domenica 25 dicembre 2016
martedì 20 dicembre 2016
Antiche Mura oltre i Confini
L' Associazione Culturale "Vivere le Alpi" e l' AssCulturale LaValaddo
per augurarvi Buone Feste, vi propongono un viaggio tra storia, architettura e cartografia alla
scoperta delle fortificazioni medievali di Oulx e delle fortificazioni
italiane e francesi all'ombra della batteria dello Chaberton.
Intervengono Davide Bianco, Luca Grande, Simona Pons e Andrea Terzolo
Appuntamento per il 23 dicembre 2016, ore 20.30!
lunedì 12 dicembre 2016
Alla
Dopo il rinvio forzato causato dall'alluvione che ha duramente colpito il pinerolese, l' Associazione Culturale "Vivere le Alpi"
per il suo III anniversario invita nuovamente tutti a scoprire gli animali che
"vivono" le Alpi con un pomeriggio culturale ospitato dai locali dell' ANP - Civico Museo di Scienze Naturali Mario Strani in cui interverranno numerose associazioni ed istituzioni impegnate nella tutela della fauna alpina selvatica e non.
Sabato 17 dicembre 2016, presso il Museo di Scienze Naturali di Pinerolo
Scopriremo insieme l'attività de Il Rifugio degli Asinelli ONLUS di Sala Biellese, del C.A.N.C. - Centro Animali Non Convenzionali di Torino e l'impegno dell'associazione L'arte nell'essere lupo e del Parco Alpi Cozie nelle nostre valli.
Sarà possibile visitare l' ANP - Civico Museo di Scienze Naturali Mario Strani e la mostra di fotografia naturalistica curata da Giuseppe Martini e Lorenzo Argento.
Verranno inoltre consegnati al C.A.N.C. - Centro Animali Non Convenzionali di Torino gli oltre 50 kg di alimenti e materiali dall'Associazione negli ultimi mesi.
Sarà possibile visitare l' ANP - Civico Museo di Scienze Naturali Mario Strani e la mostra di fotografia naturalistica curata da Giuseppe Martini e Lorenzo Argento.
Verranno inoltre consegnati al C.A.N.C. - Centro Animali Non Convenzionali di Torino gli oltre 50 kg di alimenti e materiali dall'Associazione negli ultimi mesi.
Nell'ambito della manifestazione verranno
inoltre premiati i vincitori di Scatta il Forte, il concorso fotografico
organizzato insieme all'Associazione Culturale La Valaddo per la promozione delle opere fortificate alpine.
Al termine del pomeriggio un rinfresco aperto a tutti i partecipanti per augurare a tutti voi buone feste!
Al termine del pomeriggio un rinfresco aperto a tutti i partecipanti per augurare a tutti voi buone feste!
martedì 15 novembre 2016
Risultati del concorso fotografico SCATTA IL FORTE III
Vince, replicando il successo della prima edizione Luigi Avondo, che si aggiudica il pernottamento per due persone nel BnB1504 ad Oulx con la fotografia “Forte di Fenestrelle”, risultata la più votata dal pubblico.
Secondo posto per Federico Milesi che vince l’aperitivo di benvenuto e la cena presso l’ Agriturismo Costa Lourens di Torre Pellice con il suo scatto “Exilles, il gigante nella nebbia”, mentre sul terzo gradino del podio, ad aggiudicarsi un buono spesa di € 50 presso “Fotografica Gariglio” di Perosa Argentina, sale Enrico Durando con “Le caserme del Gran Serin”.
Quarto Claudio Bonifazio, campione uscente, con lo scatto “Chaberton, dominio sulla val Thuras” e quinto Walter Riccio con “Caserma Malamot, la dove osano le aquile”, entrambi ad aggiudicarsi una creazione artistica dell’artista RobertaAmprino e una stampa fotografica di un’opera di Giuseppe Martini.
Inoltre, una giuria tecnica ha ritenuto, come già anticipato, di assegnare anche un premio ulteriore, consistente in un’opera artistica messa a disposizione dall’artista Mery Rigo e da un’opera fotografica concessa da Giuseppe Martini e tale premio lo potrà ritirare Michele Francesco Barale, con la sua fotografia “Mare-il confine è orizzontale – Batteria dello Chaberton”.
Le motivazioni verranno spiegate direttamente all’anniversario dell'Associazione che si terrà il 26 novembre dalle 14.30 a Villa Prever di Pinerolo, dai membri della giuria tecnica che premieranno direttamente il vincitore.
lunedì 8 agosto 2016
Presentazione progetto "A scuola di Forti"
Ricordiamo che domani, nell'ambito della manifestazione "Campane e
Campanili in gioco" a Perrero, verranno presentati gli ottimi risultati
raggiunti dal progetto "A scuola di Forti", finanziato grazie ai fondi
della L.482/99 gestiti dall'Unione dei Comuni delle Valli Chisone e
Germanasca e nato dalla collaborazione dell' Associazione Culturale "Vivere le Alpi" e dell' AssCulturale LaValaddo.
I lavori dei bambini della Scuola Primaria di Inverso Pinasca verranno presentati dall'insegnante Stefania Micol e da Martino Laurenti.
domenica 5 giugno 2016
Castelli tra terra e mare: Forte di Castruccio
La struttura venne modificata ed ampliata nel 1488 nell'ambito del programma di rinnovamento difensivo della zona e fu, poi, completata nel 1502 con la costruzione del rivellino che inglobò la vecchia torre medievale.
Attualmente è un museo.
domenica 1 maggio 2016
Castelli tra terra e mare: la fortezza Firmafede
Sorge al confine sud orientale del borgo fortificato, nato all'inizio del XIII secolo intorno alla locale chiesa di S. Maria, la fortezza di Firmafede si sviluppa quando i pisani, alleati dei sarzanesi, cingono di mura la città ed edificano il centro fortificato, completato poi nel 1314 con bastioni e battifolle.

