Il Colle Barant (2.376 metri s.l.m.)
divide la Conca del Prà dal Vallone dei Carbonieri. È conosciuto anche come
Colle Baracun, per via di un baraccamento militare costruito probabilmente alla fine dell'800 e usato per controllare eventuali movimenti di truppe francesi. Questa
struttura fu in seguito ingrandita e utilizzata durante la 2° guerra mondiale
come caserma VIII della Guardia alla Frontiera: composta da due piani,
con un’intercapedine sul retro e un baraccotto esterno che ospitava le latrine,
poteva ospitare 60 soldati. Dopo un lungo periodo di abbandono, l’edificio è
stato recuperato verso la fine degli anni ’90 grazie alla Comunità Montana Val
Pellice (ora Unione Montana del Pinerolese), ed oggi è noto agli escursionisti
come il “Rifugio Barant”.
Nell’ottobre del 1913 fu inaugurata la mulattiera Pralapia – Alpe Roussa – Col Barant. Negli anni ’20 i militari eseguirono alcune riparazioni alle strutture presenti al Col Barant e al Col Porsel; furono inoltre realizzati dei piccoli ripari per muli presso i vecchi trinceramenti. Ciononostante, nel 1932 fonti del servizio di spionaggio francese giudicavano “abbandonata” la posizione del Barant.
Alla fine degli anni '30, la soffiata di alcuni contrabbandieri, che avevano segnalato agli italiani la presenza di truppe francesi nella Valle d'Abries, impegnate soprattutto a migliorare ed allargare le strade e le mulattiere che conducevano ai colli della Croce e Seilliere, mise in forte agitazione gli alti comandi italiani. Fu così che nel 1938 si iniziarono alcuni lavori di miglioramento della viabilità, con la costruzione della strada che ancora oggi risale il Vallone dei Carbonieri e che, nel 1940, raggiunse il Colle del Baracun.
I progettisti del
Genio del Corpo d'Armata di Torino predisposero un nuovo progetto di
sistemazione difensiva della Val Pellice, proponendo uno sbarramento
mastodontico. Soltanto per zona del Courbarant vennero progettate 18 opere
armate in caverna e 5 ricoveri, prevedendo l’impiego di circa duecento soldati.
Si trattava di un progetto in gran parte sbagliato, compilato in tutta fretta
per recuperare il tempo perduto; il ministero della Guerra di Roma se ne
accorse immediatamente e rispose al comando della 4° Armata ordinando, per la
zona del Baracun, di sopprimere metà delle opere, ritenute non indispensabili,
affidando l'azione a difesa del Colle della Croce alla 150° batteria G.a.F. del
Fautet, già realizzata. Il progetto fu rivisto, corretto e finalmente approvato
il 31 luglio 1939. Erano previste 5 opere (numerate progressivamente dalla 11 alla
15) ai piedi della dorsale del Curbarant, tra la Colletta e la Mait del Prà. Il
10 agosto 1939 iniziarono i primi lavori di picchettamento e scavo, ma le
condizioni meteorologiche particolarmente inclementi impedirono di effettuare
le gettate di cemento. Furono inoltre stesi alcuni tratti di reticolato di filo spinato in
località Mait del Prà (in parte ancora visibili), che avrebbero dovuto arrivare
fino alla Colletta.
All'inizio del 1940, “data la facile percorribilità
della dorsale del Baracun” si ritenne “necessario
potenziare la posizione tanto nel senso frontale quanto nel senso della
profondità”, trasformando le strutture di cui erano già iniziati gli scavi
in opere piccole, resistenti ai medi calibri e adeguate ai principi della
circolare 15000. Furono inoltre progettate tre opere grosse in parte in caverna, così
distribuite: la 14/a sulla dorsale del Courbarant, la 15/a nei pressi del Colle
del Baracun e la 16/a sullo sperone ad ovest del Colle della Mait del Prà
(quest’ultima in sostituzione delle opere 14 e 15). Tali opere avrebbero più
efficacemente contrastato eventuali attacchi provenienti dal confine francese
(colli Urina, Croce e Vittona). Per agevolare i rifornimenti in quota fu
inoltre prevista una teleferica che raggiungesse la zona del Courbarant salendo
dalla borgata Eissart (progetto poi abbandonato, data la presenza della
teleferica del Fautet).
