo una costruzione appena sotto il ciglio della strada: questa è
l’opera 7, a cui, tuttavia, si sconsiglia
l’accesso a causa dell’esposizione della via per raggiungerla e delle numerose
rocce crollate sopra e intorno alla struttura. Aveva la funzione di coprire con
la sua arma di mitragliatrice la località Mirabucas ed era in comunicazione con
l’opera 3.
Pochi passi oltre l’opera
7, dalla strada principale si dirama un ripido stretto sentierino che porta
alle opere 1 e 2, autentici piccoli gioielli fortificati all’interno delle
strutture del Vallo Alpino occidentale. L’opera 1 è posizionata su un
costone roccioso a 1.500
metri di altitudine ed è l’unica opera di tipo 7000 di
tutto il Vallo Alpino ad avere ben 6 mitragliatrici, puntate sul vallone del
Rio Crosenna e sulle pendici del Mirabouc, per contrastare eventuali nemici
provenienti dai valloni laterali rispetto al Colle della Croce (Colli della
Malaura e dell’Urina). La struttura è disposta su due piani: quattro armi al
piano superiore e due al piano terra. La parte frontale dell'opera, inoltre,
non si presenta su un fronte piano, ma sfalsata, così da permettere alle armi
di ogni fronte di avere campi di tiro differenti. L’ingresso è sul lato
italiano e presenta alla sinistra un condotto per fotofonica idonea a
permettere la comunicazione con l’opera 3, posta sull’altro versante della
valle. Oltrepassato un piccolo ricovero, un breve corridoio conduce alle
postazioni di mitragliatrice del piano terra, da cui, tramite due botole con
scala alla marinara, si può raggiungere il primo piano con le altre quattro
armi. Da segnalare, su un dosso poco sopra l‘opera 1, i resti di una postazione
allo scoperto.
Originariamente in questo sito era prevista la costruzione
di una grossa opera tipo 15000 denominata 1/a, armata con 6 mitragliatrici e
pezzi d’artiglieria, ma a causa di difficoltà tecnico-costruttive (parte delle
bocche da fuoco avrebbero dovuto essere installate a livello del terreno e
avrebbero pertanto richiesto grandi rilevati in calcestruzzo per la loro
protezione), si preferì realizzare un’opera più semplice con le sole
mitragliatrici e spostare la batteria in caverna a batterie mobili allo
scoperto. Alle spalle della borgata Chiot sono ancora oggi rilevabili alcuni terrazzamenti,
forse destinati a tale postazione.
L’opera 2, è
leggermente più in basso, all’ingresso della borgata Chiot a quota 1485 metri di
altitudine, sullo stesso spalto roccioso dell’opera 1, posta poco distante. Anch’essa
perfettamente mimetizzata a baita e pienamente integrata, almeno visivamente,
con le strutture della borgata, è ottimamente conservata ed era dotata di due
armi di mitragliatrici per battere il fondovalle. Anche in questo caso
l’ingresso è posteriore, sul lato italiano, e conduce ad un piccolo ricovero a
cui poi si giunge alla casamatta, ove si può scorgere il condotto per la
fotofonica idonea a comunicare con l’opera 3.
L’opera 3 consiste
nel distinguibile blocco in calcestruzzo posto sul versante opposto della
valle. Dal pianoro ove si trova l’opera 8 occorre risalire il ripidissimo e
franoso crinale per giungere al malloppo in calcestruzzo, mai rivestito o
mimetizzato, dotato di due armi di mitragliatrice e destinata a coprire tutto
il fondovalle e le pendici del Mirabouc, coprendo anche le altre opere poste più
in basso. Accanto all’ingresso, inoltre, è possibile notare ben tre condotti
fotofonici, destinati alle comunicazioni con le altre opere del caposaldo (1, 2
e 7). A monte di questo bunker, lungo la dorsale che sale verso il Courbarant, erano state previste altre opere (3/a, 9, 10) in luoghi il cui accesso risulta davvero complicato: forse anche per questo motivo non ne vennero nemmeno iniziati gli scavi.
Sulla strada che da
Villanova conduce alla Conca del Prà, nella zona del vecchio forte Mirabouc,
la documentazione storica segnala la presenza di un’interruzione stradale
(indicata con il n. 133), realizzata nei primi anni del ‘900 in un punto in cui
le scarpate sia a monte sia a valle sono molto ripide. Inizialmente creata con due fori di mina verticali profondi
2,5 metri
rivestiti con tubi in ghisa in cui inserire della gelatina esplosiva, in
seguito fu modificata scavando due pozzi di 4 metri di profondità con
camere di mina destinate a ospitare tritolo.
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