I fiorenti distruggeranno la fortezza nel 1487, ma vista la posizione strategica, decideranno di fortificare nuovamente la zona con una cittadella che risulta abitata già 5 anni dopo.
La fortezza è stata recentemente ristrutturata ed oggi viene utilizzata per manifestazioni culturali
lunedì 18 aprile 2016
lunedì 11 aprile 2016
domenica 10 aprile 2016
domenica 3 aprile 2016
Castelli tra terra e mare: la Fortezza dell'Isola Palmaria
La Batteria Umberto I sorge immersa nel Parco dell'Arcipelago di Porto Venere, patrimonio dell'UNESCO, e fu costruita su progetto del Tenente Colonnello Ferdinando Spegazzini tra il 1887 e il 1889 nell'ambito del progetto di miglioramento della difesa del Golfo di La Spezia.
Tutta la struttura doveva sostenere la cupola in ghisa che ospitava l'armamento della batteria ed era costituita da 15 scudi trapezoidali disposti l'uno accanto all'altro e da due piastre a coprirne il cielo.
Particolari sono le murature, costruite con la pietra calcarea locale, e caratteristiche per l'alternanza di un tessuto murario costituito da conci in pietra da taglio perfettamente liscio con elementi specialistici in corrispondenza delle bozze angolari, delle bucature ad arco e del basamento, lavorati in forma di bugnato rustico fortemente aggettante.
Oggi la Batteria è stata completamente ristrutturata mantenendone la qualità architettonica primitiva.
Testo: Simona Pons
Foto: http://www.wikispedia.it/mediawiki/index.php?title=BATTERIA_UMBERTO_I
sabato 26 marzo 2016
Vallo Alpino: Caposaldo Crosenna (Bobbio Pellice)
Dopo aver realizzato
le opere dello Sbarramento di Villanova, lo Stato Maggiore ed il Genio di
Torino, analizzando le difese, si accorgono di un evidente lacuna nei sistemi
difensivi della Val Pellice, dovuta alla considerazione che eventuali
aggressori provenienti dai colli laterali avrebbero facilmente potuto aggirare
le opere di Villanova. Così, tra il 1940 e il 1941 venne realizzato il
Caposaldo Crosenna, composto dalle opere 31 e 32 e da un
ricovero presso il Col Content, oltre a una mulattiera di collegamento con Villanova.
Interessante la
ricostruzione documentale operata da Marco Boglione, che ci illustra come “la costruzione dei due bunker,
dell’osservatorio e del ricovero non desta troppe preoccupazioni: le difficoltà
maggiori riguardano la mulattiera” e vengono menzionate le difficoltà
derivanti non tanto dalla conformazione rocciosa del terreno quanto dal
dislivello, le quali circostanze, unite insieme, determinano la necessità di
numerosi tratti con il sostegno di muri di rinforzo.
Per raggiungere il Col
Content (2.108 metri
s.l.m.), una volta giunti a Villanova, si oltrepassa il parcheggio e si
continua in auto la carrozzabile sterrata sino al cartello di divieto
d’accesso. Da qui ci si incammina a piedi e dopo appena un centinaio di metri
si imbocca il sentiero a destra seguendo le indicazioni “Col Content – Alpe
Bancet – Colletta Faure”. Per tutto il primo tratto la strada militare è
pressoché invisibile a causa di una frana che ne ha cancellato le tracce, così
che la salita procede regolare ma ripida in un bel faggeto nel vallone del Rio
Pissoi. Usciti dalla boscaglia, il sentiero prosegue con ripidi tornanti, più o
meno lunghi, sempre facenti parte della strada militare che, benché in buona
parte crollata, conserva ancora spettacolari elementi e pregevoli muri di
sostegno ai tornanti.
Si giunge così, in
poco più d’un paio d’ore da Villanova, sino al ricovero XI, composto da
5 vani (compresa una piccola cucina) e adatto ad ospitare una trentina di
uomini. La prima struttura visibile sono le latrine, in un corpo distaccato
dalla caserma, quindi, lasciandosi alle spalle la strada militare che sale sino
all’Alpe Bancet, si devia per aver contezza del buono stato del ricovero, costruito
a ridosso della parete rocciosa ma protetto da un’intercapedine.
Proseguendo in
direzione del Col Content, si giunge rapidamente all’opera 31, posta
accanto al colle e consistente in una casamatta per mitragliatrice con ormai
buona parte del rivestimento in pietra distaccatosi a mostrare la sottostante
struttura in calcestruzzo.
Volgendo lo sguardo
verso l’altro versante del colle, si scorgerà senza alcuna difficoltà l’opera
32, gemella della 31 e anch’essa composta di una casamatta per
mitragliatrice, idonea a battere tutto il sottostante Vallone del Crosenna, cui
il Col Content funge da spartiacque rispetto al Vallone della Resiassa. Quest’opera, in particolare, vede al suo interno alcuni graffiti dei
militari che vi prestarono servizio.
Nei pressi delle due
opere sono presenti alcuni basamenti di cemento, probabilmente utilizzati per
una teleferica di collegamento con il fondovalle, oltre ai resti di una postazione-osservatorio, mentre
poco a monte del colle si scorgono tracce di alcune postazioni per
artiglierie leggere. Se invece si scende lungo il sentiero che raggiunge il sottostante alpeggio della Crosenna, si incontra uno sbancamento di notevoli dimensioni lungo la linea del crinale, destinato ad accogliere l’opera 33.