Nell’agosto del 1940, con la guerra contro la Francia in corso, lo Stato Maggiore decise di abbandonare ogni progetto difensivo riguardo il Col Baracun: “Com'è noto la zona della Val Pellice è quella dove la sistemazione difensiva è rimasta più arretrata. E' opportuno pertanto che venga terminato almeno lo sbarramento di Villanova e gli sbarramenti del II sistema già in fase di costruzione. Tenute presenti le necessità di ridurre i programmi già concretati si ritiene possibile rinunciare alle opere difensive del Baracun i cui compiti potranno essere affidati - come si è verificato durante le recenti operazioni - a batterie mobili”, ovvero la 150° e la 31°, descritte più avanti. Fu così che l’unica opera a venire completata fu la 35, mentre di alcune delle altre opere, progettate a sbarramento del colle, furono appena iniziati gli scavi delle fondamenta.
Nell’agosto del 1940, con la guerra contro la Francia in corso, lo Stato Maggiore decise di abbandonare ogni progetto difensivo riguardo il Col Baracun: “Com'è noto la zona della Val Pellice è quella dove la sistemazione difensiva è rimasta più arretrata. E' opportuno pertanto che venga terminato almeno lo sbarramento di Villanova e gli sbarramenti del II sistema già in fase di costruzione. Tenute presenti le necessità di ridurre i programmi già concretati si ritiene possibile rinunciare alle opere difensive del Baracun i cui compiti potranno essere affidati - come si è verificato durante le recenti operazioni - a batterie mobili”, ovvero la 150° e la 31°, descritte più avanti. Fu così che l’unica opera a venire completata fu la 35, mentre di alcune delle altre opere, progettate a sbarramento del colle, furono appena iniziati gli scavi delle fondamenta.
Il Colle Barant è oggi
raggiungibile sia dal versante est, attraverso la strada ex-militare sterrata che parte dal
Rifugio Barbara Lowrie, sia da quello ovest, con una pista di più recente
realizzazione che lo collega alla Conca del Prà.
Salendo dal Rifugio Barbara,
giunti al bivio per l’Alpe La Rossa si può scorgere una piccola struttura in
calcestruzzo posta a ridosso del versante montano sul lato opposto: si tratta
della stazione di arrivo della teleferica del Fautet. Per raggiungerla
occorre prendere la diramazione che scende verso l’alpeggio e poi, dopo
l’ultimo tornante, imboccare sulla sinistra una mulattiera militare, in
evidente stato di abbandono, passando accanto ai ruderi di quello che
probabilmente era un altro vecchio baraccamento militare. L’edificio della
stazione della teleferica si presenta in buono stato di conservazione,
con i muri integri mentre il tetto a due falde, realizzato con mattoni rivestiti esternamente in cemento, sta ormai cedendo in vari punti. All’interno si trova il basamento che sorreggeva la parte
meccanica, con la puleggia motrice e la corona dentata ancora presenti. Poco a est si possono vedere i resti di uno dei piloni che sorreggevano i cavi. La teleferica proveniva
da Crosetta, sul fondovalle della Comba Carbonieri, ed era utilizzata per rifornire la 150° batteria campale G.a.F.. Infatti,
salendo pochi minuti in direzione est fino a raggiungere la vetta pianeggiante del Monte
Fautet, si incontrano le quattro piazzole che ospitavano i cannoni da
149/35. Di forma squadrata, sono realizzate appena a valle della cresta, in modo da risultare protette da eventuali attacchi, e sono disposte obliquamente rispetto al versante. Si trattava di una
batteria all’aperto di cannoni a grande gittata, allo scopo di battere i colli
di confine. Una seconda batteria, la 31° dotata di pezzi da 75/27, secondo le mappe dell'epoca era
posizionata più in basso, sul versante verso il vallone della Biava, anche se non si sono rilevate resti di piazzole. Era stata
prevista anche la costruzione di due ricoveri per uomini e munizioni, che però
non furono mai realizzati.
