Alla Comba degli
Charbonnier (ora Carbonieri, conformemente all’italianizzazione fascista), un
vallone laterale che dalla Val Pellice si dirama in direzione sud, si giunge
svoltando a sinistra dalla provinciale che da Villar Pellice risale verso
Bobbio Pellice. Il caposaldo faceva parte della 2° linea difensivaed era composto da tre opere, mimetizzate a baita, destinate
a controllare il fondovalle con postazioni di mitragliatrice. È difficile
concepire l’utilità di opere simili, che apparentemente paiono destinate a
contrastare eventuali discese francesi dal Colle delle Traversette, tra Granero
e Monviso, nell’ipotesi in cui fossero sfociate in Val Pellice tramite il Colle
della Gianna e la Comba dei Carbonieri
Per giungere alla zona
ove si rinvengono le varie opere, occorre risalire la Comba dei Carbonieri per
circa 4,5 km,
lasciando, poi, l’auto a bordo strada in località Ponte Pautas, all’altezza di
un bivio con una carrozzabile avente le indicazioni GTA per raggiungere il
Rifugio Valanza.
La prima che si
incontra è l’opera 24, posta sulla destra orografica del vallone, a
sinistra per chi sale. Rinvenirla non è compito agevole a causa della
vegetazione e della mimetizzazione dell’opera, che ci apparirà chiaramente
quale edificio bellico soltanto una volta in prossimità dell’arma di
mitragliatrice o dell’ingresso in calcestruzzo. La struttura è costituita
da un semplice ingresso conducente al
centro di fuoco per mitragliatrice, accanto alla cui arma è visibile il
condotto per fotofonica che avrebbe permesso le comunicazioni con l’opera 23,
posta più a monte sull’opposto lato del vallone.
Rimanendo su questo
versante vallivo, si può proseguire a monte, mantenendo la stessa quota
altimetrica. Oltrepassando un ampio prato con un paio di cascine e guadando uno
stretto torrente, si proseguirà nel fitto bosco sino a rinvenire l’opera 25.
Questo è il centro di fuoco più avanzato del Caposaldo e consta di ben tre armi
di mitragliatrice, disposte su due piani collegati da una scala alla marinara.
Dall’opera 25 si potrà
agevolmente scendere il versante vallivo verso il torrente e verso la strada
che sale al Rifugio Barbara, che si troverà in pochi minuti dopo aver guadato
il torrente ed aggirato una piccola centrale elettrica. Giunti sulla strada,
prima di tornare verso l’autovettura, si prosegue in salita ancora per qualche
centinaio di metri, sino a rinvenire, sulla destra, una diramazione circolare che
raggiunge la stazione di partenza della teleferica che raggiungeva il
Colle del Fautet, dove era posizionata la 150° batteria G.a.F.. La struttura è
ancora agevolmente espressiva della funzione cui era destinata, essendo
visibile il blocco in calcestruzzo cui era ancorata la teleferica ed il vasto
deposito materiali, nonché la rampa di partenza, collegati da un piano
inclinato in cemento, costruito per facilitare il trasporto del materiale. Date
le condizioni precarie del tetto, non è consigliabile l’accesso all’interno.
Tornando sulla strada,
si può quindi scendere verso il fondovalle, sino a trovare delle costruzioni in
pietra a ridosso della strada, sul lato sinistro (scendendo). Da qui,
oltrepassate le case, si può risalire il ripido crinale per una decina di
minuti, sino a trovare una i resti di una scalinata che porta all’opera 23,
che vede l’ingresso condurre a due diverse armi di mitragliatrici, l’una
puntata verso la strada sottostante, l’altra verso la Comba di Tournau. Sono
presenti inoltre le predisposizioni per gli impianti fotofonici di collegamento
con le opere 24 e 25.
Nel 1940 lo Stato
Maggiore dell’esercito propose di rinforzare il caposaldo con la costruzione di
due postazioni tipo 15000: la 23/a (opera piccola con due mitragliatrici) e la
24/a (opera media con tre mitragliatrici). Se
della seconda non sono state rilevate tracce, per l’opera 23/a, che si
trova alcune centinaia di metri sopra l’opera 23, vennero invece realizzati
nella stagione estiva 1940 i lavori di scavo. Come per le opere aggiuntive di
Villanova, anche in questo caso l’amministrazione militare rinviò i lavori per
i rivestimenti e le attrezzature, tanto che oggi sono visibili solo un cunicolo
che scende nella roccia con alcuni getti di calcestruzzo e, sopra una parete
rocciosa di difficile accesso, un secondo tunnel verticale di diversi metri di
profondità.
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