In alcuni documenti dei comandi militari si legge che “per le necessità determinate dalle sue funzioni, si ritiene necessario di aumentare la solidità dello sbarramento di Colle Content, integrando le opere già esistenti con un'opera media tipo 15.000 a 4 armi (33/a) ed una piccola a 2 armi (31/a)”. Quest’ultima era prevista lungo il sentiero verso l’Alpe Bancet, a nord del colle, dove ancora oggi si rileva un piccolo scavo, mentre la 33/a avrebbe dovuto essere realizzata tra la 32 e la 33: proprio quest’ultima, che era stata appena iniziata, venne quindi soppressa in favore della nuova opera 15000. Come ulteriore rinforzo al caposaldo fu progettato anche un bivacco a Colle Passon, presso la punta Resiassa sopra al Col Content.
In alcuni documenti dei comandi militari si legge che “per le necessità determinate dalle sue funzioni, si ritiene necessario di aumentare la solidità dello sbarramento di Colle Content, integrando le opere già esistenti con un'opera media tipo 15.000 a 4 armi (33/a) ed una piccola a 2 armi (31/a)”. Quest’ultima era prevista lungo il sentiero verso l’Alpe Bancet, a nord del colle, dove ancora oggi si rileva un piccolo scavo, mentre la 33/a avrebbe dovuto essere realizzata tra la 32 e la 33: proprio quest’ultima, che era stata appena iniziata, venne quindi soppressa in favore della nuova opera 15000. Come ulteriore rinforzo al caposaldo fu progettato anche un bivacco a Colle Passon, presso la punta Resiassa sopra al Col Content.
Lungo la mulattiera
che collega l’alpeggio Crosenna alla strada di fondovalle per Villanova, a
circa 1.580 metri
di quota, in una zona in cui il versante si presenta ripido e impervio, si
possono infine individuare sei fornelli per camere da mina, che
servivano a far saltare il sentiero in caso di necessità, bloccando così
l’accesso al vallone. Ognuno di essi reca ancora una targa, incisa nella
pietra, con alcuni dati di riferimento.
Sfoglia la gallery fotografica qui sotto:
venerdì 25 marzo 2016
Vallo Alpino: Caposaldo Villanova (Bobbio Pellice)
La costruzione dello
sbarramento di Villanova subì numerose indecisioni, ritardi e ripensamenti da
parte dell'Amministrazione Militare durante la fase di progettazione delle
opere e delle sistemazioni difensive. Si incominciò a parlare di “opere difensive da costruirsi nella zona di Villanova
Pellice a sbarramento delle provenienze dal colle della Croce e dalla valle
Crosenna”, nel 1936. Vennero effettuati alcuni studi sul posto che si
tramutarono in progetti particolareggiati. Il progetto comprendeva 7 opere in
caverna tipo circolare 200 disposte a semicerchio dalla dorsale del Courbarant
alle pendici occidentali della Val Crosenna. L'armamento totale di queste opere
era di 12 mitragliatrici.
Lo Stato Maggiore
bocciò lo studio chiedendo ai progettisti di andare a verificare sul posto se
vi era il rischio di discesa dal confine di carri armati, prevedendo nel caso
affermativo una adeguata difesa anticarro. Quando tutti furono d'accordo che il
progetto primitivo andava bene, erano passati 2 anni e lo Stato Maggiore
sospese i lavori, preferendo impiegare il poco denaro a disposizione in altre
zone ritenute più a rischio.
Lo sbarramento di
Villanova fu quindi costruito in tutta fretta nel 1940: visto il grave ritardo,
si preferì costruire le opere con la tipologia 7000 senza prevedere alcun adeguamento
alla circolare 15000, distribuita alla fine del 1939. Lo sbarramento era
formato - da nord a sud - da 5 opere, numerate rispettivamente 1, 2, 7, 8 e 3, oltre
che da una mulattiera e una teleferica di collegamento con il Col Content. All’inizio del 1940 vennero effettuate varie proposte per il rafforzamento dello sbarramento con opere in caverna, adatte a resistere ai medi calibri, data “l’importanza della posizione, per le sue caratteristiche riassuntive delle provenienze di oltre confine”, che fece ritenere “indispensabile un conveniente potenziamento sia nel senso della fronte, sia nel senso della profondità”. Tali progetti non videro alcuna concretizzazione, essenzialmente per problemi di risorse economiche.
Giunti all’abitato di
Villanova, fa ancora bella mostra di sé la Caserma Monte Granero (ricovero
X), dirimpetto al parcheggio alla fine della strada asfaltata. Realizzata tra il 1939 e il 1940, poteva ospitare 60 uomini. Purtroppo,
lo stato di abbandono del bene, ancora in possesso del demanio militare, mostra
tutta l’incuria del tempo e della mala gestione della struttura. Attraversata la borgata, l’ultima casa sulla
destra, accanto alla fontana, mostrerà ancora lo scudo ed il gladio, simboli
della Guardia alla Frontiera, a sovrastare il motto “Resistere ad ogni costo”.
Proseguendo, può
agevolmente scorgersi, in mezzo ad un prato a sinistra, sull’altro lato del
Pellice, una piccola struttura che apparentemente pare una baita, ma che
avvicinandosi, attraversando il ponte in legno ed il pianoro erboso, rivela la
sua natura bellica: è l’opera 8. Posta a circa 1.250 metri di altitudine
sulla destra orografica del torrente Pellice, l'opera 8 è la più bassa del caposaldo
Villanova. Tipica opera di tipo 7000, il suo compito era di coprire, con la sua
arma di mitragliatrice, il fondovalle e le pendici del Mirabouc. In ottimo
stato di conservazione, l’opera aveva l'ingresso posizionato nella parte
posteriore, verso l’abitato di Villanova, ed era dotata di una porta stagna e
di una fotofonica idonea a comunicare con l’abitato, ove verosimilmente era
predisposta una stazione fotofonica mobile da campo. Dopo l’ingresso, un breve
corridoio conduce dapprima ad un piccolo ricovero per il personale e quindi
alla casamatta dell'arma, dove sono ancora visibili le guide metalliche per la
mitragliatrice e varie nicchie destinate a contenere le munizioni.