Proseguendo in
direzione del Colle Barant, si raggiunge la località Pian delle Marmotte dove
si notano alcuni ruderi di baraccamenti destinati
ad alloggiare i militari, oggi utilizzati dai pastori per il ricovero delle
greggi. Sempre qui si possono ancora osservare vari cumuli di pietre disposte a
cerchio, che presumibilmente sono ciò che rimane del “Campo trincerato del Gias Superiore”, indicato sulle mappe di fine‘700.
Dopo aver raggiunto il
colle con l’ex ricovero VIII, nei cui pressi si notano i resti di una vasca per
la raccolta dell’acqua piovana, si può percorrere il costone a nord-est dove si
trovano numerose piazzole e spianamenti in terra battuta al riparo della
cresta, destinate un tempo ad ospitare le tende dei militari, oltre ad alcune tracce
di scavi per opere (forse la 16/a) e postazioni all’aperto, verso
il Colle della Mait del Prà. Proprio sopra l’attuale rifugio, vi sono i resti
dell’osservatorio del Barant, costituito da un semplice muretto a
semicerchio in pietra a secco in splendida posizione dominante sulla Conca del
Prà e su tutto il crinale di confine con la Francia.
Scendendo lungo la
pista dal lato verso il Prà si possono trovare un altro rudere di baraccamento
militare con i resti di una cucina, alcuni mucchi
di filo spinato, piazzole e spianamenti e una vasca in cemento
per la raccolta dell’acqua. Poco più a valle, in corrispondenza del primo
tornante, ecco l’opera 35, l’unica completata, posta a circa 2.300 metri di
altitudine. Edificato al riparo di un blocco roccioso e mimetizzato con
l’utilizzo di pietre locali, il bunker ha il proprio ingresso ben visibile
grazie alla struttura in cemento armato ed è costituita da una semplice
postazione per due mitragliatrici battenti a nord, verso la Conca del Prà ed il
Colle della Croce.
Scendendo
ulteriormente di quota si raggiunge il giardino botanico alpino “B. Peyronel”,
realizzato negli anni ’90: il piccolo edificio ristrutturato come riparo per le
guide-custodi del giardino era naturalmente un ricovero militare, e alle
sue spalle si può osservare l’inizio di uno sbancamento per l’opera 14. Verso
est, sopra la strada, sono ancora visibili i piloni e il cavo di una
teleferica che collegava la zona con la sottostante Conca del Prà.
Proseguendo
la strada arriva in località Colletta, dove è possibile imboccare il bivio
della mulattiera militare dell’Autagna, che attraverso numerosissimi tornanti
scende, dopo un dislivello di 1.200 metri, fino al fondovalle principale, nei
pressi della borgata Eyssart. Nei dintorni si trovano i resti del ricovero IX, ormai completamente diruto, con a fianco i basamenti di una
teleferica o qualche altro impianto. Poco a monte, sulla dorsale del
Courbarant, restano alcuni trinceramenti di probabile origine fine-settecentesca,
utilizzati anche durante il periodo della seconda guerra mondiale come appostamenti.
Infine, continuando a scendere lungo la pista, in corrispondenza di alcuni
speroni rocciosi a valle della strada si osservano gli scavi e gli sbancamenti
realizzati per le tre opere 11, 12 e 13, mai completate.
Anche per il vicino Col Porsel, raggiungibile
o dal Pian delle Marmotte oppure percorrendo la cresta a sud-ovest del Barant,
venne prevista la costruzione di due opere,
denominate 21 e 22, al fine di “chiudere con una
robusta porta il colle”, che però non furono nemmeno iniziate. Attualmente sul
valico sono visibili i ruderi del ricovero VII, realizzato al riparo
della cresta, che avrebbe dovuto ospitare 20 soldati, e nei dintorni una postazione all'aperto, protetta
solamente da un muro di pietre.
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