Se si scende verso
valle su questo lato del Pellice, seguendo una pista sterrata fino alla sua
conclusione, si giunge ad un grande ripiano di roccia proprio di fronte alla
borgata di Villanova. Qui è possibile rinvenire gli scavi dell’opera 8/a, l’unica
opera media tipo 15000 tra quelle previste che è stata almeno iniziata: avrebbe
dovuto essere armata con due mitragliatrici e un cannone anticarro e controllare
tutto il caposaldo. Furono effettuati solo alcuni sbancamenti e brevi tratti di
galleria (l'accesso risulta chiuso da un muro di pietra), mentre sul dosso
roccioso soprastante si notano i resti di due appostamenti.
Qualora, invece, dal
parcheggio posto prima dell’abitato di Villanova, si risalga la carrozzabile
per la conca del Prà, appena oltrepassata la biforcazione per il pian della
Crosenna, notiamo una costruzione appena sotto il ciglio della strada: questa è
l’opera 7, a cui, tuttavia, si sconsiglia
l’accesso a causa dell’esposizione della via per raggiungerla e delle numerose
rocce crollate sopra e intorno alla struttura. Aveva la funzione di coprire con
la sua arma di mitragliatrice la località Mirabucas ed era in comunicazione con
l’opera 3.
Pochi passi oltre l’opera
7, dalla strada principale si dirama un ripido stretto sentierino che porta
alle opere 1 e 2, autentici piccoli gioielli fortificati all’interno delle
strutture del Vallo Alpino occidentale. L’opera 1 è posizionata su un
costone roccioso a 1.500
metri di altitudine ed è l’unica opera di tipo 7000 di
tutto il Vallo Alpino ad avere ben 6 mitragliatrici, puntate sul vallone del
Rio Crosenna e sulle pendici del Mirabouc, per contrastare eventuali nemici
provenienti dai valloni laterali rispetto al Colle della Croce (Colli della
Malaura e dell’Urina). La struttura è disposta su due piani: quattro armi al
piano superiore e due al piano terra. La parte frontale dell'opera, inoltre,
non si presenta su un fronte piano, ma sfalsata, così da permettere alle armi
di ogni fronte di avere campi di tiro differenti. L’ingresso è sul lato
italiano e presenta alla sinistra un condotto per fotofonica idonea a
permettere la comunicazione con l’opera 3, posta sull’altro versante della
valle. Oltrepassato un piccolo ricovero, un breve corridoio conduce alle
postazioni di mitragliatrice del piano terra, da cui, tramite due botole con
scala alla marinara, si può raggiungere il primo piano con le altre quattro
armi. Da segnalare, su un dosso poco sopra l‘opera 1, i resti di una postazione
allo scoperto.
Originariamente in questo sito era prevista la costruzione
di una grossa opera tipo 15000 denominata 1/a, armata con 6 mitragliatrici e
pezzi d’artiglieria, ma a causa di difficoltà tecnico-costruttive (parte delle
bocche da fuoco avrebbero dovuto essere installate a livello del terreno e
avrebbero pertanto richiesto grandi rilevati in calcestruzzo per la loro
protezione), si preferì realizzare un’opera più semplice con le sole
mitragliatrici e spostare la batteria in caverna a batterie mobili allo
scoperto. Alle spalle della borgata Chiot sono ancora oggi rilevabili alcuni terrazzamenti,
forse destinati a tale postazione.
L’opera 2, è
leggermente più in basso, all’ingresso della borgata Chiot a quota 1485 metri di
altitudine, sullo stesso spalto roccioso dell’opera 1, posta poco distante. Anch’essa
perfettamente mimetizzata a baita e pienamente integrata, almeno visivamente,
con le strutture della borgata, è ottimamente conservata ed era dotata di due
armi di mitragliatrici per battere il fondovalle. Anche in questo caso
l’ingresso è posteriore, sul lato italiano, e conduce ad un piccolo ricovero a
cui poi si giunge alla casamatta, ove si può scorgere il condotto per la
fotofonica idonea a comunicare con l’opera 3.
L’opera 3 consiste
nel distinguibile blocco in calcestruzzo posto sul versante opposto della
valle. Dal pianoro ove si trova l’opera 8 occorre risalire il ripidissimo e
franoso crinale per giungere al malloppo in calcestruzzo, mai rivestito o
mimetizzato, dotato di due armi di mitragliatrice e destinata a coprire tutto
il fondovalle e le pendici del Mirabouc, coprendo anche le altre opere poste più
in basso. Accanto all’ingresso, inoltre, è possibile notare ben tre condotti
fotofonici, destinati alle comunicazioni con le altre opere del caposaldo (1, 2
e 7). A monte di questo bunker, lungo la dorsale che sale verso il Courbarant, erano state previste altre opere (3/a, 9, 10) in luoghi il cui accesso risulta davvero complicato: forse anche per questo motivo non ne vennero nemmeno iniziati gli scavi.
Sulla strada che da
Villanova conduce alla Conca del Prà, nella zona del vecchio forte Mirabouc,
la documentazione storica segnala la presenza di un’interruzione stradale
(indicata con il n. 133), realizzata nei primi anni del ‘900 in un punto in cui
le scarpate sia a monte sia a valle sono molto ripide. Inizialmente creata con due fori di mina verticali profondi
2,5 metri
rivestiti con tubi in ghisa in cui inserire della gelatina esplosiva, in
seguito fu modificata scavando due pozzi di 4 metri di profondità con
camere di mina destinate a ospitare tritolo.
Sfoglia la gallery fotografica qui sotto:
lunedì 21 marzo 2016
Vallo Alpino: Sbarramento arretrato Villar Pellice
Il sistema
difensivo arretrato della Val Pellice era stato progettato a valle di Villar
Pellice ed era composto da 4 opere tipo 7000, protette alla prova dei piccoli
calibri, numerate 201, 202, 203 e 204, armate complessivamente con 2 cannoni
anticarro e 6 mitragliatrici, e da un muro anticarro (poi non realizzato), che avrebbe dovuto sbarrare la
discesa di mezzi armati provenienti dall'alta valle. A completamento dell'ostacolo erano state predisposte due camere di
mina per eventuali interruzioni stradali: la prima avrebbe fatto crollare il
ponte sul Rio Rospart (interruzione XVIII/13) per bloccare le numerose strade
che tra Villar Pellice e Chabriols scendono nel fondovalle. La seconda
(interruzione XVIII/14) era predisposta nel muraglione di sostegno stradale compreso
tra l'abitato di Villar ed il ponte, pronta ad ostacolare le possibilità di
aggiramento per Ciarmis.
I lavori, definiti “urgentissimi”, vennero cominciati all'inizio del 1939 e terminati alla fine di novembre dello stesso anno. La soluzione adottata non soddisfaceva però completamente lo Stato Maggiore, ma non esistendo nella bassa Val Pellice una stretta tra pareti a picco difendibili con due o tre armi, si dovette provvedere ad una sistemazione difensiva coprente una larghezza complessiva di oltre 500 metri, con un inevitabile aumento dei costi ed una minore sicurezza.
I lavori, definiti “urgentissimi”, vennero cominciati all'inizio del 1939 e terminati alla fine di novembre dello stesso anno. La soluzione adottata non soddisfaceva però completamente lo Stato Maggiore, ma non esistendo nella bassa Val Pellice una stretta tra pareti a picco difendibili con due o tre armi, si dovette provvedere ad una sistemazione difensiva coprente una larghezza complessiva di oltre 500 metri, con un inevitabile aumento dei costi ed una minore sicurezza.
L’opera 201 si trova vicina al letto del
torrente Rospart e per raggiungerla occorre prendere a piedi il sentiero che
risale verso la borgata Ciarmis dal ponte della strada provinciale che
attraversa proprio il Rospart, prima dell’ingresso nell’abitato di Villar
Pellice. Dopo la salita iniziale si giunge ad un piano erboso sul retro del
muro di cinta della casa alla vostra destra. Risalite ulteriormente per qualche
decina di metri la stradina e nel successivo piano erboso potrete scorgere
all’estrema sinistra, verso il torrente, i camini d’aereazione in ferro
spuntare dal terreno. Dirigetevi in quella direzione attraversando il prato e
scendete il sentierino verso il torrente. Da qui dovreste riuscire a scorgere
agevolmente l’ingresso dell’opera, purtroppo colmo di rifiuti. La struttura si
compone di un piccolo corridoio conducente a due centri di fuoco per
mitragliatrici puntate verso il torrente e verso il ponte della provinciale sottostante.
L’opera 202, invece, si trova proprio accanto
alla provinciale, risalendo la Val Pellice. Prima di giungere a Villar Pellice,
infatti, v’è una curva verso destra che permette alla strada di piegare verso
il ponte sul torrente Rospart. Al centro della curva, sul prato sovrastante il
lato destro della strada, si può scorgere l’opera 202. Questa è posta in un
terreno privato e l’ingresso dà proprio sui cortili delle abitazioni, essendo,
tuttavia, ben visibile l’arma di mitragliatrice puntata verso la strada con un
cartello segnaletico di pericolo appeso in malo modo. L’opera, molto semplice
nella sua struttura, consta di un breve corridoio che rapidamente conduce ad
una bocca per mitragliatrice e ad una per pezzo anticarro, puntate verso il
fiume Pellice e la strada proveniente dall'alta valle. È presente inoltre la
predisposizione per un collegamento
fotofonico con l’opera 204.
L’opera 203 si trova, invece, dalla parte
opposta della provinciale, tra la strada ed il fiume Pellice. Prima di entrare
nell’abitato di Villar Pellice, pressappoco dirimpetto all’opera 202, si
incontra, sulla sinistra, la borgata Praferrero, cui si giunge imboccando la
deviazione prima del pilone votivo. Tra le case della borgata, nell’aia
centrale, si può scorgere in direzione del fiume Pellice, la scalinata in
cemento che fa da ingresso all’opera, consistente in una postazione per
mitragliatrice ed una per pezzo anticarro battenti sul fiume. Anche questa è in
terreno privato e collegata visivamente l’opera 204.
L’opera 204 copriva l’altro versante del fiume
Pellice e, pertanto, occorre attraversare il fiume per trovare, lungo i boschi
vicini alla sponda, sempre all’altezza della confluenza con il Rospart, questa
piccola opera mimetizzata da meira in
lose. Anche quest’opera è dotata di due mitragliatrici, una per battere l’alta
valle e una per il letto del fiume, incrociando il fuoco con le altre
postazioni. Si può notare la predisposizione per l’apparecchio da utilizzare
per le comunicazioni con le opere 202 e 203.
Prima di entrare in
Villar Pellice, appena oltrepassato il ponte, lungo il parapetto in muratura si
può scorgere un appiglio in ferro a forma di “U” capovolta. Da qui parte una
scala alla marinara che scende fino a raggiungere alcune porte in ferro, che
danno accesso a delle camere di mina idonee a far saltare la strada in
caso di invasione nemica.
sabato 19 marzo 2016
Vallo Alpino: Caposaldo Courbarant (Bobbio Pellice)
Il Colle Barant (2.376 metri s.l.m.)
divide la Conca del Prà dal Vallone dei Carbonieri. È conosciuto anche come
Colle Baracun, per via di un baraccamento militare costruito probabilmente alla fine dell'800 e usato per controllare eventuali movimenti di truppe francesi. Questa
struttura fu in seguito ingrandita e utilizzata durante la 2° guerra mondiale
come caserma VIII della Guardia alla Frontiera: composta da due piani,
con un’intercapedine sul retro e un baraccotto esterno che ospitava le latrine,
poteva ospitare 60 soldati. Dopo un lungo periodo di abbandono, l’edificio è
stato recuperato verso la fine degli anni ’90 grazie alla Comunità Montana Val
Pellice (ora Unione Montana del Pinerolese), ed oggi è noto agli escursionisti
come il “Rifugio Barant”.
Nell’ottobre del 1913 fu inaugurata la mulattiera Pralapia – Alpe Roussa – Col Barant. Negli anni ’20 i militari eseguirono alcune riparazioni alle strutture presenti al Col Barant e al Col Porsel; furono inoltre realizzati dei piccoli ripari per muli presso i vecchi trinceramenti. Ciononostante, nel 1932 fonti del servizio di spionaggio francese giudicavano “abbandonata” la posizione del Barant.
Alla fine degli anni '30, la soffiata di alcuni contrabbandieri, che avevano segnalato agli italiani la presenza di truppe francesi nella Valle d'Abries, impegnate soprattutto a migliorare ed allargare le strade e le mulattiere che conducevano ai colli della Croce e Seilliere, mise in forte agitazione gli alti comandi italiani. Fu così che nel 1938 si iniziarono alcuni lavori di miglioramento della viabilità, con la costruzione della strada che ancora oggi risale il Vallone dei Carbonieri e che, nel 1940, raggiunse il Colle del Baracun.
I progettisti del
Genio del Corpo d'Armata di Torino predisposero un nuovo progetto di
sistemazione difensiva della Val Pellice, proponendo uno sbarramento
mastodontico. Soltanto per zona del Courbarant vennero progettate 18 opere
armate in caverna e 5 ricoveri, prevedendo l’impiego di circa duecento soldati.
Si trattava di un progetto in gran parte sbagliato, compilato in tutta fretta
per recuperare il tempo perduto; il ministero della Guerra di Roma se ne
accorse immediatamente e rispose al comando della 4° Armata ordinando, per la
zona del Baracun, di sopprimere metà delle opere, ritenute non indispensabili,
affidando l'azione a difesa del Colle della Croce alla 150° batteria G.a.F. del
Fautet, già realizzata. Il progetto fu rivisto, corretto e finalmente approvato
il 31 luglio 1939. Erano previste 5 opere (numerate progressivamente dalla 11 alla
15) ai piedi della dorsale del Curbarant, tra la Colletta e la Mait del Prà. Il
10 agosto 1939 iniziarono i primi lavori di picchettamento e scavo, ma le
condizioni meteorologiche particolarmente inclementi impedirono di effettuare
le gettate di cemento. Furono inoltre stesi alcuni tratti di reticolato di filo spinato in
località Mait del Prà (in parte ancora visibili), che avrebbero dovuto arrivare
fino alla Colletta.
All'inizio del 1940, “data la facile percorribilità
della dorsale del Baracun” si ritenne “necessario
potenziare la posizione tanto nel senso frontale quanto nel senso della
profondità”, trasformando le strutture di cui erano già iniziati gli scavi
in opere piccole, resistenti ai medi calibri e adeguate ai principi della
circolare 15000. Furono inoltre progettate tre opere grosse in parte in caverna, così
distribuite: la 14/a sulla dorsale del Courbarant, la 15/a nei pressi del Colle
del Baracun e la 16/a sullo sperone ad ovest del Colle della Mait del Prà
(quest’ultima in sostituzione delle opere 14 e 15). Tali opere avrebbero più
efficacemente contrastato eventuali attacchi provenienti dal confine francese
(colli Urina, Croce e Vittona). Per agevolare i rifornimenti in quota fu
inoltre prevista una teleferica che raggiungesse la zona del Courbarant salendo
dalla borgata Eissart (progetto poi abbandonato, data la presenza della
teleferica del Fautet).
Nell’agosto del 1940, con la guerra contro la Francia in corso, lo Stato Maggiore decise di abbandonare ogni progetto difensivo riguardo il Col Baracun: “Com'è noto la zona della Val Pellice è quella dove la sistemazione difensiva è rimasta più arretrata. E' opportuno pertanto che venga terminato almeno lo sbarramento di Villanova e gli sbarramenti del II sistema già in fase di costruzione. Tenute presenti le necessità di ridurre i programmi già concretati si ritiene possibile rinunciare alle opere difensive del Baracun i cui compiti potranno essere affidati - come si è verificato durante le recenti operazioni - a batterie mobili”, ovvero la 150° e la 31°, descritte più avanti. Fu così che l’unica opera a venire completata fu la 35, mentre di alcune delle altre opere, progettate a sbarramento del colle, furono appena iniziati gli scavi delle fondamenta.
Nell’agosto del 1940, con la guerra contro la Francia in corso, lo Stato Maggiore decise di abbandonare ogni progetto difensivo riguardo il Col Baracun: “Com'è noto la zona della Val Pellice è quella dove la sistemazione difensiva è rimasta più arretrata. E' opportuno pertanto che venga terminato almeno lo sbarramento di Villanova e gli sbarramenti del II sistema già in fase di costruzione. Tenute presenti le necessità di ridurre i programmi già concretati si ritiene possibile rinunciare alle opere difensive del Baracun i cui compiti potranno essere affidati - come si è verificato durante le recenti operazioni - a batterie mobili”, ovvero la 150° e la 31°, descritte più avanti. Fu così che l’unica opera a venire completata fu la 35, mentre di alcune delle altre opere, progettate a sbarramento del colle, furono appena iniziati gli scavi delle fondamenta.
Il Colle Barant è oggi
raggiungibile sia dal versante est, attraverso la strada ex-militare sterrata che parte dal
Rifugio Barbara Lowrie, sia da quello ovest, con una pista di più recente
realizzazione che lo collega alla Conca del Prà.
Salendo dal Rifugio Barbara,
giunti al bivio per l’Alpe La Rossa si può scorgere una piccola struttura in
calcestruzzo posta a ridosso del versante montano sul lato opposto: si tratta
della stazione di arrivo della teleferica del Fautet. Per raggiungerla
occorre prendere la diramazione che scende verso l’alpeggio e poi, dopo
l’ultimo tornante, imboccare sulla sinistra una mulattiera militare, in
evidente stato di abbandono, passando accanto ai ruderi di quello che
probabilmente era un altro vecchio baraccamento militare. L’edificio della
stazione della teleferica si presenta in buono stato di conservazione,
con i muri integri mentre il tetto a due falde, realizzato con mattoni rivestiti esternamente in cemento, sta ormai cedendo in vari punti. All’interno si trova il basamento che sorreggeva la parte
meccanica, con la puleggia motrice e la corona dentata ancora presenti. Poco a est si possono vedere i resti di uno dei piloni che sorreggevano i cavi. La teleferica proveniva
da Crosetta, sul fondovalle della Comba Carbonieri, ed era utilizzata per rifornire la 150° batteria campale G.a.F.. Infatti,
salendo pochi minuti in direzione est fino a raggiungere la vetta pianeggiante del Monte
Fautet, si incontrano le quattro piazzole che ospitavano i cannoni da
149/35. Di forma squadrata, sono realizzate appena a valle della cresta, in modo da risultare protette da eventuali attacchi, e sono disposte obliquamente rispetto al versante. Si trattava di una
batteria all’aperto di cannoni a grande gittata, allo scopo di battere i colli
di confine. Una seconda batteria, la 31° dotata di pezzi da 75/27, secondo le mappe dell'epoca era
posizionata più in basso, sul versante verso il vallone della Biava, anche se non si sono rilevate resti di piazzole. Era stata
prevista anche la costruzione di due ricoveri per uomini e munizioni, che però
non furono mai realizzati.
Proseguendo in
direzione del Colle Barant, si raggiunge la località Pian delle Marmotte dove
si notano alcuni ruderi di baraccamenti destinati
ad alloggiare i militari, oggi utilizzati dai pastori per il ricovero delle
greggi. Sempre qui si possono ancora osservare vari cumuli di pietre disposte a
cerchio, che presumibilmente sono ciò che rimane del “Campo trincerato del Gias Superiore”, indicato sulle mappe di fine‘700.
Dopo aver raggiunto il
colle con l’ex ricovero VIII, nei cui pressi si notano i resti di una vasca per
la raccolta dell’acqua piovana, si può percorrere il costone a nord-est dove si
trovano numerose piazzole e spianamenti in terra battuta al riparo della
cresta, destinate un tempo ad ospitare le tende dei militari, oltre ad alcune tracce
di scavi per opere (forse la 16/a) e postazioni all’aperto, verso
il Colle della Mait del Prà. Proprio sopra l’attuale rifugio, vi sono i resti
dell’osservatorio del Barant, costituito da un semplice muretto a
semicerchio in pietra a secco in splendida posizione dominante sulla Conca del
Prà e su tutto il crinale di confine con la Francia.
Scendendo lungo la
pista dal lato verso il Prà si possono trovare un altro rudere di baraccamento
militare con i resti di una cucina, alcuni mucchi
di filo spinato, piazzole e spianamenti e una vasca in cemento
per la raccolta dell’acqua. Poco più a valle, in corrispondenza del primo
tornante, ecco l’opera 35, l’unica completata, posta a circa 2.300 metri di
altitudine. Edificato al riparo di un blocco roccioso e mimetizzato con
l’utilizzo di pietre locali, il bunker ha il proprio ingresso ben visibile
grazie alla struttura in cemento armato ed è costituita da una semplice
postazione per due mitragliatrici battenti a nord, verso la Conca del Prà ed il
Colle della Croce.
Scendendo
ulteriormente di quota si raggiunge il giardino botanico alpino “B. Peyronel”,
realizzato negli anni ’90: il piccolo edificio ristrutturato come riparo per le
guide-custodi del giardino era naturalmente un ricovero militare, e alle
sue spalle si può osservare l’inizio di uno sbancamento per l’opera 14. Verso
est, sopra la strada, sono ancora visibili i piloni e il cavo di una
teleferica che collegava la zona con la sottostante Conca del Prà.
Proseguendo
la strada arriva in località Colletta, dove è possibile imboccare il bivio
della mulattiera militare dell’Autagna, che attraverso numerosissimi tornanti
scende, dopo un dislivello di 1.200 metri, fino al fondovalle principale, nei
pressi della borgata Eyssart. Nei dintorni si trovano i resti del ricovero IX, ormai completamente diruto, con a fianco i basamenti di una
teleferica o qualche altro impianto. Poco a monte, sulla dorsale del
Courbarant, restano alcuni trinceramenti di probabile origine fine-settecentesca,
utilizzati anche durante il periodo della seconda guerra mondiale come appostamenti.
Infine, continuando a scendere lungo la pista, in corrispondenza di alcuni
speroni rocciosi a valle della strada si osservano gli scavi e gli sbancamenti
realizzati per le tre opere 11, 12 e 13, mai completate.
Anche per il vicino Col Porsel, raggiungibile
o dal Pian delle Marmotte oppure percorrendo la cresta a sud-ovest del Barant,
venne prevista la costruzione di due opere,
denominate 21 e 22, al fine di “chiudere con una
robusta porta il colle”, che però non furono nemmeno iniziate. Attualmente sul
valico sono visibili i ruderi del ricovero VII, realizzato al riparo
della cresta, che avrebbe dovuto ospitare 20 soldati, e nei dintorni una postazione all'aperto, protetta
solamente da un muro di pietre.
Sfoglia la gallery fotografica qui sotto:
domenica 6 marzo 2016
Castelli tra terra e mare: il Castello di Porto Venere
Il Castello di Porto Venere ha origini antichissime; nel 1161, infatti, si pose mano alla riedificazione di un maniero preesistente, posto in posizione sovrastante la famosa chiesa di San Pietro: in questi anni lo si congiunse ad un'opera fortificata composta da due torri gemelle. Porto Venere, però continuerà ad avere due "castrum" con diverse funzioni e diversi castellani.
Nel 1453 il castello venne demolito dai Genovesi, allo scopo di costruire nella stessa posizione una vera e propria fortezza nel quadro di un'opera di riammodernamento del sistema difensivo dell'intero golfo. L'edificio fu poi dese del Podestà nei secoli XVII e XVIII e utilizzato addirittura come carcere in età napoleonica, ma senza modificare la struttura.
Oggi vediamo l'opera nella sua struttura seicentesca, avvolta da spesse murature completamente prive di vuoti.
Testo e Foto: Simona Pons
domenica 7 febbraio 2016
Castelli tra terra e mare: il Castello di Lerici
Il Castello sorge a difesa dell'omonimo abitato fin dal 1152, anno in cui i feudatari locali cedettero a Genova il territorio: all'epoca si trattava probabilmente di una torre di avvistamento, primo nucleo della successiva fortificazione, poi conquistata dai pisani nel 1241 e da loro ampliata.
Nella metà dell'XIII secolo il castello subì i primi apliamenti con l'edificazione di una torre maestra e di una cinta di bastioni: mantenne questo aspetto fino a quando tornò alla Repubblica di Genova nel 1437. Un secondo ampliamento ci fu nel 1555, quando il castello prese l'aspetto attuale con una massiccia costruzione esterna e una possente torre pentagonale.
Il Castello oggi ospita il Museo Geopaleontologico del territorio e il Museo del Giocattolo, vi si accede attraverso una scalinata oppure con ascensore interno. Nel corridoio di accesso al vano ascensore è esposta una mostra di dipinti del locale Liceo Artistico che reinterpretano alcuni quadri famosi inserendovi proprio la famigliare sagoma del castello.
Testo e Foto: Simona Pons
martedì 5 gennaio 2016
Riceviamo e condividiamo: le iniziative dell'Associazione "Le Bergers des Pierres"
L'Associazione "Le Bergers des Pierres" propone alcune uscite alla scoperta di alcune fortificazioni francesi:
- in aprile 2016: Fort des Ayvelles (Mézières), Château de (Sedan), Ouvrage de ferme Chappy (A1), Abri du Bichel sud (X19), Abri du Bois de Cattenom (X14), Fort de Guentrange, PO de Sentzich (A16), PO du Bois-Karre (A12). Per info e costi: Fiche d'inscription sortie avril
- in maggio 2016: Fort Saint Jean (Marseille), Château d'If (Marseille). Per info e costi: Fiche d'inscription sortie mai
- in giugno 2016: FORT DE BELLEVILLE (Verdun), FORT BELRUPT (Verdun), Citadelle basse (Verdun), Citadelle haute (Verdun), Fort de Douaumont (Verdun). Per info e costi: Fiche d'inscription sortie juin.
- in luglio 2016: Fort du Mont (Albertville), Fort de Montgilbert (Albertville), Blockhaus du Lenlon (Briançon), Fort de l'Olive (Briançon). Per info e costi: Fiche d'inscription sortie juillet
Per chi fosse interessato ad essere sempre aggiornato sulle iniziative dell'associazione:
sito internet:
Per chi fosse interessato ad associarsi:
domenica 3 gennaio 2016
Castelli tra terra e mare: il Castello San Giorgio a La Spezia
Il Castello situato sulla collina del Poggio da cui poteva difendere il primitivo nucleo della città, fu costruito a partire dal 1262; fu però subito ditrutto da Oberto Doria quando La Spezia dovette cedere al dominio della Repubblica Genovese.
Alla fine del XIV secolo si assistette alla riedificazione del castello sui suoi stessi resti con mura difensive arricchite da 5 torri e 5 ingressi. Nel 1443, le lotte tra i genovesi e i Visconti portarono alla necessità di ricostruire il tracciato della cinta e poi, nel 1607, si diede inizio alla costruzione della parte superiore del castello.
Il Castello assunse così la sua forma attuale, a parte alcune piccole modifiche risalenti all'età napoleonica. La pianta quadrata dell'edificio centrale, con i suoi 5,50 m di lato probabilmente ripercorre lo schema costruttivo della torre del primitivo impianto medievale; mentre la cinta muraria trecentesca è particolarmente bella per la sua realizzazione in conci in pietra disposti a filaretto con gli elementi angolari di maggiori dimensioni.
Il Castello è oggi sede del Museo Civico Archeologico Ubaldo Formentini (http://museodelcastello.spezianet.it/).
Testo: Simona Pons
Foto: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_San_Giorgio
Bibliografia:"Nel territorio della luna, castelli tra terra e mare", Provincia di La Spezia
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